“Il genio della fuga” dell’inglese Edgar Wright è un divertente actionner che mescola citazionismo pop, trucchi di sicura presa spettacolare e un pizzico di sfrontatezza. Lanciato dalla trilogia “Divergent”, il taciturno protagonista Angel Elgort guida un cast bilanciato che affianca i collaudati Kevin Spacey e Jamie Foxx a una pattuglia di giovani già in carriera, da Lily James a John Hamm e Eiza Gonzales
Tanto silenzioso da sembrare sordomuto, tanto spericolato alla guida di auto di grossa cilindrata da sembrare un aspirante suicida, in realtà Baby (Ansel Elgort, lanciato dalla trilogia Divergent), protagonista di Baby Driver – Il genio della fuga, non è né l’uno né l’altro. Parla eccome, anche se di solito preferisce non farlo, e le sue orecchie funzionano perfettamente, a parte un fastidioso ronzio che è il lascito di un drammatico incidente avuto da bambino. Il punto vero è che i discorsi altrui proprio non gli interessano, e alla colonna sonora del mondo preferisce quella che si è creato da sé, mescolando musica a ritmo selvaggio sul suo inseparabile iPod, che spazia dai Queen ai Commodores, dai Beach Boys ai Button Down Brass.
Di lui all’inizio non sappiamo quasi nulla, ma poco alla volta scopriremo tutto della sua vita presente, gran parte del suo passato e (forse) riusciremo persino a immaginarne il futuro, quello che lo aspetta dopo la parola “fine” del film. E scopriremo così che tutto ha un senso, anche se all’inizio azioni e reazioni dei vari personaggi ci sembrano talmente bizzarre da sfiorare l’incomprensibile. Una considerazione, questa, che a ben guardare vale per l’intero film: strano oggetto non identificato che rivela a poco a poco senso e fascino.
Il protagonista è un geniale driver, capace di esibizioni a dir poco strabilianti quando si trova alla guida dell’auto adatta: di mestiere fa giustamente l’autista, per una banda di rapinatori di discreto successo. Almeno inizialmente. Sotto la guida del cinico e dispotico Doc (Kevin Spacey), i vari personaggi (Bats, Buddy, Darling, vale a dire Jamie Foxx, Jon Hamm ed Eiza Gonzales) sembrano muoversi come soldati efficienti, ingranaggi ben oliati di una macchina perfetta. Ma la cosa dura poco: anche lo spettatore meno smaliziato sa bene che le rapine al cinema finiscono sempre per somigliare a pentole di cui il diavolo ha smarrito il coperchio.
La situazione si fa dunque ben presto drammatica, e anche frenetica, fra una fuga rocambolesca e un colpo di scena. La frenesia non impedirà però a Baby di innamorarsi della dolcissima Deborah (Lily James, la Cenerentola di Kenneth Branagh) e di progettare insieme a lei un possibile futuro alternativo.
Giunto al suo sesto lungometraggio (dopo chicche come Hot Fuzz e L’alba dei morti dementi), l’inglese Edgar Wright sembra aver raggiunto un felice equilibrio fra citazionismo pop e prodotto di facile consumo, deriva post moderna e puro e semplice desiderio di rimescolare le carte in modo magari irrispettoso e tutt’altro che sgradevole. Un film-giocattolo, forse, ma nel senso migliore della parola, che gioca con i generi e soprattutto con l’immaginario collettivo, dotato di brio, intelligenza e un pizzico di sfrontatezza.
All’incrocio fra road movie e musical, una pellicola piena di suoni e azione, che trasforma gli inseguimenti d’auto in coreografie complesse e rutilanti (le macchine danzano sulle lunghe strisce d’asfalto come fossero ballerini posseduti da un’irrefrenabile bisogno di correre, volare quasi); ma che si rivela anche capace di un’insolita sensibilità quando dipinge da vicino fragilità e sentimenti dei due giovani protagonisti. Malinconico e spiazzante, survoltato e romantico, a tratti lynchiano, sempre trascinante, Baby Driver non è un film di quelli che ti cambiano la vita, ma il prezzo del biglietto lo vale ampiamente. Però dovete vederlo al cinema, altrimenti vi perdete il meglio!
Baby Driver – Il genio della fuga di Edgar Wright, con Ansel Elgort, Kevin Spacey, Jon Hamm, Jamie Foxx, Eiza Gonzales, Jon Bernthal