Hilary Mantel per raccontare qualcosa di contemporaneo parte da una storia di esperienze extrasensoriali, al di là del nero.
Strano romanzo davvero Al di là del nero di Hilary Mantel (Fazi editore, trad. ita. Giuseppina Oneto): una storia ambientata negli slums londinesi, protagonisti sottoproletari senza arte né parte, che racconta di medium, di spiriti guida, di fantasmi, con una oggettività degna della grande scuola del naturalismo francese e del romanzo contemporaneo inglese d’impegno civile, alla Jonathan Coe della Famiglia Winshaw, per intenderci.
Hilary Mantel è forse una delle più importanti scrittrici inglesi viventi, è stata la prima donna a ricevere il Booker Prize per due volte, rispettivamente nel 2009 e nel 2012 con i primi due romanzi della Cromwell trilogy – e forse sono due e non tre perché il capitolo finale, The mirror and the light è ancora in fase di scrittura
Disorienta che una rigorosa scrittrice di romanzi storici, come, appunto, Wolf Hall (diventata anche una serie tv) e Anna Bolena, una questione di famiglia, per raccontare qualcosa di contemporaneo parta da una storia di esperienze extrasensoriali, al di là del nero, tema prediletto e inflazionato in tanti serial televisivi tipo Ghost Whisperer.
In realtà stupisce solo in parte perché Aldilà del nero è un romanzo del 2005 (Beyond Black è il titolo originale), precedente, dunque, al primo capitolo della trilogia. E se si guarda all’esordio narrativo della Mantel la cosa disorienta ancora meno: Evelyn Axon, una dei protagonisti del suo primo romanzo (Every Day is Mother’s Day, 1985), è una medium. Atmosfere soprannaturali e misteriose si ritrovano anche in Fludd (1988). Sono correnti che attraversano più o meno sotterraneamente la narrativa di Hilary Mantel arrivando a volte a fondersi anche con il suo genere privilegiato e più fortunato: il romanzo storico. Per esempio, è il caso del romanzo The Giant O’Brien (1998), ambientato negli anni ottanta del diciottesimo secolo fonde un’accurata ricostruzione storica con una cogitabonda fantasia da storyteller (quale appunto è il gigante O’Brien del titolo). All’altezza del 1998 Mantel si è, ormai, affermata anche come scrittrice di romanzi storici, almeno dall’uscita di A Place of Greater Safety (1992) che racconta la Rivoluzione Francese di Danton, Desmoulins e Robespierre.
Ma un romanzo come Al di là del nero il pubblico italiano di certo non se lo aspettava: a parte la pubblicazione nel 2006 nei Supercoralli Einaudi di I fantasmi di una vita, a metà fra autobiografia e romanzo di formazione (o auto-formazione), Hilary Mantel è conosciuta nel Belpaese principalmente (per non dire esclusivamente) come autrice di romanzi storici: nel catalogo si trovano, infatti, i già citati Wolf Hall (tradotto in italiano nel 2011), Anna Bolena, una questione di famiglia (tradotto nel 2013) e i tre volumi della Storia segreta della rivoluzione (2014 – 2015). In questo senso sì, Al di là del nero un po’ disorienta.
Eppure Hilary Mantel riesce a dare a quei personaggi tra l’invasato, il cialtrone, l’opportunista, il disperato, una dimensione reale, vissuta attraverso le loro biografie, i loro sogni, le loro debolezze, i loro amori.
In queste storie per lo più strazianti (senza però rinunciare ad alcune strizzatine d’occhio alla commedia nera, retaggio dei suoi due primi romanzi Every Day is Mother’s Day e Vacant Possesion che continua la storia del primo), la Mantel riesce a svelarci dei punti di vista, delle verità e una dignità, che non ci sogneremmo mai di riconoscere, perché siamo condizionati dai nostri pregiudizi – forse più di classe, di cultura, che scientifici.
Il romanzo comincia con l’immagine di una donna che attraversa in autostrada la squallida periferia di Londra in una cupa notte d’inverno.
’Questa è una terra a margine: campi di fili tesi, di pneumatici lisci abbandonati nei fossati, di frigoriferi stesi esanimi sulla schiena, di pony affamati che brucano nel fango. E’ un paesaggio che brulica di emarginati e di fuggiaschi, di afghani, turchi e curdi: di capri espiatori sfregiati dalle bottiglie e dalle bruciature, che scappano dalle città con le costole rotte, zoppicanti. Le forme di vita presenti sono scarti o anomalie: i gatti travolti dalle macchine in corsa e le pecore di Heathrow col velo intriso di tanfo di carburante’.
E’ in uno i questi slums che è nata, vive e lavora Alison, una medium giunonica e compassionevole, che si è appena esibita in una delle tante Psychic Extravaganza, una specie di fiera con performance e stand per ogni ‘specialità’ extra-sensoriale dai tarocchi alle sfere di cristallo, ai ghostbusters, tenuta in un motel della periferia.
‘ Ci sono delle sere in cui non ne hai voglia ma devi farlo lo stesso. Sere in cui, guardando giù dal palco, vedi stupide facce ottuse. I messaggi dei defunti arrivano a casaccio. Non li puoi rispedire indietro neanche volendo: i defunti non si lasciano né blandire né costringere. Il pubblico però ha pagato il biglietto e intende vedere i risultati’.
Alison non è una ciarlatana, legge davvero nella mente delle persone e sente le voci de gli spiriti e trasmette i loro messaggi ai vivi.