Alla Galleria San Fedele va in scena l’incontro-scontro di Arnulf Rainer con il tema del sacro: l’esito è tutt’altro che scontato
Il confronto con il sacro è, per l’arte contemporanea, un campo assai spinoso. La questione si fa ancora più intrigante se a fare i conti con le immagini e i simboli della tradizione cristiana è Arnulf Rainer; proprio l’Arnulf Rainer, classe 1929, il cui nome è spesso associato al cosiddetto “azionismo viennese” (o “Wiener Aktionismus”, per filologia), il movimento divenuto famoso negli anni Sessanta con performance incendiarie incentrate sull’uso provocatorio del corpo (e una certa passione per sadomasochismo e autolesionismo). Ma, si sa, etichette e categorizzazioni sono spesso fuorvianti: Rainer è un artista complesso, fotografo e pittore, nutrito di suggestioni surrealiste e informali. Niente performance, insomma, in La croce e la notte, la mostra allestita negli spazi puliti e un po’ asettici della Galleria San Fedele da Andrea Dall’Asta SJ e Sandro Parmiggiani; piuttosto un allestimento minimale e una ventina di pezzi, realizzati tra la metà degli anni Ottanta e la metà dei Duemila, per raccontare gli esiti della riflessione di Rainer sui temi del sacro (e della morte).
L’immagine di Cristo è al centro di una serie di opere realizzate dall’artista con la tecnica della “pittura sovrapposta”, uno dei suoi marchi di fabbrica. Si tratta di fotografie di antiche raffigurazioni di Cristo (icone e opere d’arte della tradizione occidentale) su cui l’artista interviene con furiosi segni pittorici che finiscono per oscurare parzialmente l’immagine fotografica. Il confronto con l’iconografia cristiana non potrebbe essere più diretto. L’inconscio dell’artista (si tratta pur sempre di un conterraneo di Freud) esplode sulla carta fotografica in macchie di pittura, in grovigli di segni al limite dell’automatismo grafico surrealista.
L’incontro-scontro con i simboli (anzi, con il simbolo per eccellenza) della tradizione cristiana prosegue nella serie delle Croci che costituiscono il centro della mostra. Si tratta di superfici sagomate in forma di croce, crocifissi senza più il corpo di Cristo, che diventano il campo su cui si dispiega la pittura di Rainer. Una pittura fatti di grumi di materia lavorati con le mani, di colore scagliato e lasciato gocciolare. Nulla di inaudito, sono le tecniche di tanta pittura informale, di qua o di là dell’Atlantico. Lo spazio inevitabilmente simbolico della croce finisce però per connotare anche le trame astratte della pittura: sgocciolamenti e grumi di materia diventano sangue e materia organica. Il dramma (umano) della crocifissione, annullato nell’assenza del corpo, riaffiora nel nella pittura; e non si va molto lontani dall’endiadi di «sangue e merda», cara a Giovanni Testori.
Non tutte le opere convincono per qualità e qualcosa di più si sarebbe forse potuto fare per contestualizzare le opere nel percorso dell’artista. Ma i problemi che l’arte sacra pone agli artisti contemporanei sono complessi; e la risposta di Rainer non è banale.
Arnulf Rainer. La croce e la notte, Milano, Galleria San Fedele, fino al 10 luglio.
Foto: Arnulf Rainer, Croci, 1988/89.