Bart Layton racconta in “American Animals” il folle colpo di due giovanotti annoiati del loro presente e preoccupati per il futuro. Il furto di preziosissimi libri su rari volatili statunitensi è l’occasione, grazie all’ottima prova dei protagonisti “raddoppiati” sullo schermo dai veri autori della rapina, di ricostruire un fatto reale con i mezzi (e le libertà) dell’immaginazione filmica. Con qualche riflessione seria in più
Bart Layton, acclamato regista documentaristico (L’impostore), esordisce nella fiction sul grande schermo con un’opera prima tutta maschile, che racconta la storia vera di una delle più folli rapine degli Stati Uniti d’America. Lo fa riuscendo a destrutturare decenni di film a tema e “rubando” alla propria esperienza di reporter della realtà tecnica e stile, per confezionare una pellicola che è puro intrattenimento ma dal cuore etico e morale.
Spencer (Barry Keoghan, Dunkirk) e Warren (Evan Peters, X-Men – Giorni di un futuro passato), sono due amici nati e cresciuti a Lexington, nel Kentucky; il primo è ammesso all’Università locale, la Transylvania University, mentre l’altro si divide tra lavori saltuari e qualche furtarello, sprecando la borsa di studio sportiva che gli ha permesso di accedere al college. Afflitti da una tediosa routine, decidono di dare una svolta epica alla propria vita, ideando un piano per rubare dalla biblioteca universitaria alcuni volumi di grande valore, storico ed economico, tra cui un atlante con le illustrazioni di tipici uccelli americani (da qui il titolo della pellicola). Con due compagni di avventura, Eric e Chas, organizzano in ogni minimo dettaglio una rapina che già si preannuncia come il famoso “sogno americano”: possibile, forse, ma non per l’uomo comune.
Layton debutta con una pellicola che prende il meglio dalla cultura cinematografica Usa, riuscendo a riproporre un tema già visto in un modo quasi del tutto innovativo; nel 2018 è uscito Museo – Folle rapina a Città del Messico, vincitore dell’Orso d’Argento al Festival di Berlino per la miglior sceneggiatura originale, che racconta una storia sempre vera e molto simile. Quello che differenzia le due pellicole è l’intrattenimento di cui Layton è capace: lo spettatore è rapito (appunto!) da una storia che ha dell’incredibile, ben consapevole, come i protagonisti, che non potrà andare a finire “bene”, o almeno come essi stessi comunque sperano: ma è l’ideazione del progetto ciò che conta. In una società in cui si è promesso ai propri figli di contare qualcosa ed essere speciali in un mondo che non lo è affatto, crescere e rendersi conto della verità è agghiacciante: solo un atto “epico” (se non, folle) può riscattarti da una vita di silenziosa disperazione (H. D. Thoreau).
Il regista alterna diversi piani temporali e di narrazione grazie all’ausilio di interviste ai veri protagonisti, che sbucano all’improvviso alternandosi ai propri alter ego attoriali e permettendo allo spettatore di vivere in una sorta di limbo tra realtà e finzione, immedesimandosi sempre più nei personaggi e nella storia; uno “stratagemma” usato anche dal regista dell’acclamato e bellissimo Tonya (2017), dove però anche le interviste erano interpretate dagli attori. Layton in ogni caso si dimostra un grande innovatore e confeziona una pellicola assolutamente da vedere, molto adatta a un pubblico adolescenziale (in America, rispettando a pieno il bigottismo nazionale, ne è stata vietata la visione ai minori di 17 anni) e perfetta per gli amanti del sottogenere heist movie.
Una menzione particolare va agli attori e ai reali protagonisti, che regalano alla pellicola quella patina di drammaticità reale, quel richiamo alla cruda realtà scevra da superflui giudizi, come accade nei romanzi del mitico Edward Bunker, che di rapine ne sapeva qualcosa.
American Animals di Bart Layton. Con Evan Peters, Barry Keoghan, Jared Abrahamson, Blake Jenner, Ann Dowd, Udo Kier, Jane McNeill, Whitney Goin, Gary Basaraba, Lara Grice, Wayne Duvall