Ultima opera occidentale a scavalcare il muro di Berlino Est, atipica rispetto alle esigenze caratteristiche della cultura dell'”uomo nuovo” del socialismo. Bocciata, ripescata, ribocciata, e infine tradotta e pubblicata: di pochi romanzi come “Il Gattopardo” si può dire che il destino abbia lavorato sull’ostinazione umana per arrivare al punto. Bernardina Rago racconta le vicende intricate e bizzarre che stanno dietro all’approdo del romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa nella DDR.
In alcuni quartieri di Berlino consumare pane di farina di grano fa alzare più sopracciglia di quanti ne farebbe l’ammissione di amare la carne rossa o di guidare un SUV diesel. A Schöneberg c’è un fornaio che si vanta di fare il pane come a Milano e che, per rendere le farine bianche più presentabili, aggiunge alle sue pagnotte percentuali importanti di farina di farro. Fa anche il caffè e il cappuccino, fortunatamente senza concessioni ai gusti locali. È qui che incontriamo Bernardina Rago, barese, un dottorato in Romanistica all’Università di Potsdam. Studiosa della ricezione della letteratura italiana nella Repubblica Democratica Tedesca, ha appena pubblicato Il Gattopardo nella DDR con la casa editrice berlinese Frank & Timme.
Berni, come si fa subito chiamare, sciarpe rosse e blu sotto uno dei primi soli di primavera, sembra la cavalleria francese schierata a battaglia la domenica di Bouvines. Ci spiega che sono i colori della copertina del libro, che sono diventati un po’ il Leitmotiv del suo look di questi ultimi mesi.
Innanzitutto, come è stato accolto Il Gattopardo in Italia?
In quegli anni, mi dispiace dirlo, la cultura in Italia è egemonizzata dalla sinistra talora in modo provinciale, ossia fermandosi a quelli che sono i canoni ideologici, senza approfondire il vero senso di un’opera. Il Gattopardo non è un romanzo d’impegno. Gli si rimprovera una concezione retriva della storia, che non ci sia il popolo e che Garibaldi non venga presentato come una figura eroica. Subisce ben due rifiuti da parte di Vittorini, che all’epoca lavorava per Einaudi e per Mondadori, e che lo definisce un romanzo vecchiotto. La notizia, siamo nell’estate del ’57, arriva a Tommasi esattamente due giorni prima che muoia. Il suo commento è: che peccato. Una copia del romanzo viene poi mandata a Elena Croce, figlia di Benedetto, che aveva un salotto letterario molto accorsato a Roma. Una sera Elena la consegna al giovane Bassani. Lei il romanzo non lo aveva letto e non sapeva neanche di chi fosse, gli dice infatti che è forse di una baronessa siciliana. Bassani lo legge e ne rimane folgorato. Lo propone a Feltrinelli. Feltrinelli accetta, ma ci va cauto: aveva appena pubblicato Il Dottor Živago ed era in forte attrito con il PCI. Il Gattopardo esce nel novembre del ’58 in appena duemila copie. Quasi tutto l’establishment di sinistra lo fa a pezzi. Lo stronca Alicata, allora direttore di Rinascita e capo della sezione culturale del PCI. Lo stronca Sciascia, anche se farà marcia indietro qualche anno dopo. Lo stronca Moravia che lo definisce “libro di destra”.
Però il romanzo ha un enorme successo di pubblico.
Già a dicembre ’58 siamo alla quarta edizione. E l’anno successivo, contro tutte le aspettative, vince il Premio Strega. È la prima (e l’ultima, se non mi sbaglio) che lo vince un autore defunto e lo vince addirittura contro il favorito Pasolini. Alla fine, anche l’Unità lo mette tra i libri consigliati per il Natale del ’59. Il libro comincia a girare all’estero. Nella Germania Ovest viene pubblicato nel ’59 nell’ottima traduzione di Charlotte Birnbaum, fatta a Palermo sotto la supervisione della moglie di Tommasi, dalla Piper Verlag di Monaco di Baviera.
