Vivaldi, Haendel, Geminiani sono gli eccelsi compositori interpretati ieri sera magistralmente dal complesso strumentale La Cetra di Basilea alla sala concerti di Lugano. Voci soliste: Valer Sabadus, quasi travolto dal ritmo vivaldiano, Julia Ležneva, intensissima nella “Griselda”
La sorpresa maggiore del concerto offerto dalla Cetra di Basilea al Lac di Lugano consiste nella maturità orchestrale. Forse perché è scaturito da un ambiente noto per la ricerca musicologica, questo ensemble offre una qualità di suono che si adatta magicamente alla vocalità del controtenore rumeno Valer Sabadus e del mezzosoprano russo Julia Ležneva.
Haendel e Vivaldi sono spesso impiegati come un doppio termine di confronto nei cosiddetti concerti di musica barocca, ma mai come in questa occasione abbiamo avuto modo di viverne le particolarità e le differenza.
I colori giovanili dell’oratorio romano di Haendel, Il trionfo del tempo e del disinganno, sfumano nella compiutezza delle arie di Vivaldi trasformate con una ruvidezza ritmica e un colore tutto particolare.
E Vivaldi è il protagonista della serata, sia che canti Valer Sabadus – quasi travolto dal ritmo – sia che canti Julia Lezneva – intensissima nell’aria “agitata da due venti” dalla Griselda – sia che “cantino” i due violoncelli solisti del magnifico concerto in sol minore.
Oserei dire che un Vivaldi così precorre Morricone.
Foto: @ Daniele Caminiti
Andrea Marcon ha fatto uscire tutte le tinte e i registri possibili, dal patetico all’idilliaco, e ha saputo spazializzare l’aria vivaldiana “zeffiretti che sussurrate” costruendo un gioco di rimandi tra il mezzosoprano di coloratura in scena e il controtenore in sala.
È un concerto che fa capire fino in fondo cosa sia ‘l’aria’ , anche per la particolarità di avere costruito una prima parte della serata sull’opera giovanile di Haendel e una seconda sulle grandi e più note scene del Rinaldo e del Giulio Cesare.
E non sfigura il concerto grosso La follia di Geminiani: nell’esecuzione della Cetra questa particolare condizione psichica sembra incarnarsi negli strumenti musicali.
Non ci poteva essere un bis migliore del “Pur ti miro, pur ti godo” di Monteverdi. L’organico ridotto all’osso e i due cantanti quasi abbracciati nel brano tratto dall’Incoronazione di Poppea rimandano all’origine del canto stesso.
Copertina: foto @ Martin