Raccolti in volume sessant’anni di reportage firmati da Bernardo Valli. Una riflessione sul mestiere e sulla vita di chi è ancora capace di stupirsi
Qual è la perversione che può spingere una persona a comprare e soprattutto a leggere un tomo di oltre mille pagine, come La verità del momento di Bernardo Valli?
Devo ammettere che è questa la prima domanda che mi sono posto subito dopo aver terminato l’incipit di questa raccolta dei reportage pubblicati dal 1956 ad oggi dell’inviato italiano.
Chi scrive, alla domanda «cosa vorresti fare da grande?», risponde con un misto di pudore e contenuta esaltazione di voler fare l’inviato come Valli, magari proprio il giornalista di guerra. Da anni genitori, fidanzate e amici (quelli veri) cercano di farmi deviare verso branche della cronaca altrettanto nobili, ma apparentemente meno pericolose.
Per ora tutti i tentativi sono stati vani e io continuo a dare la stessa risposta, pur riconoscendo che qualche rotella fuori posto devo pur averla. Per il sottoscritto leggere La verità del momento è una sorta di autoesaltazione personale, una mitologia in cui crogiolarsi, un incontro intimo con un uomo che si vorrebbe chiamare maestro.
Cercando di mettermi nei panni di un lettore sano di mente, perché dovrei investire 35 euro (dieci nell’edizione e-book) e ore della mia vita per leggere reportage vecchi di decenni, quando magari non ho il tempo per quelli sul giornale di oggi?
Molti articoli, per quanto attenti nell’analisi e accattivanti nel ritmo della narrazione, rischiano di accusare il peso degli anni trascorsi dalla loro pubblicazione. Aldilà di storici, studiosi e appassionati non è cosa da tutti trovare interessanti gli ultimi mesi al potere dello scià di Persia o la guerra di liberazione in Algeria.
Eppure c’è un elemento che rende prezioso l’intero lavoro di Valli, anche dopo tutti questi anni. Corre sottotraccia per i resoconti inviati dai cinque continenti per mostrarsi con minore timidezza nell’introduzione del volume dove sono raccolte in un centinaio di pagine le riflessioni dell’autore sulla vita di inviato.
Possono cambiare le tecnologie utilizzate, i popoli e le nazioni raccontate, ma una cosa deve rimanere nel bagaglio di ogni cronista: la passione per ciò che si è deciso di fare. La passione che permette di raccontare il mondo con trasporto e partecipazione senza correre il rischio di cedere alla faziosità o agli interessi di parte.
Delle riflessioni di Valli colpisce la confessione di aver sempre preferito passare per ingenuo agli occhi della storia per una narrazione troppo partecipe, piuttosto che rifugiarsi dietro a un resoconto ipocritamente asettico. Ha sempre fatto il suo lavoro restando fedele a questo principio, con la volontà di non cedere al cinismo di chi crede di non poter più provare stupore.
Bernardo Valli, refrattario per natura al ruolo di maestro, non si cita quasi mai all’interno del lavoro di una vita, eppure finisce per regalare una lezione fondamentale a chiunque, non solo allo sparuto drappello di romantici che vorrebbero seguirne le orme.
“La verità del momento” di Bernardo Valli (Mondadori, pp. 1.068, 35 euro, e-book 9,99 euro)