Come è arrivato nella DDR?
Tutto comincia il 18 febbraio 1960 con un biglietto di Alfred Kurella a Else Manske-Krausz, direttrice della casa editrice Rütten & Loening di Berlino Est, che in soldoni dice così: “cara compagna, sono stato in Italia e ho avuto modo di cominciare a leggere il Gattopardo; è un libro di grande valore che vi consiglio; il libro è stato pubblicato da Feltrinelli ed esiste già un’ottima traduzione tedesca di Charlotte Birnbaum per la Piper Verlag”. In questo biglietto ci sono ben quattro anomalie. La prima: che una persona ai vertici del mondo culturale della DDR proponga a una casa editrice una pubblicazione e non viceversa (l’espressione vi consiglio è da intendersi vi ordino). La seconda: Kurella non ha finito di leggere il libro e lo propone a scatola chiusa. Nella prassi editoriale della DDR era una cosa assolutamente impensabile, perché ogni pubblicazione era subordinata al soddisfacimento di chiari requisiti ideologici. La terza: viene nominata la Feltrinelli, che da quella parte della Cortina di Ferro era una parola proibita per la storia del Dottor Zivago, che non uscirà mai in quei Paesi fino al crollo dei regimi comunisti. La quarta: la DDR aveva ottimi traduttori, ma Kurella propone una traduzione occidentale, il che voleva dire un esborso di valuta pregiata, che la DDR allora non si poteva permettere.
Chi è Kurella?
Il nome di Kurella è tuttora in Germania uno dei più controversi. Kurella viene da una famiglia altoborghese: la madre era nobile, il padre noto psichiatra e traduttore di Lombroso per la Germania. Kurella è poliglotta, parla correntemente cinque o sei lingue, tra cui l’italiano, e si converte giovanissimo al marxismo. Nel ’31, dopo un viaggio in Italia, pubblica Mussolini ohne Maske, Mussolini senza maschera, con l’intento di mettere in guardia contro il pericolo del nazismo. Negli anni del nazismo se ne va in Unione Sovietica e fa parte del gruppo che diventerà la dirigenza della DDR. Kurella è lo stalinista degli stalinisti e tace addirittura quando il fratello viene impiccato durante le purghe staliniste.
Era più fedele alla Germania Est o all’Unione Sovietica?
Non esistono documenti che comprovino che fosse una spia, ma corre voce che lo fosse. Dalla seconda metà degli anni ’50 diventa il braccio destro di Walter Ulbricht, primo leader storico della DDR, e, secondo alcuni appunti trovati in archivio, quasi sicuramente anche il suo ghostwriter. Fonda a Lipsia l’Istituto di marxismo-leninismo, dove si formano i quadri del partito, ed è responsabile, di concerto con Ulbricht, della linea culturale della DDR.
Qual è il suo ruolo ufficiale?
È a capo della Commissione Culturale del Comitato Centrale della SED [il Partito di Unità socialista, egemone nella DDR, ndr]. La Commissione è di fatto a livello ideologico-strategico più importante del Ministro della Cultura, la cui attività è coordinata proprio dalla Commissione.
Torniamo al biglietto di Kurella.
