Addio a Sean, primo action hero, sex-symbol (quasi) suo malgrado

In Cinema, Weekend

I primi sei film sulle spy-stories di James Bond rivelarono una star e gettarono le basi del cinema popolare moderno. Ma Connery, che è morto ieri a 90 anni, amato da molte generazioni di spettatrici di tutto il mondo, è stato anche il protagonista di “Gli intoccabili” (Oscar) e “Il nome della rosa”, “Robin e Marian” e “Indiana Jones 3”. Un attore versatile e simpatico, di grande carisma e personalità

La leggenda vuole che Sean Connery, morto ieri a 90 anni, qualche anno fa, al momento della nomina a “Uomo più sexy del secolo”, abbia commentato, inarcando il sopracciglio e sorridendo sarcastico: “non saprei che dire, non sono mai andato a letto con un uomo calvo di sessant’anni”. Basterebbe questo a definirne la pluridecennale carriera da star di film d’avventura, forse proprio in quanto tale sex-symbol suo malgrado. Chissà quante, tra le sue fan sfegatate e più o meno âgé (senza offesa, sia chiaro), interpellate oggi, troverebbero sexy ripercorrerne la filmografia per immagini e scoprirne alcune perle come il costume in mutandoni e cinghie rosse di Zardoz, che lasciava in bella mostra un petto villosissimo e non esattamente all’apice della forma. Chissà quante definirebbero seducente quel buffo cappellino e l’aria tarchiata con cui il camaleontico Sean si era tanto divertito, nei panni del padre dell’archeologo con la frusta più famoso del mondo, in Indiana Jones e l’Ultima Crociata. Chi può immaginare come giudicherebbero le sue brevissime apparizioni in film manifesto di un’epoca (e quasi inguardabili al giorno d’oggi) come gli assurdi Robin Hood – Principe dei ladri e Il primo cavaliere.

La verità è che pochi, nella storia di Hollywood e dintorni, hanno avuto un curriculum così eterogeneo e allo stesso tempo tanto costante: la figura di Sean Connery, a volerla seguire passo a passo, attraversa epoche, stili e budget tra i più disparati. Quasi tutti, però, riconducibili a un’unica bandiera: quella, altrettanto immortale, dell’action movie. Ma è ancora più curioso come, fin dai suoi esordi, a decretare il successo della superstar scozzese siano stati proprio una fisionomia e un atteggiamento agli antipodi rispetto a ciò che il genere di norma richiederebbe: precocemente calvo (“un parrucchino per ogni film”, recitano beffardi alcuni articoli in rete), barbuto e brizzolato fin quasi da subito, con quell’aria un po’ strafottente di chi ammicca allo spettatore a ogni battuta di copione, ben consapevole del fatto che il cinema, alla fine, altro non è se non un grande gioco. Una giostra da affrontare con lo spirito di chi ci è capitato quasi per caso, ma a quel punto, già che è lì, allora tanto vale continuare a girarci fino alla fine, a quel celeberrimo ritiro dalle scene perché “stufo di essere circondato da idioti”.

Non che Connery non prendesse il suo lavoro estremamente sul serio, anzi, al contrario: in alcuni casi è proprio la sua interpretazione a risollevare le sorti di prodotti altrimenti destinati a un meritato oblio di pubblico e critica. E anche a più di uno 007 interpretati ha regalato una marcia in più. Nello sgangherato sequel cyberpunk di Highlander, la produzione decide di resuscitarne il personaggio, il sardonico mentore Ramirez, pur di non lasciare tutto in mano al solo Christopher “Greystoke l’uomo   scimmia” Lambert. In Caccia a Ottobre Rosso, adattamento del romanzo di Tom Clancy, il suo capitano Ramius finisce per rubare inevitabilmente la scena al protagonista originario, l’agente CIA Jack Ryan, american hero filo-governativo per eccellenza. E se la sua ultima apparizione sul grande schermo è poco più di un divertissement, il cinecomic La leggenda degli uomini straordinari, l’unico Oscar conquistato sul campo ironicamente è arrivata per un ruolo secondario, Jimmy Malone di Gli Intoccabili, a essere onesti più memorabile per il character design che per la prova d’attore in sé.

Il vero rimpianto è che come tutti i grandi Sean Connery lascia un esercito di emuli, ma non un erede ufficiale. Nessuno dopo di lui, ça va sans dire, ha vestito i panni iconici di 007 col medesimo mix di classe e longevità. Russel Crowe, che insieme a Ridley Scott aveva palesemente cercato di copiarne lo splendido Robin Hood crepuscolare del Robin e Marian di Richard Lester, oggi ha piuttosto le sembianze (e il giro vita) del nostrano Battiston. Persino un attore di tutto rispetto come John Turturro nel recente remake a puntate di Il nome della rosa non ha nemmeno lontanamente il sorriso scaltro e il carisma del Guglielmo da Baskerville targato Connery/Jean-Jaques Annaud.

Meglio allora provare a voltare del tutto pagina, rispolverando antichi dvd o videocassette d’epoca per godere una volta di più di capolavori senza tempo come Il vento e il leone di John Milius, ancora oggi una delle interpretazioni più affascinanti del vecchio Sean, in turbante, cavallo e scimitarra, ma soprattutto gli immancabili baffo, sorriso e sopracciglio d’ordinanza. Da lì viene questo scambio di battute. “Grande Raisuli, ormai tutto è perduto. Tutto è travolto dal vento come avevi detto. Abbiamo perduto tutto”. “Sceriffo, non esiste una cosa nella tua vita per cui valga le pena perdere tutto?”

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