La febbre dell’oro con Paolini

In Teatro

Serata monologante con musiche e molta fedeltà ed amicizia dedicata a Jack London coi suoi racconti sui cani. Una ballata con finale d’oggi lungo i panorami del Grande Nord

La bussola stavolta punta verso il Grande Nord. Non siamo a Milano al Piccolo Teatro negli anni dieci del duemila, ma nel Nord del Canada a fine Ottocento.

Questa sera non sono Marco Paolini ma Jack London nel corpo di un attore” così ci si presenta Marco Paolini regista e attore di questo spettacolo. Una ballata, come ci svela il titolo, nella quale tre storie di cani vengono raccontate al ritmo di una fiarmonica, Gianluca Casadei, un clarinetto, Angelo Baselli, una chitarra Lorenzo Monguzzi e una voce, Marco Paolini, il tutto per rievocare i tempi e i suoni della stagione americana della corsa all’oro.

Macchia, Bastardo e Preparare un fuoco sono i tre racconti, narrati in prima persona, che si succedono sul palcoscenico accompagnati dalla voce di Marco Paolini che si sposa perfettamente con le musiche originali di Lorenzo Monguzzi. Le storie ci sembrano a prima vista lontane, tutte ambientate all’epoca del Grande Nord, dell’estrema povertà e della speranza di trovare la fortuna in qualche miniera.

L’intera serata trova le sue fondamenta nel rapporto tra l’uomo e il suo migliore amico, il cane. Rapporto di amicizia, ma forse più di devozione, ci fa notare Paolini; un cane che ritorna sempre, nonostante i tentativi di liberarsi di lui, un altro che rimane incollato al suo padrone che lo odia e infine un cane che si allontana dal padrone ormai morto. Proprio quest’ultima storia ci fa capire che forse si tratta in realtà di un istinto di sopravvivenza quello che lega il cane all’uomo, ed è proprio durante quest’ultimo racconto che si svela che il narratore in realtà è sempre stato il cane.

Questa volta lo spettacolo è lontano dai temi di carattere politico- civile che caratterizzano il suo lavoro. La spinta è fornita da due racconti dello scrittore americano Jack London, Zanna Bianca e Il richiamo della foresta, che hanno accompagnato il regista dalla sua infanzia fino ad oggi. Nell’ultima mezz’ora tuttavia firma lo spettacolo con una forte impronta di riconoscimento.

Ci racconta la storia di un altro viaggio, al quale si presta meno attenzione nel mischiarsi degli eventi di vita quotidiana ma che è mosso dalla stessa necessità da cui sono mossi i personaggi dello scrittore americano, il viaggio di un clandestino afgano che morirà lontano dalla sua patria come un cane in cerca della libertà.

Lo stile dell’attore non si smentisce e lo spettatore rimane incollato alle sue parole per tutta la durata dello spettacolo, sentendosi con lui testimone e partecipe di ciò che accade in scena.

Ballata di uomini e cani, di e con Marco Paolini, in scena al Piccolo Teatro Strehler fino al 22 febbraio

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