Diverte la terza avventura, in puro stile sarcastico british, della star pop in pigiama di flanella (Renée Zellweger sempre in forma), che si ritrova all’improvviso incinta, ma non sa se di Colin Firth o di Patrick Dempsey. E per compensare la strana dipartita di Hugh Grant, scende in campo stavolta, con performance strepitosa, Miss Thompson, in uno dei ruoli più divertenti della sua carriera
Sembrava di essere rimasti fermi a 15 anni fa quando Bridget Jones, abbandonata all’ultimo minuto per la serata da tutte le amiche ormai diventate mamme, festeggia il suo 43mo compleanno da sola in pigiama sul divano di casa bevendo vino. E invece – sorpresa! – la single più imbranata, anarchica e amata del grande schermo non si autocommisera cantando All by Myself, ma si scatena sulle note di Jump Around, e torna con una nuova, brillante avventura, titolo Bridget Jones’s Baby, in cui, lo diciamo subito, si ride. E tanto.
Sepolto – nel vero senso della parola, con una sequenza esilarante dove la metà delle modelle dell’Est Europa che vivono a Londra si ritrova per piangerlo – il boss donnaiolo Daniel Cleaver (ormai era noto da tempo che Hugh Grant avesse deciso di non prendere parte al film, ma francamente, visto il risultato, ci siamo chiesti: “Perché?!”), Bridget si presenta qui più magra, più saggia e professionale nel suo ruolo di top news producer, e anche più incline ai guai. Dopo aver trascorso una notte di passione con l’aitante americano Jack Qwant, conosciuto a uno scatenato festival musicale, e un’altra con il mai dimenticato Mark Darcy (Colin Firth), scopre di essere incinta. E ovviamente – in puro stile Bridget Jones – non ha idea su chi sia il padre del bambino.
Replicare il successo dell’esordio non era semplice, perché nel 2001 il film catturava alla perfezione un momento ben preciso della cultura pop, ma questo terzo capitolo (dove Sharon Maguire torna alla regia) è quasi divertente come il primo, e di gran lunga più ritmato e inventivo del secondo, grazie a una sceneggiatura spassosa e intelligente, ricca di quel british humor graffiante che ha reso la protagonista un’eroina moderna. Formula che vince non si cambia, insomma, anche se a tratti può sembrare un po’ sorpassato il tradizionale triangolo tra due uomini all’opposto e la protagonista, e gli scivoloni, le faccine di Bridget. Però tutto viene mixato nel modo giusto, tra quello che ci si aspetterebbe, che ormai ci è familiare, e qualche fresca e simpatica novità.
Renée Zellweger rientra nel pigiama di flanella che le calza come un guanto (per Il Diario di Bridget Jones fu anche nominata all’Oscar) e con il solito coraggio e aplomb guida un ottimo cast senza, per fortuna, essere troppo penalizzata dai “ritocchini” estetici. E mentre Patrick Dempsey con il suo personaggio, un imprenditore che ha calcolato l’algoritmo dell’amore, riesce in fascino e ironia a sostituire degnamente Hugh, Firth – il rigido avvocato appena divorziato e qui impegnato nella difesa di un trio simil-Pussy Riot – non perde lo charme del Darcy di Orgoglio e Pregiudizio. Ma è l’irresistibile ginecologa interpretata da Emma Thompson (che del film è anche una degli sceneggiatori insieme alla creatrice della saga Helen Fielding e a Dan Mazer, collaboratore di fiducia di Sacha Baron Cohen) a rubare la scena a tutti, grazie a uno dei ruoli comici più riusciti della sua carriera.
Se sul finale un po’ troppo confortevole qualche critica da fare ci sarebbe, che sia Jack o Mark per tutta la vita poco importa….Bentornata Bridget Jones!
Bridget Jones’s Baby, di Sharon Maguire, con Renée Zellweger, Colin Firth, Emma Thompson, Patrick Dempsey, Jim Broadbent, Gemma Jones