Il film d’esordio del 34enne regista e sceneggiatore norvegese Halfdan Ullmann Tøndel, nipote di Ingmar Bergman e Liv Ullman, già premiato al Festival di Cannes, è ora candidato all’Oscar. Racconta un caso di comportamento anomalo e di disagio infantile (il protagonista ha 6 anni), ma soprattutto i riflessi e i legami con alcune complesse relazioni parentali. E in quello che diventa quasi un thriller psicologico, si fronteggiano due donne: un’attrice egocentrica (la interpreta l’ottima Renate Reinsve) e una madre più pacata e concreta, di cui però si scoprono seri dissesti matrimoniali
Con Armand di Halfdan Ullmann Tøndel, vincitore della Camera d’Or alla settimana della critica di Cannes 2024 e ora nella quindicina (insieme anche a Vermiglio) dei candidati all’Oscar al miglior film straniero, si arricchisce di un nuovo titolo di pregio l’elenco dei film che riflettono sui comportamenti scolastici anomali (fino all’inaccettabile), di ragazzi di età e contesti variabili. In qualche modo accomunati dalla relazione difficile con regole e obblighi probabilmente necessari ma che rimandano spesso a drammatiche difficoltà di individuazione e interpretazione. Si va da In un mondo migliore della danese Susanne Bier, che nel 2011 vinse l’Oscar raccontando il tema del bullismo, all’ultimo film del giapponese Kore-eda, L’innocenza, centrato su un rapporto studente-insegnante che riserva allo spettatore molte sorprese.
Qui l’età scende molto, perché Armand, protagonista dell’opera prima del 34enne nipote di Liv Ullmann e Ingmar Bergman (non male come eredità), regista e sceneggiatore, ha soltanto sei anni: il film infatti ben presto abbina alla difficoltà comportamentali del piccolo (è “accusato” di aver molestato sessualmente nel bagno della scuola il cugino Jon, usando oltretutto un linguaggio crudo e decisamente da adulto) una serie di complesse vicende familiari. Che riguardano prima di tutto le madri dei due ragazzini, l’attrice Elisabeth (è l’ottima ex modella Renate Reinsve, già protagonista di La persona peggiore del mondo grazie al quale ha vinto la Palma alla miglior attrice nel 2021 a Cannes), come da stereotipo assai incline alla teatralizzazione dei suoi comportamenti e la più posata Sarah (Ellen Dorrit Petersen), che sembra celare con molta fatica un consolidato rancore nei suoi confronti.
I genitori di Armand e Jon vengono convocati per un incontro dalla direzione della scuola, che lungo tutto il racconto mostra una notevole incapacità, non solo a chiarire l’accaduto ma anche a prenderne le misure, e a scegliere quali provvedimenti adottare per affrontare i fatti. Perché le istanze di tolleranza e repressione sembrano sempre bilanciarsi. E poi, forse, era solo un gioco di bambini ancora così piccoli. Ma quello che sembra all’inizio un film riflessivo e problematico sul ruolo e le scelte dell’istituzione scolastica, si arricchisce poi di una serie di eventi quasi come in un thriller psicologico, mettendo in discussione e in crisi la personalità e le relazioni dei genitori, del direttore e delle insegnanti.
In Armand non sono inavvertibili sensibilità e tormenti che forse vengono dall’imprinting dei nonni, ma Tondel sceglie subito una temperatura emotiva più forte dei capolavori di Bergman e si concede anche (echi di Dancer in the Dark di Lars von Trier?) una scena da musical, in verità non tra le più riuscite del film. Il fatto che abbia insegnato nella scuola elementare ne fa un buon conoscitore delle dinamiche che si sviluppano al suo interno. Qui abbastanza particolari, perché anche uno stato socialmente attento come quello norvegese, che molte procedure prevede nell’affrontare i problemi didattici, si mostra disarmato di fronte a un problema complesso come la sessualità infantile.
Il fatto che i due protagonisti abbiano sei anni aggiunge un altro elemento interessante, il cambio di ciclo scolastico. Lo spiega Tondel. “Per un bambino dev’essere molto sconcertante che una cosa considerata normale il mese prima, possa far convocare i suoi genitori davanti alla polizia il mese dopo. E per me queste erano le circostanze ideali per esplorare la nozione di limite, così presente nella società in cui viviamo”. Tra i punti all’attivo del film c’è comunque il fatto che i bambini non siano coinvolti nella disputa, neppure in flashback. Aggiunge l’autore: “Non si è mai trattato dei ragazzi, ma dei genitori. Di come i figli rispecchiano il loro comportamento e come loro vedono se stessi nei loro figli. Le ricerche mostrano che i bambini non hanno un linguaggio per tutto, spesso ripetono ciò che vedono”. Al centro del plot restano quindi le interpretazioni degli adulti e le tante proiezioni che emergono del loro vissuto relazionale E alla fine il tutto è affidato alla sensibilità dello spettatore, chiamato, come i personaggi sullo schermo, a cercare di capire dove stia la verità. Ammesso che la verità sia una sola. E univoca.
Armand, di Halfdan Ullmann Tøndel, con Renate Reinsve, Ellen Dorrit Petersen, Endre Hellestveit, Thea Lambrechts Vaulen, Oystein Roger, Vera Veljovic-Jovanovic, Assad Siddique, Patrice Demonière