Eastwood, regista di battaglia, torna con “American Sniper” per dirigere il cecchino Cooper in Iraq. Un tiratore super, una leggenda vivente, una fine amara
Iraq. Un cecchino su un tetto, a difesa di un convoglio militare americano che avanza in una strada. Una donna e un ragazzino escono da un portone a poche decine di metri dai militari. Il cecchino li inquadra nel mirino, le braccia della donna sono rigide, come se reggesse qualcosa sotto l’abito. Il cecchino chiede lumi via radio e gli dicono che la scelta, se sparare o no, è sua. Questo è l’inizio, fortissimo, di American Sniper, il nuovo film di Clint Eastwood che ricostruisce le vicende di Chris Kyle, un Seal che al termine di quattro turni di combattimento in Iraq è stato medagliato più volte e riconosciuto come il più letale cecchino della storia statunitense: 160 i morti accertati.
Eastwood di guerre cinematografiche ne ha viste tante, da quand’era attore con Sergio Leone passando per un’infinità di conflitti armati compreso quell’esperimento unico e indimenticabile che ha realizzato con l’accoppiata Flags of our Fathers e Lettere da Iwo Jima in cui ha raccontato una battaglia tremenda della Seconda Guerra Mondiale, prima dal punto di vista statunitense, poi giapponese. Ritorna ora al fronte con un’operazione molto complessa. Perché Clint, consapevolmente, rimuove tutte le motivazioni, farlocche, che hanno portato i militari statunitensi in Iraq (e del resto su questo già esiste una perfetta e completa fimografia). A lui interessa raccontare Chris Kyle nel suo tempo e in quel contesto.
Ecco allora che il colpo, partito dal suo fucile di precisione mentre tiene sotto mira la donna e il ragazzino, colpisce invece la selvaggina di un flashback, che ci riporta al tempo in cui il bimbo Chris andava a caccia in Texas con il babbo, già allora con una mira eccezionale. Babbo che poi, a tavola, spiega come il mondo sia popolato da tre categorie di persone: pecore, lupi e guardiani delle pecore. E i Kyle, che non sono nati per essere pecore e non vogliono essere lupi, intendono essere difensori degli indifesi.
Così, dopo esser stato cowboy da rodeo, Chris si arruola nei Seal, si sposa, e dopo l’11 settembre parte per l’Iraq, dove alla prima occasione incontra qualla donna e quel ragazzino che portano una granata. Questo semplifica la sua decisione, ma comincia a portare Chris lontano. Sì, perché il ragazzo che diventa “leggenda” tra i militari, ha subito una mutazione: a casa è fuori posto, la sua testa è sempre laggiù, il suo sguardo dentro il mirino, e ogni stranezza lo fa sobbalzare.
E dopo quattro turni, quando è tornato definitivamente, in cerca di equilibrio, Kyle troverà ad attenderlo un destino beffardo. Ma è proprio questa sorta di amara beffa che deve aver attratto Clint nell’accettare di dirigere questo film, dopo che David O’Russell e Steven Spielberg avevano rinunciato perché non trovavano la chiave giusta per raccontare su grande schermo ciò che il vero Chris aveva consegnato alle stampe in un’autobiografia divenuta bestseller (in Italia edita da Mondadori).
Eastwood invece l’ha trovata, la sua idea forte, nonostante alcune sequenze un po’ frettolose (l’11 settembre in tv, l’incontro col fratello in aeroporto, l’invito a cena di un iracheno ambiguo): perché alla fine quell’eroe è a sua volta vittima, perché le guerre uccidono, anche quelli che sopravvivono. Clint costruisce la storia spalmando volutamente retorica per tutta la prima parte, salvo poi cominciare a incrinare il quadretto idilliaco sino all’epilogo in cui la fiction ragionante si ritrae e lascia il campo a una realtà tutta di pancia.
Bradley Cooper entra nel personaggio come si faceva una volta, sentendone tutto il peso, fisico e psicologico. Costruisce il suo eroe leggendario per poi metterlo in qualche modo in discussione. E non in modo banale, non vengono mostrati errori di Chris che uccide qualcuno per sbaglio, anche se soldati e civili vengono sacrificati in nome di giochi di guerra spaventosi. Lui rimane “leggenda”, solo che la leggenda è tale sul campo di battaglia, mentre nella vita reale è fuori posto. Glielo ricorderà accoratamente la moglie Taya (Sienna Miller), innamorata di un cowboy conosciuto al bar, che si ritrova invece sposata a un soldato sconosciuto.
American Sniper di Clint Eastwood, con Bradley Cooper, Sienna Miller, Kyle Gallner