Al Teatro delle Passioni di Modena è andato in scena uno spettacolo disturbante e intenso, reale e difficile da mandar giù. È sempre più comodo parlare di prostituzione, di ogni rango, di lusso o di strada, finché non viene spiattellata davanti agli occhi, diventando quasi intollerabile accettarne un volto. Vi spieghiamo perché Battuage di Joele Anastasi è una pièce triste, ma sorprendente.
Battuage richiama il lavoro più antico del mondo, quel lavoro coperto dal giudizio e dalla sua fama plurisecolare, fatta di donne e di marchette, di travestiti e disperati, il tutto senza scrupoli o senza mezzi termini. Questa è la drammatica verità della scena: che il profondo realismo e la martellante tecnica attoriale di tutti i protagonisti, si fonde benissimo con le numerose storie di strada del giorno d’oggi. È impossibile non essere scossi o non provare una lecita e pietosa compassione per un’illecita e impietosa professione.
L’intento del regista e attore Joele Anastasi non è solo quello di dar voce diretta a una classe umana socialmente esclusa e disillusa, ma di fare luce in un buio estremizzato di pregiudizi fuori dal tempo. Un richiamo analogo è quello che si trova nel Pasolini di Ragazzi di vita o nei Kai & Horst di Noi, ragazzi dello zoo di Berlino.
Entrati in sala, ci si aspetterebbe infatti la storiella ricostruita di una brigata ridente di giovani disgraziati o di una comitiva di ‘fatturatori’ malavitosi, quando in realtà – a guardare bene – c’è più grazia e dolore in questo gruppetto di omosessuali che in una scena di amore campestre.
Le battute, costruite a fondo soprattutto sul piano linguistico e dialettale, non faticano mai a entrare nell’interiorizzazione piena dei personaggi, e pur captando la forte condizione di abbandono e di vuoto morale giovanile che si riversa nella vicenda, il taciuto emotivo, così come lo sproloquio e la blasfemia, si percepisce nella denuncia plastico-cinetica dei corpi, seminudi o travestiti, e tristemente in armonia con la scena.
La scenografia, composta da sei pannelli mobili che assomigliano a orinatoi e a toilette per signora, incornicia lo sconforto e l’impossibilità di riscatto comune delle storie raccontate; Anastasi ha studiato così una ragnatela di spazi che si innesca alla storia di maturazione di Salvatore, un giovane prostituto ventenne scappato dalla Sicilia. Al suo fianco i bravi Federica Carruba Toscano, Ivan Castiglione ed Enrico Sortino “battono il marciapiede” dei sentimenti, facendo sprofondare i loro caratteri in un appiattimento dei sensi.
Questa compagnia si muove coraggiosamente verso la creazione di un contatto tra un pubblico ricettivo, ma sofferente ad alcune scene, specie quelle dove si eccede con lo sperimentalismo o con una sensualità che invade le sfere del sacro, oltre che del profano. Basti pensare al mélange erotico che si scambia come delle promesse di matrimonio durante uno dei momenti principali.
Nel giorno del suo trentesimo compleanno, Salvatore soffia sulle candeline e sulle sue certezze, mentre l’odore di cera fusa si sparge per la sala e ricorda alla lontana le atmosfere ecclesiastiche.
A chiudere lo spettacolo una frase di Nelly Sachs: “Raccoglierà l’angelo ciò che voi avete buttato via”. E ciò che è stato buttato via fa più paura di ciò che non si è nascosto.
Fotografie © Alessandro Scarano