“Atto di difesa” è un bel film, asciutto e anti-epico, scritto e diretto da Jean Van De Velde, regista congolese trasferitosi ad Amsterdam: rievoca il famoso processo di Rivonia, in cui il futuro primo presidente nero della grande nazione evitò la pena di morte grazie alla bravura del suo avvocato. Che era anche un coraggioso amico, deciso a combattere l’apartheid e le discriminazioni razziali
Chi conosce il nome dell’uomo che salvò Nelson Mandela dalla pena di morte? Il film Atto di difesa – Nelson Mandela e il processo Rivonia di Jean Van De Velde, 60enne regista e sceneggiatore nato in Congo ma poi trasferitosi ad Amsterdam, mette al centro dell’azione proprio la straordinaria personalità di Bram Fischer, che ebbe il coraggio di difendere Nelson Mandela dalle accuse di sabotaggio e alto tradimento contro il governo. Fu lui l’avvocato del famoso processo Rivonia. Un uomo che non passò alla storia tanto quanto il grande “Madiba”, ma che contribuì a combattere il regime ingiusto e disumano dell’apartheid e a cambiare le sorti del Sudafrica.
1963, Tribunale di Pretoria, Sudafrica. Un magistrato bianco deve giudicare un gruppo di dieci uomini, quasi tutti neri, che vogliono difendere i diritti universali di uguaglianza e fratellanza tra le persone, qualunque sia il colore della loro pelle. Sembra una lotta impari, persa in partenza, e proprio per questo nessun avvocato vuole assumersi l’incarico di difendere questi accusati. Nessuno tranne Bram Fischer, un bianco, un privilegiato con una bella famiglia, che condivide però gli ideali anti-apartheid di Mandela e dei leader dell’African National Congress, lì seduti sul banco degli imputati.
Una racconto biografico naturalmente appassionante, ancor più suggestivo se si pensa che le scene del processo sono state girate nell’aula del Palazzo di giustizia di Pretoria, dove il futuro primo presidente nero del Sudafrica fu realmente condannato. E il regista è stato in grado di compiere un’accurata ricostruzione storica, che oscilla tra la vicenda pubblica, dove troneggia il Bram Fischer-avvocato, e la vita privata, con un più intimo Bram Fischer-padre e marito. Inevitabile, poi, la commistione delle due figure.
Soprattutto nelle sequenze ambientate in tribunale la regia si muove asciutta e classica, con campi e controcampi misurati, la camera a mano che dà l’impressione di essere viva e pulsante, i colori desaturati a suggerire il sapore di quegli anni Sessanta e i dialoghi asciutti e rafforzati dall’ottima recitazione del cast, in cui spiccano l’olandese Peter Paul Muller che interpreta Fischer e Sello Motloung, primo attore sudafricano a ricoprire i panni di un giovane Mandela.
Il cuore del film si ha proprio a metà dell’opera di Van De Velde, quando “Madiba” pronuncia, e proprio su proposta del suo avvocato, un discorso di formidabile impatto e onestà col quale esprime il suo desiderio di democrazia e uguaglianza, concludendo senza enfasi ma con coraggio: “è un ideale per il quale spero di vivere e che spero di raggiungere. Ma, se sarà necessario, è un ideale per il quale sono pronto a morire”. E lo stile scarno ma solenne delle parole di Mandela si rispecchia in quello del regista: infatti la forza del film è data dalla sobrietà di toni con cui la vicenda è narrata, così lontana dal modo di raccontare, epico e mitizzante, tipico del cinema americano che in passato ha omaggiato in diverse pellicole quella figura.
Pur passando attraverso un epilogo tragico, che sembra quasi ricordare il destino ineluttabile dell’eroe greco, l’opera non perde neanche un po’ della sua bellezza e godibilità. Forse sarebbe piaciuta anche al grande Hugh Masekela, leggenda jazz del Sudafrica anti-apartheid, scomparso proprio pochi giorni fa.
Atto di difesa – Nelson Mandela e il processo Rivonia, di Jean Van De Velde, con Peter Paul Muller, Antoinette Louw, Sello Motloung, Sean Venter, Johan Ahlers