La Rütten & Loening si attiva immediatamente e avvia la pratica al ministero. Per la pubblicazione sono necessarie due perizie editoriali che confermino che l’opera è educativa, corrisponda allo spirito socialista e abbia al centro der neue Mensch, l’uomo nuovo. La prima perizia la scrive Bianca Ghiron [che all’epoca teneva corsi di matematica all’Università Humboldt di Berlino Est, ndr]. La perizia di Ghiron è sibillina: da una parte si rifà alle critiche negative uscite su Rinascita, dall’altra considera il romanzo un Meisterwerk, un capolavoro, e conclude consigliandone la pubblicazione. La perizia, però, non è assolutamente convincente. La seconda perizia che ho trovato in archivio è di Ruth Greuner e molto probabilmente è esterna. La perizia esterna veniva richiesta dal Ministero quando c’erano incertezze e quella di Greuner, quadro del Partito, è una stroncatura dall’inizio alla fine: innanzitutto, a suo avviso, il popolo non è protagonista, anzi viene mostrato vinto e umiliato, inoltre le figure di Garibaldi e di Marx sarebbero presentate in maniera assolutamente negativa, se non addirittura spregiativa e non corrispondente al vero. Si riferisce nello specifico al primo capitolo del Gattopardo in cui leggiamo che il principe di Salina, dopo aver ricevuto la notizia dello sbarco dei Mille a Marsala, “notò come il Vulcano del soffitto rassomigliasse un po’ alle litografie di Garibaldi che aveva visto a Torino. Sorrise. Un cornuto.” Anche se poi lo stesso principe, alla fine del libro, cavallerescamente riconosce: “Quel Garibaldi, quel barbuto Vulcano aveva dopo tutto vinto.” e per il cinquantenario dello sbarco dei Mille il nipote di Salina addirittura renderà omaggio a Garibaldi. Quanto a Marx, il principe lo definisce “un ebreuccio tedesco del quale non ricordo il nome”, ma sono convinta che Tomasi non disprezzasse Marx, tutt’altro. La sua famiglia mi ha permesso di accedere alla sua biblioteca e vi ho trovato diverse opere di Marx. La definizione di Marx in bocca al principe di Salina rispecchia il modo di fare di Tomasi, che era una persona estremamente ironica.
Quindi nemmeno Greuner considera opportuna un’eventuale pubblicazione.
Assolutamente no. Siamo al marzo 1960 e il romanzo è bocciato. La Rütten & Loening cerca un’alternativa e viene proposto Rocco Scotellaro [inedito nella DDR e destinato a restare tale ndr], in quanto considerato “figlio e difensore del popolo”. A luglio, quando la casa editrice si prepara a mandare il piano editoriale al ministero, c’è un ulteriore tentativo di “ripescaggio”, circostanza anch’essa assolutamente inedita: in una riunione della redazione ad hoc viene riesaminato il romanzo, che viene bocciato di nuovo. All’inizio di agosto il piano editoriale viene presentato e Il Gattopardo non c’è. A fine agosto si riunisce nuovamente la redazione con un rappresentante del ministero come è prassi, per discutere sui titoli che andranno in stampa nell’anno successivo. Nel verbale della riunione si legge: “si è parlato anche del romanzo di Lampedusa. Il ministero non consiglia, ma non avrebbe niente in contrario alla pubblicazione”.
C’è dietro Kurella?
Non può essere diversamente. Non si è altrimenti spiegabile perché scompaia il “proletario” Scotellaro e perché sia eliminato dal piano Le chiavi di san Pietro di Roger Peyrefitte, un romanzo anticlericale e ideologicamente ineccepibile, per metterci quello di un principe siciliano.
La pubblicazione è ormai cosa fatta?
Ancora no. La mattina del 2 febbraio 1961 c’è una riunione del Comitato Centrale della SED. Già si parla di un muro di difesa antifascista. In archivio ho ritrovato gli appunti di Kurella con accanto la sigla WU (il segretario di Kurella mi ha poi confermato che la sigla significa che i temi sono stati discussi direttamente con Ulbricht). Vengono fissate le linee guida per il Congresso degli scrittori della DDR che si terrà a maggio tra cui c’è la rivalutazione della letteratura borghese di alto livello, che serve a formare der neue Mensch socialista. La sera Kurella partecipa a una riunione al Club der Kulterschaffenden, dove una volta alla settimana s’incontra l’intelligencija comunista. Allora non c’era ancora il Muro e qualcuno arrivava anche dall’Ovest. Quella sera Kurella annuncia la pubblicazione del Gattopardo, come romanzo esemplificativo del nuovo corso.
La postfazione è affidata dalla casa editrice a Kurella.
