Gli animali delle tre cantiche: Inferno, Purgatorio, Paradiso, riletti e cantati dalla soprano Laura Catrani, con la collaborazione di tre grandi compositori contemporanei
Due eventi stanno al principio della creazione di Vox in bestia, l’ultimo album per voce sola della soprano Laura Catrani: la pandemia e il settecentesimo anniversario della morte di Dante Alighieri. Come ormai sappiamo molto bene, artisti di tutto il mondo si sono trovati ad affrontare una situazione tragicamente unica ciascuno a modo proprio, chi registrando in differita da uno studio all’altro del mondo, chi producendo spettacoli da mandare in streaming e via dicendo. Ebbene, in questo contesto, Laura Catrani ha iniziato a riflettere su un progetto per voce sola (va ricordata la sua precedente esperienza di Vox in femina) da poter costruire in un momento di obbligata solitudine. Era il 2020 e l’anno successivo sarebbe caduto l’anniversario dantesco. Nelle riflessioni sul suo nuovo lavoro era incappata nel suggestivo universo dei bestiari medievali e degli animali fantastici; unire i punti era ormai cosa fatta e così nacque l’idea originaria.
Sempre a causa delle contingenze l’opera, prima di diventare un prodotto discografico, venne immaginata e realizzata come trasmissione radiofonica per Rai Radio 3 in quindici puntate. Ma in cosa consistevano queste trasmissioni? In pratica tre diversi compositori, uno per ogni Cantica, sono stati chiamati a scrivere cinque brani ciascuno ispirati ai diversi animali che si incontrano nella Commedia. Fabrizio De Rossi Re si è occupato dell’Inferno, Matteo Franceschini del Purgatorio e infine Alessandro Solbiati del Paradiso. Oltre ai brani originali il progetto prevedeva la collaborazione dello scrittore Tiziano Scarpa, che ha immaginato brevi commenti alle terzine dantesche, prologhi alle esecuzioni della cantante. Il progetto è approdato ben presto nei teatri e infine nel 2022 si è trasformato in un prodotto discografico per Stradivarius. In quest’ultimo caso i brani sono stati anticipati dalla lettura del passo a cui sono ispirati mentre i testi di Scarpa sono riprodotti a beneficio dell’ascoltatore nel curato booklet del cd.
Vox in bestia è un lavoro sorprendente per svariate ragioni. Prima ancora che a livello musicale, va notata l’eccezionalità del progetto ideato, curato e prodotto dalla stessa esecutrice, con determinazione e competenza rare. L’idea del bestiario è particolarmente interessante; la raccolta, la catalogazione e la descrizione di animali fantastici – e non – ha da sempre affascinato l’uomo, dal medioevo fino ai giorni nostri, con noti esemplari di autori come Cortázar o Borges. Ma in questo caso il fascino aumenta poiché non si tratta di un’immaginaria sfilata come quella del Carnevale degli animali quanto di un compendio di animali danteschi; dunque, legati al contesto narrativo in cui si trovano. L’ascolto diventa quindi un percorso di ascesi parallelo a quello descritto da Dante.
Musicalmente i lavori sono stati composti indipendentemente gli uni dagli altri: non è un lavoro a sei mani bensì il lavoro di tre autori che hanno operato in autonomia e assemblato in un secondo tempo.
È ancora più sorprendente constatare come la poetica di ciascuno si adatti perfettamente al contesto, sia individualmente il compositore con la propria Cantica che a livello d’insieme. Non è a caso che Laura Catrani ha scelto i compositori con cui collaborare e ha affidato i rispettivi ambiti. Dei tre De Rossi Re sembra il più adatto a rendere il caotico e impuro l’Inferno, con una scrittura composita che abbonda di citazioni e stilemi di ogni epoca e stile. Sentiamo il ronzare delle vespe e delle mosche evocate nel terzo canto, l’abbaiare delle cagne nere del tredicesimo canto, perfino un sonaglio che parrebbe quello di Cerbero nel sesto canto. Per chi conoscesse De Rossi Re, basta osservare il suo catalogo di opere per rendersi conto della eterogeneità delle sue composizioni, caratteristica che ben si associa alla simile varietà di atmosfere che si incontrano nell’Inferno dantesco.
Con la stessa pertinenza Matteo Franceschini e Alessandro Solbiati affrontano la propria sfida, quasi si fossero messi d’accordo. La scrittura musicale, man mano che ci si avvicina al Paradiso, si fa eterea e pura, verrebbe da dire. Ancora nel secondo numero del Purgatorio, nel quattordicesimo canto ovvero Botoli, incontriamo abbai inframezzati con melodie cantabili ma questa materialità della musica, questo suo relazionarsi al testo in modo esplicito viene sempre meno in Paradiso dove le parole scompaiono quasi del tutto dalla musica. D’altra parte il divino spesso si fatica a nominare o descrivere e così, probabilmente, gli animali che lo abitano. Le pagine di Solbiati infatti sono drammaticamente forti ma in modo affatto diverso da quelle dei suoi colleghi: vi si respira una solennità nuova, che incute rispetto e stupore. Intervalli, dinamiche e progressioni, sembra tutto limpido e intellegibile.
Altro elemento unificatore è la voce talentuosa della protagonista, Laura Catrani, in grado di esprimere una varietà di scritture stupefacente. In ogni contesto sembra che si trovi a suo agio al punto che il paragone con la Berberian diventa scontato ma non per questo meno lusinghiero. È difficile trovare tanta versatilità in una sola esecutrice, sotto ogni punto di vista, tecnico ed espressivo. Nel corso dell’album si possono ascoltare una miriade di suoni differenti, dai ringhi, alle risate, al canticchiare fino ai suoni più gutturali. Di tecniche vocali, insomma un vero compendio della scrittura per voce del nostro tempo. La sua personalità si fa evidente, traspare dalla voce e pare quasi di figurarsela sul palco mentre interpreta queste pagine.
In copertina: Laura Catrani (foto di Luca Meneghel)