C’è chi vuole dirglelo anche anni dopo, chi la invita al matrimonio, chi scopre di amare Calvalcanti perché Giovanni fa tremare il cuore: ricordi e riflessioni di una prof
Facile ricordarli, difficile metterli in fila: gli sguardi amorosi camuffati da sfida, i bigliettini non intercettati per carità di patria, le uscite frequenti e i rientri tardivi, quelle confidenze di cui si sarebbero pentiti/e un attimo dopo. E poi le gite, il momento topico per chi aveva già un’idea di ciò che gli/ le stava succedendo, o per chi inavvertitamente aveva risposto a uno sguardo quasi per sfida.
Amori tra i banchi di scuola. Tanti. Quello che mi viene in mente per primo si perde nel tempo. Lei carina, garbata, apparentemente timida, lui altrettanto. Rendimento scolastico appena sufficiente per entrambi. Lui, uno dei pochissimi , ha acquistato un computer e ‘naviga’, ogni tanto lo dice e non tutti i suoi compagni capiscono ma cominciano a guardarlo con interesse. Anche lei ogni tanto lo guarda , distrattamente; anche lui la guarda ma è preso da ben altro. Sono ‘cotti’ da tempo ma non hanno dato ancora forma e modi e gesti a ciò che provano, non lo sanno. Sul finire dell’anno scolastico li incontro lungo il corridoio, si tengono per mano, mi fermano; lei un po’ sottovoce, sotto gli occhi ridenti e adoranti di lui, mi dice «Prof, ci siamo messi insieme, glielo volevamo dire». «Bene, sono contenta, era ora!» «Prof, solo dalla scorsa settimana!». «Prof, ma lei come lo sapeva?». «Così, osservo». Li ho persi di vista, come d’altra parte tutti gli altri, o quasi.
Galeotto fu il sonetto
Accadde durante un viaggio d’istruzione (da un certo punto in avanti, non ricordo con precisione quando, le gite si chiamarono così ), nel pomeriggio libero lasciato agli studenti per girellare e fare compere. Mi si avvicina una mia allieva e senza parole intermedie, mi tocca un braccio e quasi col fiatone e gli occhi languidi , «Prof’, si ricorda quella poesia dell’anno scorso (sic!), non ricordo di chi, forse di Cavalcanti (meno male! ), quella che dice “voi che per li occhi mi passaste ‘l core“?». «Certo – le dico – lo conosco?». «Giovanni D., è nella sua quinta, vediamo se questa sera si fermerà ancora a parlare con me». Un po’ di tempo dopo, forse un’ora, incontro Giovanni D., è fermo sulla soglia di un negozio. Mi guarda, si illumina e mi chiede se lo aiuto a scegliere un foulard. Entriamo insieme e cominciamo a toccare, guardare i colori, la consistenza, i costi. ‘Per chi?’, gli chiedo con discrezione. ‘Per la mia ragazza, prof, è nella sua quarta’. Non ci capisco molto, mi limito ad osservare, e non solo loro due. In ogni caso la sera li vedo insieme a parlare fitto e a sorseggiare una bibita. Nei giorni seguenti , in aula, qualcosa mi colpisce, riconosco il foulard al collo di una fanciulla glaucopide e smagliante che nulla ha a che fare con Cavalcanti: è un’altra infatti.
I tempi cambiano
Il collega non ha voluto giustificare lo studente diciannovenne che ha presentato il libretto con la sola firma, senza la motivazione dell’assenza, lo manda dal preside, il mitico preside Sansone che in tutta la sua carriera è riuscito a non far sospendere mai, dico mai, nessuno studente. Il capo d’istituto gli chiede perché non vuole scrivere il motivo dell’assenza, lo studente si schermisce: «Preside, motivi personali, ho passato la notte con una ragazza e mi si è fatto tardi». E l’altro «Guarda che non è una malattia, trova la forma e compila il libretto in ogni sua parte». «Va bene Preside, grazie» e va via. So che è stato riammesso in classe ma non ho mai saputo cosa avesse scritto su quella riga bianca.
E a proposito dei tempi che cambiano, quella volta avevo cambiato scuola. Un mio allievo dell’istituto precedente, dopo anni, cinque o sei, non ricordo con esattezza, mi rintraccia, mi telefona e mi invita a pranzo. Declino con garbo e propongo un tè al bar. Gli chiedo cosa fa, dei suoi studi, della sua vita. È un fiume in piena. Parla di tutto, dei libri che ha letto e che sta leggendo, sorvola quasi sul fatto che sta per laurearsi in Ingegneria elettronica, ha paura di perdere tempo, vuole dirmi che sta vivendo un amore ‘furibondo’ con una ragazza e che la sera prima hanno fatto l’amore sul pianerottolo, davanti alla porta del monolocale dove è andato a vivere. Mi verrebbe da dirgli «Benedetto ragazzo, potevate entrare in casa» ma mi trattengo. Sono decisamente imbarazzata, però mi riprendo, fingo naturalezza e cerco di riportare il discorso su temi meno intimi. Non mi dà retta e parlando quasi a se stesso dice: «Prof, avevo un gran desiderio di dirglielo». Non l’ho più visto né sentito.
Ps. La ragazza in gita col cuore trafitto mi ha cercata e l’ho vista ieri. Si laurea a giorni e si è felicemente fidanzata con un idraulico con il quale intende sposarsi al più presto. Quando si dice ‘i moti del cuore’…
Potrei continuare per molto la rassegna sulle ‘confidenze d’amore’ ma mi fermo qui, con qualche considerazione in merito. Dire «Io non avrei mai raccontato i miei sentimenti ad una mia insegnante» è banale ma vero. La distanza generazionale si misura anche su queste cose. La prima volta che una studentessa dell’ultimo anno (quindi più giovane di me di sette, otto anni ) mi ha confidato il suo amore non corrisposto per un ragazzo della classe accanto, non solo non ho provato imbarazzo, ma mi sono disposta a intrattenermi con lei come facevo con le amiche, in libertà. Dopo qualche minuto però è scattato qualcosa, un’ingiunzione perentoria che veniva da lontano e che mi letteralmente fatto ingoiare in un momento quel concetto teorico e indefinito che chiamavo funzione, ruolo. Il che ha comportato un irrigidimento giustificato, ma quasi innaturale.
L’esperienza successiva, la dimestichezza e la conoscenza dei ragazzi mi hanno consentito nel corso del tempo di allentare la presa, di diventare più flessibile, più libera nei comportamenti e di osservare con affettuosa distanza le dinamiche amorose che si svolgevano sotto ai miei occhi; dinamiche che, nell’arco di pochi anni, hanno messo in luce una lenta ma sensibile evoluzione dell’atteggiamento femminile e nel contempo una stazionarietà con qualche punta di regressione nel modo di fare dei ragazzi.
Immagine di copertina di Jessy Rone