Il folk-singer reinterpreta gli standard immortali della musica USA, resi celebri da The Voice
Dylan e Sinatra? Una strana coppia, in apparenza. Eppure in Shadows in the Night Dylan ripropone alcuni classici della tradizione musicale americana interpretati da innumerevoli artisti, ma per lo più resi celebri dal più celebre dei crooner: Frank Sinatra.
Andare a ripescare il crooning, genere più comunemente associato al piano, al sentimento e al glamour, può sembrare un controsenso per un artista che ha messo in musica i disagi del sottosuolo sociale americano, utilizzando la chitarra. In realtà, il crooning rifatto da Dylan è un’operazione culturale tutt’altro che velleitaria o stravagante per la poetica personale dell’artista. Come? Cerco di dimostrarvelo canzone per canzone.
I’m a Fool to Want You
Sinatra, e Billie Holiday dopo di lui, usavano archi, fiati e una voce rombante. Dylan sostituisce con qualche nota di chitarra, un’atmosfera nuda e quasi inquietante e, soprattutto, mette una voce che raspa e scheggia la superficie dell’amore tormentato del testo, complicando il significato di questo pezzo scritto da Jack Wolf, Joel Herron e Sinatra nel 1951.
The Night We Called it a Day
Atmosfere fiabesche caratterizzano la versione (’41) di The Voice, in un’opulenza musicale stile Tiffany. Le cover successive di Chet Baker e Diana Krall la trasportano in territorio strettamente jazz. Per Dylan conta solo il basso, con la sua pensosa profondità, e il lusso qui diventa ruvida melodia.
Stay With Me
Pieno di religione tra calvari e preghiere, il testo si presta benissimo alla sofferenza della voce spezzata di Dylan, cosí come all’arrangiamento scarno fatto praticamente solo di una chitarra pizzicata. Ancora una volta, less is more.
Autumn Leaves
Tra gli interpreti delle cover di questo pezzo spiccano, oltre a Sinatra, Eric Clapton e Mark Lanegan. Il senso poetico di questa canzone d’amore, prodotta in inglese nel 1947, sta nel testo originale in francese di Jacques Prévert. La versione di Dylan cambia sensibilmente il registro della performance del grande Frank: più graffiante e graffiata, Autumn Leaves secondo Dylan è un’elegia.
Why Try to Change Me Now
Originariamente di Cy Coleman e registrata recentemente anche da Fiona Apple, la versione di Sinatra di questa canzone aleggia più che in altri casi su quella di Dylan. Nonostante l’arrangiamento discreto, si sente ancora la voglia di schioccare le dita a ogni verso, fosse anche con ironia.
Some Enchanted Evening
Di nuovo un tema d’amore interrotto. Del 1949, e interpretato anche da Barbra Streisand e Art Garfunkel, viene trattato in modo molto diverso da Dylan rispetto a Sinatra. Se il grande crooner gli conferisce una leggera malinconia avvolta negli archi, Dylan sostituisce con un grezzo e profondo ululare accompagnato da modeste chitarre.
Full Moon and Empty Arms
In questo pezzo del 1945, originariamente basato sul Concerto per Pianoforte e Orchestra n.2 di Rachmaninov e registrato anche da Mina, Dylan gioca sul contrasto. Le atmosfere sognanti, quasi esotiche, della chitarra pedal steel si fondono con la saggezza della sua voce, roca e senza accenni idilliaci.
Where Are You?
Del 1937, esalta al meglio la voce di Dylan che, sopra un arrangiamento quasi impercettibile, con tutta la sua gravitas e sofferenza si chiede “where is my happy ending?”, come un viandante stanco ma ancora ispirato.
What’ll I Do
Un pezzo di Irving Berlin del 1923, interpretato da Sinatra e Judy Garland fra gli altri, per Dylan ha un senso di melodia vocale molto forte. Il tono, però, è privo di virtuosismo poiché il dolore e l’autenticità regnano. Sentimenti che in questo disco, ormai è chiaro, sono la regola.
That Lucky Old Sun
A questo pezzo del 1949, registrato in passato anche da Johnny Cash e Aretha Franklin, Dylan dona potenza e vulnerabilità allo stesso tempo. La chiave è tutta nell’ultimo acuto, dove la voce si trascina, con gloria e poi con abbandono, sopra la cheta esplosione dei fiati.
Bob Dylan non è il primo, nè sarà l’ultimo, a voler dare la propria impronta a questi classici. Ma il suo marchio originale è l’erosione di orchestrazioni, brillantina e spettacolarità per mantenere solo le emozioni, nude e crude.
In fondo, queste canzoni sono anch’esse canzoni folk – nel suo significato letterale di popolare, comunitario, della gente – perché fanno parte di una tradizione culturale che ha influenzato tre generazioni di ascoltatori. E diventano folk grazie al tocco magico di Bob Dylan.
Shadows in the Night, Bob Dylan (Columbia Records)
Foto: Heinrich Klaffs