A capodanno siamo tutti in vena di bilanci e buoni propositi. Allora ecco a confronto la mostra di Bramantino in corso a Lugano con quella milanese del 2012
Settimana prossima chiude “Bramantino. L’arte nuova del Rinascimento lombardo”, curata da Mauro Natale nelle sale del Museo Cantonale d’Arte di Lugano. La mostra ha fatto discutere molto gli specialisti, a cominciare da Giovanni Agosti, Jacopo Stoppa e Marco Tanzi. I tre, curatori nel 2012 di Bramantino a Milano al Castello Sforzesco, hanno detto la loro con una minuziosa recensione, di precisione millimetrica, pubblicata sul blog storiedellarte.
Non c’è dubbio che Bramantino a Milano sia l’antefatto sul quale misurare questo “Bramantino a Lugano”. La rassegna milanese è stata la prima monografica mai dedicata all’artista bergamasco: proponeva un progetto scientifico solido e vantava un poderoso riesame di bibliografia e documenti.
Un’iniziativa che gli “addetti ai lavori” auspicavano da decenni, e che assumeva in quel frangente storico un valore politico-culturale non secondario. Viene perciò spontaneo, anche al visitatore più profano, chiedersi per quale ragione organizzare a soli due anni di distanza un’altra mostra sullo stesso artista.
A Lugano non ci sono inediti o scoperte capaci di rivoluzionare il profilo di Bramantino così come era stato proposto nel 2012. La mostra si regge tutta sulla volontà di offrire una ricostruzione alternativa del percorso dell’artista, in forza di approfondimenti che, in direzioni o con strumenti differenti rispetto a quelli milanesi, cercano di rinnovare e spingere più in là i traguardi già raggiunti.
Se il luogo dove si organizza una mostra contasse qualcosa, ci si sarebbe aspettati maggior attenzione all’influenza di Bramantino sulla cultura figurativa del Canton Ticino, un contesto che orbita attorno al “Rinascimento lombardo” del titolo e che meriterebbe uno sforzo di indagine sistematica. Invece, il vero asso nella manica della mostra di Lugano, la carta capace di fare la differenza, insomma, sono i prestiti illustri.
Il mazzo di Milano ne era sprovvisto, ma erano le regole del gioco. Diversamente, Natale ha avuto la possibilità di convocare sulle rive del Ceresio opere mozzafiato di Bramantino conservate all’estero: una su tutte, l’Adorazione dei Magi della National Gallery di Londra, che da sola vale il biglietto d’ingresso.
Nonostante ciò, tranne qualche eccezione, risulta invece deludente la selezione delle opere degli altri artisti. Almeno tanto quanto la decisione di relegarne la maggior parte in sale separate o negli spazi di passaggio, evitando un dialogo effettivo con quelle di Bramantino.
Insomma, come ogni mostra, anche questa ha i suoi pregi e difetti, sul piano scientifico come su quello museografico, alcuni più evidenti e altri più celati. Impossibile rendere conto qui di ogni dettaglio: chi ha occhi per intendere, intenda.
Ai bilanci seguono solitamente i buoni propositi: sperando che questi ultimi non restino disattesi come da copione, il nostro augurio è che sui temi scientifici e non possano nascere occasioni di confronto, per evitare una guerra dei bottoni, che, in un grottesco gioco di duplicazioni, rischia di nuocere alla qualità e all’utilità delle mostre, lasciando confusi e amareggiati.
Foto: Bramantino, Cristo Risorto (part.), Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza.