Nell’ultimo album, Call It What It Is, il musicista afroamericano, che ha collaborato con Jovanotti, canta e spiega le violenze e le contraddizioni dell’America di oggi
Parlare di Ben Harper e di un suo album significa parlare d’America, delle sue bellezze e delle sue contraddizioni. Nel sangue del musicista californiano si incontrano e convivono la cultura afroamericana, cherokee ed ebrea. Una convivenza non sempre facile, ma necessaria e fondamentale, perché si colloca alle radici della società americana. A due anni di distanza dall’ultimo album, Childhood Home, inciso con la madre Ellen, arriva Call It What It Is. Il nuovo progetto musicale vede il ritorno della collaborazione tra Harper e la sua band, The Innocent Criminals, dopo otto anni di distanza dall’ultimo lavoro discografico della formazione, Lifeline.
Questo nuovo album riparte dalle origini dell’artista e propone, attraverso generi diversi, dal blues al reggae, quel suo modo unico di fare musica con anima e corpo, che lo aveva reso popolare tra le college radio negli anni Novanta. E con When Sex Was Dirty, prima traccia del disco, sembra proprio di tornare a quegli anni e alle trasmissioni delle radio alternative americane. Sincerità un po’ sbruffona alla Rolling Stones, nelle liriche come alla chitarra, e un briciolo di nostalgia. Sono queste le note di testa e di cuore della opening track. E sarà il cowbell che rintocca in sottofondo o quell’organo alla Doors, in ogni caso è tanta la voglia di correre in macchina, finestrini abbassati e questo pezzo a palla.
“I remember when sex was dirty and the air was clean”, canta Harper e in una frase si trova tutta quella contraddittoria armonia americana tra lo sporco sesso e l’aria pulita, che fa eco all’ossimorico nome della band, The Innocent Criminals. Questa contraddittorietà, però, è solo apparenza: tutti gli elementi convivono bene insieme, grazie alla loro semplicità. In questa canzone come nella vita, sembra voler dirci Ben: keep it easy. Come i na na na na na del coro.
Nel brano che dà il titolo all’album, si ritrova tutto l’impegno politico che Harper aveva espresso in Fight For Your Mind, disco con cui aveva presentato la band The Innocent Criminals. La canzone, Call It What It Is, riflette sul tema della convivenza interculturale e riporta alla memoria i tanti e recenti fatti di cronaca che hanno coinvolto vittime afroamericane e polizia. “They shot him in the back, now it’s a crime to be black”: esordisce così Harper, mentre la sua lap steel guitar, una chitarra particolare che si suona con l’apposito slide, lo accompagna su un blues rock cupo. Le liriche si fanno sempre più drammatiche e sono dedicate a Trayvon Martin, Ezell Ford e Michael Brown, quelli che Harper chiamerebbe “innocent victims”: ragazzi molto giovani, morti in circostanze poco chiare. Harper li chiama per nome, come per restituire loro dignità. E nel brano ripete spesso: “Call it what it is, murder”.
Ma la vera perla dell’album è Finding Our Way. Probabilmente se Michael Douglas in Un giorno di ordinaria follia avesse sentito questa canzone in radio, non avrebbe lasciato la sua macchina in mezzo al traffico per fare quello che invece ha fatto. Non importa quanto sia stata brutta la tua giornata, la chitarra raggae e la dolce litania “We have a way of finding our way home” cullano l’ascoltatore verso uno stato di equilibrio. È questo il potere della musica di Ben Harper, qui più in forma che mai. E nonostante l’arrangiamento un po’ ruffiano, che la rende perfetta per rimorchiare in spiaggia, questo brano è davvero un piccolo gioiello. La sua atmosfera riflessiva e intima fa da preludio alla parte finale dell’album, affidata a Bones, Dance Like Fire e Goodbye To You.
Quest’ultima triade di brani si fa carico della responsabilità di rassicurare e abbracciare l’ascoltatore con melodie acustiche e delicate, dopo aver trattato importanti temi politici e sociali. Via la distorsione dalla chitarra. Arriva il momento delle considerazioni finali, cariche di saggezza un po’ grezza, ma rassicurante: quelle words of wisdom che la beatlesiana Mother Mary potrebbe dispensare. “If we could dance like fire we’d never get burned” canta Harper in Dance Like Fire e sembra di sentire uno di quegli aforismi alla Jovanotti. Le filosofie dei due artisti non sono poi così lontane: nel 2007, infatti, dalla loro collaborazione è nata la canzone Fango, contenuta nell’album Safari del Jova nazionale.
Call It What It Is è un back to the roots, un ritorno alle origini, che punta alla semplicità e alla sincerità, nel suono e nei temi. È questo il consiglio che Ben Harper & The Innocent Criminals propongono per riuscire a trovare l’armonia in quello che sembra conflitto e contraddizione. Proprio come le canzoni di questo album, anche i diversi spiriti culturali dell’America possono raggiungere una coesistenza pacifica, grazie all’incontro e alla semplicità.
Ben Harper & The Innocent Criminals, Call It What It Is (Concord Music Group)