“Blue My Mind”, lungometraggio d’esordio della attrice e filmaker 39enne Lisa Brühlmann, racconta il viaggio di formazione, fisico ma non solo, dell’adolescente Mia (Luna Wedler) attratta dalle esperienze ai limiti della realtà. E dai mutamenti del suo corpo e della mente, capaci di portarla quasi ai limiti della follia. Sotto gli occhi di una madre fredda e lontana, a cui sfuggono troppe cose
Il cinema svizzero è sempre stato, almeno per quanto riguarda le sale italiane, sottovalutato, poco considerato nei cartelloni nonostante la vicinanza, dimenticato per lasciare spazio ai grandi kolossal americani. Negli ultimi anni, però, alcuni registi elvetici hanno creato piccole gemme di cinema indipendente da non trascurare. Tra queste vi è sicuramente Blue my mind, un film legato a temi cruciali, dibattuti da sempre e ancor di più negli ultimi tempi: i giovani e il loro modo di diventare grandi.
La 38enne attrice Lisa Brühlmann, che stavolta debutta come regista dopo aver girato alcuni corti, ha creato un personaggio all’apparenza stabile, che però via via si perde nei meandri della sua stessa mente, andando a scivolare in un gioco senza schemi e via d’uscita: Mia (Luna Wedler), la ragazza in questione, fin dal primo giorno nella nuova scuola che frequenta cerca di ambientarsi, ma risulta essere fredda, come lo sono i colori e gli ambienti all’interno del film. Pare attratta dalle situazioni negative, e da persone che vivono ai limiti della realtà. Mia non vuol essere nè troppo appariscente nè troppo isolata, ma allo stesso tempo fa fatica a inserirsi. Finché si avvicina a un gruppo di ragazzi della sua classe che la fanno entrare in un percorso di droga, feste, azioni folli, tra cui spicca il gioco di strangolarsi finché non si sviene, molto di moda in Svizzera, o il più tranquillo furto di rossetti in un centro commerciale.
Il tutto avviene continuando a vivere sotto il tetto dei genitori, i quali non si accorgono di nulla. O fanno finta di non vedere, dipende dai punti di vista. Il rapporto con i genitori è un altro dei temi fondamentali del film, in particolare la relazione tra Mia e la madre, donna fredda, statuaria, indipendente ma allo stesso tempo poco attenta alla figlia, che si lascia sfuggire troppe cose. Il film segue due filoni di racconto: lo sviluppo personale di Mia e il suo vivere nel mondo. Si accorge di essere diversa dalle coetanee quando improvvisamente sente il bisogno di avvicinarsi all’acqua, o di notte ha l’impressione di soffocare in casa – tanto da dormire per terra – e di dover urgentemente bere dell’acqua salata.
Il suo corpo, in particolare dopo l’arrivo del ciclo mestruale, sta cambiando radicalmente, e sembrerebbe quasi che la regista voglia far vedere quant’è importante questo momento, il passaggio dall’età infantile a quella adolescenziale. Ma Blue my mind è in realtà un horror, o meglio un body-horror come lo definisce la stampa americana: il corpo di Mia è in continuo mutamento, prima diventa qualcosa d’incredibile, a tratti orribile, fino a diventare, alla fine del film, bellissimo.
Ma allora perché questo film ha suscitato tanto scalpore? Perché, fino a un certo momento, decisivo, della storia, non si sa se tutto ciò che vediamo sullo schermo è una proiezione mentale della giovane donna o soltanto, brutalmente, semplicemente, la realtà. Anche il titolo, fortunatamente lasciato uguale all’originale anche in Italia, trae in inganno: leggendolo con intonazione inglese ci si può confondere con l’espressione blew my mind che significa letteralmente “mi è scoppiata la testa”, e ha come sinonimo possibile (ma non necessario) il termine mindblowing, ovvero qualcosa di straordinario al punto da farci esplodere la testa dall’incredulità. Perciò se ci si sofferma solo su questo elemento, si potrebbe pensare che Mia sia pazza, o lo stia diventando. O, viceversa, che la sua storia sia così incredibile da diventare mindblowing, da fare impazzire gli spettatori. Sempre nel titolo troviamo la parola blue: come il colore, o come il mare luogo molto caro a Mia. Per una serie di motivi che si possono scoprire solo andando a vedere il film.