È una circostanza inedita destinata a non avere seguito. Si tratta di una mossa strategica, probabilmente sollecitata dallo stesso Kurella e che conferma che di tutta l’operazione è lui il deus ex machina. Qui egli traccia le linee programmatiche della DDR, vicina a proclamare la fine dell’era rivoluzionaria e l’entrata in quella socialista, peraltro un adeguamento alla linea di Mosca. Kurella inizia invitando a leggere il romanzo come quando si ascolta una serenata di violino: la prima volta può risultare ostica, c’è bisogno di tempo e applicazione per entrare nello spirito, poi risulta sublime ed avvincente. Il Gattopardo è inteso dunque innanzitutto come romanzo educativo al gusto (primo criterio), un romanzo di formazione. Secondo punto fondamentale è l’adeguamento alla contingenza storica: gli italiani (Kurella si riferisce a Sciascia e alla sua polemica contro Tomasi senza chiamarlo per nome) sono ancora troppo dentro alla loro storia e quindi non possono giudicare in maniera obiettiva, ma la DDR, che ha già superato questa fase, può vedere il romanzo con occhi più limpidi e dunque intendere il vero significato. Kurella fa riferimenti alla propria biografia (era stato rieducatore dei soldati tedeschi caduti prigionieri dei sovietici), a un suo romanzo in uscita, come pure a Thomas Mann, all’antica Grecia e a Roma, al mito di Filemone e Bauci nel Faust e a Goethe per argomentare sul senso di decadenza e nuovo inizio. Sono gli stessi temi che Ulbricht userà nel discorso ufficiale del marzo successivo in cui proclama l’inizio della nuova era. Nell’interpretazione di Kurella Il Gattopardo non è il romanzo che guarda al passato, bensì una lucida proiezione verso il futuro. Capovolgendo i parametri critici occidentali, viene paradossalmente identificato con uno stato pronto ad accreditarsi come il Nuovo e che in nome di questo costruisce il cosiddetto “Muro di difesa antifascista” che dovrebbe proteggere contro le ingerenze del “vecchio” Occidente.
Vi sono altri riferimenti alla contingenza storica?
Kurella termina la postfazione con un parallelo tra Tomasi / il principe di Salina e Johannes Becher, uno degli ideologi della DDR, primo ministro della Cultura e autore dell’Inno Nazionale, lo scrittore per eccellenza della repubblica socialista, accomunandoli nella missione di essere gli araldi di un nuovo mondo che sta per iniziare. Consegna la postfazione alla redazione lo stesso giorno in cui tiene un discorso commemorativo sulla tomba di Becher, in cui usa gli stessi termini, addirittura gli stessi versi per avvalorare le somiglianze con il messaggio del romanzo. Nella postfazione si rispecchiano dunque alla lettera i temi chiave della DDR del tempo, circostanza incredibile ma inconfutabile che fa del Gattopardo il manifesto letterario della repubblica socialista.
Nel frattempo le pratiche editoriali vanno a rilento.
Siamo a fine maggio e al Gattopardo non è stato assegnato alcun contingente di carta, né la valuta per l’acquisto dei diritti. Ufficialmente manca addirittura l’imprimatur del ministero. Mancano cioè gli elementi fondamentali per la pubblicazione. Siamo nella calda estate che culminerà il 13 agosto con la costruzione del Muro e l’editoria è in prima linea nella campagna ideologica in contrapposizione all’Occidente. Tra l’altro è in preparazione una legge che proibisce tutti gli acquisti dai Paesi capitalisti che verrà promulgata in luglio. Si può supporre ancora una volta la longa manus di Kurella o comunque una pressione in alto loco. Sta di fatto che dopo due solleciti da parte della casa editrice, arriva l’assenso dal ministero. Vengono concessi la valuta (diecimila marchi occidentali) e un contingente di carta per diecimila copie (invece delle quattro-cinquemila usuali), eccezioni pure queste. Le bozze vanno in tipografia il 6 agosto 1961, esattamente una settimana prima della costruzione del Muro di Berlino: Il Gattopardo è l’ultima opera occidentale a passare la frontiera.