Il direttore d’orchestra tedesco si esibisce al Dal Verme anche in veste di pianista e dà un’interpretazione sobria e disinvolta di Beethoven
Settimana singolare per Milano che ha visto sia il Teatro alla Scala sia il Teatro Dal Verme presentare in totale 3 concerti per pianoforte e orchestra di Beethoven in meno di quattro giorni.
In particolare Alexander Lonquich, nella doppia veste di direttore d’orchestra e pianista, in collaborazione con l’Orchestra dei Pomeriggi Musicali il 29 febbraio ha eseguito al Dal Verme i concerti per pianoforte n.1 in do maggiore op.15 e n. 2 in si bemolle maggiore op.19 di Ludwig Van Beethoven con cadenze originali del compositore, inframezzati da una piccola perla romantica: l’ouverture Le Ebridi di op.26 di Felix Mendelssohn Bartholdy.
I concerti proposti di “Ludovico Van” (così il protagonista di Arancia Meccanica chiamava Beethoven) sono frutto degli anni d’apprendistato e di debutto del compositore, di conseguenza legati ai modelli di concerto Haydn-Mozart e a un virtuosismo, mai fine a se stesso e sempre al servizio dell’idea musicale, ma portato al limite per rimarcare la bravura dell’esecutore (allora Beethoven era anche esecutore dei suoi brani) nei confronti della concorrenza.
Su questo terreno Lonquich si è mosso con molta disinvoltura, frutto di una profonda conoscenza del periodo “classico”, riproponendo una sonorità sobria e lineare, unita a un’esecuzione attenta a non spezzare mai il filo del dialogo tra solista e orchestra, attraverso un coordinamento e un affiatamento tra solo e tutti molto curati (un plauso particolare va alla sezione dei legni e degli ottoni dell’orchestra).
La scelta della nota ouverture di Mendelssohn, poi, rappresenta un piccolo peccato di gola, che non fa mai male, e ci ha mostrato Lonquich come un direttore capace e attento, ma mai a suo agio come davanti alla tastiera.
Bis generoso con l’esecuzione dell’Allegretto dal concerto per pianoforte e orchestra n. 25 in do maggiore k 503 di Mozart il quale ha illuminato (retroattivamente) la strada percorsa da Beethoven.
Foto: cecopato-photography