Come è cambiato il mercato dell’arte, ora che persino Amazon ha una sua sezione dedicata? Un viaggio tra le piattaforme che propongono opere d’arte sul web. I ragazzi di Artupia hanno inventato un algoritmo che gestisce in maniera automatica le valutazione delle opere a partire dal gradimento degli utenti. Democratizzazione dell’arte o abdicazione a ogni gerarchia di qualità?
Una decina di giorni fa stavo passeggiando in zona Navigli, o meglio, stavo camminando a larghe falcate lungo la Darsena milanese, rincorrendo il mio ritardo a un appuntamento. Lungo la discesa che costeggia viale Gabriele d’Annunzio ho notato una serie di cornici bianche, quadrate. Ciascuna conteneva la riproduzione di un’opera diversa, insieme a un hashtag, #takemehome, e a un QR code. Quest’ultimo rimandava a una pagina internet corrispondente, tramite cui la “vera” opera risultava acquistabile a un determinato prezzo. Il ponte che collega le due sponde della Darsena era altrettanto ricoperto di quadri: dietro ciascuno una maniglia in tessuto verde, a completare l’invito a portarseli a casa. I passanti erano incuriositi quanto me: qualcuno si limitava a guardarsi attorno, qualcun altro, incitato da un poker di ragazzi che controllavano che tutto andasse per il meglio, si allontanava con uno o più quadretti take away.
Poco dopo ho appurato che non si trattava dell’idea di un artista pazzo, bensì di una trovata pubblicitaria partorita da tre giovani italiani, Marco, Alberto e Arturo, fondatori di Artupia, piattaforma online che si promette di sovvertire le regole del classico mercato che passa dalle gallerie e di emanciparsi dalla classica valutazione di un’opera imposta da parte dei critici. “Crediamo che l’arte sia per tutti”, è il messaggio che campeggia sul sito di Artupia, nato ad agosto 2014, sviluppato e migliorato fino a dicembre 2015 e ora rilanciato con una nuova versione. «L’idea – mi spiega Marco Mura, trentatreenne sardo con una laurea in giurisprudenza – si può dire sia nata grazie a mio padre. Lui e mio zio hanno sempre dipinto e scolpito e mi raccontavano di come i tedeschi comprassero volentieri le loro opere, mentre gli italiani non erano mai stati in grado di valorizzarle».
Marco, muovendo dalle suggestioni familiari, ha iniziato a ragionare sulle principali problematiche del mercato dell’arte insieme ad Alberto Lina, 20 anni, informatico. «Vendere all’estero è complicato. C’è bisogno di spazi espositivi o di gallerie che supportino l’autore. Per chi non dispone di soldi o di contatti è quindi molto difficile farsi conoscere e soprattutto guadagnare qualcosa», raccontano. La missione di Artupia dunque non è solo rendere più facile la compravendita, ma anche aiutare l’artista a diffondere quanto più possibile il proprio messaggio a livello internazionale. Ovviamente chiunque può esporre e chiunque acquistare, previa registrazione di un account sul sito.
Certo, non è il primo esempio di piattaforma online dedicata al commercio dell’arte, che passa per Artspace.com , uno dei più noti, per arrivare ad Artsy, che consente di impostare differenti criteri di ricerca. Ci sono poi Other Criteria, fondato dall’artista Damien Hirst e progettato per rendere l’arte moderna più accessibile e vicina, in tutte le sue forme, mentre Saatchi Art, ideata da Charles Saatchi – fondatore di una delle più importante agenzie pubblicitarie al mondo – si distingue per la sua offerta smisurata. Tappan sceglie solo artisti emergenti, Art Rooms dispone di un team di talent scout che vanno a caccia dei più promettenti, mentre Exhibition A propone artisti noti a prezzi più accessibili. Nella galleria virtuale di Linking Art c’è una selezione minima iniziale, in cui viene valutata l’artisticità dell’opera. «Opere dilettantesche o che non raggiungono un livello estetico sufficiente vengono scartate», spiega il CEO Luciano Forconi. Dopo una stima del valore iniziale, basata sulla carriera dell’artista, sul suo valore di mercato – se già presente – e sulla qualità dell’opera, il prezzo potrà evolvere in corrispondenza della richiesta. Su Mediartrade per le valutazioni si fa riferimento alla media delle aggiudicazioni di opere simili per caratteristiche nelle aste nazionali e internazionali.
