Scoppiati. Tra i banchi

In Weekend

Burnout a scuola: allo sportello “Io ascolto” di Milano chiedono aiuto due insegnanti alla settimana. Ma le risorse per sostenerli dove sono?

Chi sono i più colpiti e quanti sono? Al momento non è possibile disporre di cifre esatte, solo di dati tendenziali. Anna Di Gennaro, responsabile dello sportello Io ascolto, aperto a Milano nel 2010, dedicato agli insegnanti in difficoltà, rileva però che in questi ultimi due anni, solo nel capoluogo lombardo «ne abbiamo avuti almeno uno alla settimana» e aggiunge che il fenomeno  colpisce prevalentemente la fascia di età tra i 50 e i 55 anni.

Serpeggiava da tempo con manifestazioni di disagio sporadiche, poi man mano il fantasma è andato materializzandosi con maggiore frequenza e in maniera più evidente. Sto parlando dello stress dell’insegnante, di quella sindrome del burnout che si accompagna a demotivazione, assenza di autostima, sensazione di fallimento e che si ripercuote anche sul piano fisico con manifestazioni di insonnia, stanchezza, affaticamento eccessivo per tutto il giorno.

Attenzione: non si tratta del disagio dai contorni riconoscibili e analizzabili sulla base di categorie note come il momento storico, la crisi generale o una riforma in arrivo che non piace quasi a nessuno, ma di un malessere specifico che colpisce le cosiddette professioni di aiuto, come educatori, medici, infermieri, sacerdoti, nelle quali la relazione tra i soggetti interessati presuppone un forte coinvolgimento personale.

Questa a grandi linee la diagnosi degli addetti ai lavori sul burnout. Ma che cosa accade di fatto nella scuola, nelle singole scuole? Fino a qualche tempo fa e per ciò che la mia esperienza mi consente di documentare, dirigenza e collegio dei docenti hanno quasi sempre gestito con discrezione  le situazioni difficili, mentre per i casi non gestibili in cui si potevano ravvisare indizi di natura psichiatrica  (ovviamente certificati), si allontanava  il docente dalle classi e gli si affidava un’altra mansione, di solito come addetto/a alla biblioteca.

Non è più così  almeno da quindici anni, da quando cioè non sono più consentiti incarichi con diversa funzione, per mancanza di risorse. Al tempo stesso però  il problema è venuto acuendosi, aggravato dalla scarsa considerazione sociale e soprattutto dalle smagliature sempre più larghe del tessuto solidale all’interno della scuola.

A raccogliere gli elementi di malessere dei docenti, a metterli insieme e renderli tema portante del primo corso in Italia destinato ai presidi è stata l’associazione Diesse (Didattica e innovazione scolastica) Lombardia.

Una novità assoluta, anche in considerazione della gratuità concessa ai partecipanti per 48 ore di lezione in presenza e 32 online. Una goccia nel mare, ma comunque un segno di attenzione. In estrema sintesi l’iniziativa si propone di attrezzare i dirigenti scolastici di una sorta di prontuario che individui i segnali premonitori della sindrome al fine di salvaguardare la salute e la serenità degli insegnanti e degli studenti.

Vittorio Lodolo D’Oria, medico, esperto di burnout nel mondo scolastico e relatore del corso, sostiene che in realtà «i capi d’istituto sarebbero obbligati a farlo per legge: il decreto 81 del 2008 impone ai datori di lavoro di monitorare il benessere del personale e di mettere in campo strumenti di prevenzione, ma poiché  lo Stato non ha mai stanziato risorse effettive, alla fine nessuno lo fa».

Una domanda mi sorge spontanea: i  20 presidi che hanno frequentato il corso, una volta individuati i docenti in difficoltà, come potranno intervenire in assenza di risorse?

Foto di Windfr1, Quando la stanchezza ci assale

(Visited 1 times, 1 visits today)