Ma non per forza vanno cercate su piattaforme specializzante: le opere d’arte si possono acquistare anche su una sezione dedicata di Yoox.com e di Amazon. Insomma, il panorama è decisamente ampio e affollato e non si esaurisce in questo elenco. C’è perfino un tutorial dedicato, firmato WikiHow. I tre ragazzi – al duo di fondatori si è aggiunto infatti Arturo De Giorgi, studente di matematica e fisica ventenne – hanno cercato così un modo per distinguersi, progettando un algoritmo che dia a tutti gli artisti la stessa chance di emergere. La formula studiata dal team fa sì che il prezzo iniziale del quadro, al momento del caricamento sulla piattaforma, sia determinato dalle caratteristiche fisiche, come le sue dimensioni e i materiali, e dalle ore di lavoro richieste per realizzarlo. Poi la valutazione, spiega Arturo, «si sviluppa in seguito ai like degli utenti e dal numero di vendite che l’artista compie. Una quotazione che avviene in tempo reale e che consentirebbe di premiare coloro che ricevono un consenso popolare importante, «secondo un meccanismo alternativo e un po’ controcorrente rispetto a quello per cui gli artisti che contano vengono imposti dall’alto».
Un meccanismo che rispecchia i criteri con cui sui social media vengono messi in evidenza e “premiati” i contenuti che riscuotono maggiore gradimento. Una maniera forse più democratica, ma che rimette in gioco l’attribuzione di qualità e il senso estetico e che sicuramente farà discutere i critici di professione, che vedranno minacciato il loro ruolo di gatekeepers. Se però nel giornalismo il ruolo del professionista resta fondamentale nel maneggiare e nel dar senso alla massa di contenuti generati dagli utenti, in modo da salvaguardare la correttezza dell’informazione, in un parallelo mercato dell’arte il coinvolgimento del pubblico potrebbe forse consentire nuovi spunti di riflessione, un maggior interesse nei confronti dell’arte, vista così come più accessibile, e una possibilità di emergere anche per i più timidi. Ci vorrà ancora un po’ tempo per rendersi conto degli effetti di questi meccanismi sul mondo dell’arte, ma è sicuro che per il momento i due sistemi non si escludono a vicenda.
Artupia opta anche per un diverso sistema economico rispetto a quello classico. La transazione, al momento calcolata in dollari, ma che poi si renderà disponibile secondo la valuta dell’acquirente, viene gestita direttamente dal sito, che prende un 15% di commissione – contro cifre maggiori di solito accordate alle gallerie. In caso inoltre il quadro venisse rivenduto via Artupia dal primo acquirente, all’artista continuerà a spettare un 5% su ogni vendita futura dell’opera. . «Abbiamo pensato anche al problema delle spedizioni – spiega ancora Marco – che vengono generate automaticamente dal nostro sistema, in grado di calcolare già i costi dei corrieri e delle eventuali dogane e di includerlo del prezzo totale». Navigando il sito si trovano disegni da 5-10$ e dipinti che pian piano hanno acquisito valore, arrivando a un prezzo che supera i 1000 e che potrebbe ovviamente continuare a crescere. Per il futuro i ragazzi hanno in programma di includere anche fotografie e sculture.
La campagna #takemehome ha portato 5mila riproduzioni di quadri in giro per l’Europa. A Milano, con l’organizzazione curata da Arturo, hanno invaso la Darsena, Brera, Corso Garibaldi, piazza del Duomo e della Scala e piazza Gae Aulenti. Negli stessi giorni altre opere sono state portate a Berlino da Marco e a Londra da Alberto. «Abbiamo scelto queste tre città – racconta Marco – perché Londra è al momento la terza piazza per il mercato dell’arte contemporanea, dopo Stati Uniti e Cina». Berlino è stata scelta per la grande sensibilità artistica dei suoi abitanti, mentre Milano era la necessaria tappa italiana del progetto. Così, chiarito qualche malinteso con la polizia locale inglese e sconfitta la pioggia tedesca, le metropoli sono state “arredate” di opere, che chiunque ha potuto scegliere di portare con sé. «Cercavamo una maniera efficace per farci conoscere e volevamo che l’arte potesse già entrare a casa delle persone, per circondarli e regalare loro la voglia di acquistare un’opera». E secondo i primi riscontri sembra aver anche avuto una discreta risposta dal pubblico, che ha postato con l’hashtag sui propri social network – anche se su Instagram lo stream è per lo più abitato da foto degli One Direction, il cui secondo album porta proprio il titolo “Take me home”.