Appunti sulla storia della musica brasiliana, a partire dai poeti di Perdizes fino ai successi dei due grandi “Tropicalisti”. Tra cultura di massa e musica d’avanguardia
Il quartiere di Perdizes a San Paolo è un sorprendente susseguirsi di ripide discese e salite, strade strette e silenziose tra bei palazzi residenziali dell’alta borghesia paulista. Può ricordare le strade di San Francisco o richiamare le rotondità dell’architettura di Lucio Costa e Oscar Niemeyer, sviluppate nella nuova capitale inaugurata nel 1960.
Un luogo particolare nell’immensa giungla metropolitana della più grande città dell’emisfero australe, un luogo che ha un ruolo fondamentale nella storia della letteratura e della canzone popolare brasiliana. Siamo negli anni cinquanta: tre giovani studenti di giurisprudenza, i fratelli Augusto e Haroldo de Campos e Decio Pignatari, cominciano la loro lunga e fruttuosa ricerca artistica, divorando indistintamente trattati di musica contemporanea e di semiotica, raccolte di poesia sperimentale o di lirica greca e incontrandosi per scambi di idee e valutazioni sulle proprie creazioni poetiche.
Saranno i fondatori della poesia concreta, un movimento avanguardistico di estrema importanza nel panorama internazionale degli anni cinquanta. La rivoluzione risiede in un cambio radicale di prospettiva: l’attenzione si sposta dal significato del testo ai suoi elementi costitutivi. Parole, sillabe, fonemi.
L’intento è quello di penetrare nella materia prima del linguaggio, scomponendolo per poi ricomporlo a livello visivo e sonoro. Veri e propri “poemi visuali” i cui primi esempi trovo appesi lì davanti a me, nel salotto di Augusto, in un giorno di inizio dicembre dell’anno passato.
La forza di Augusto De Campos sta nell’aver capito fin da subito la necessità di non “chiudere porte”, di non limitarsi a un ambito culturale o di genere. Sulla sua scrivania, nel corso degli anni, si susseguono pagine di compositori contemporanei dimenticati o sconosciuti in Brasile, a partire dal suo adorato Webern fino agli estremi quasi folli di Nancarrow o Scelsi, ma anche autori non “eruditi”, veri punti di riferimento della tradizione popolare brasiliana. A me parla anche di molte cose legate all’Italia, dall’impostazione gramsciana del movimento concreto all’ammirazione per Luigi Nono e per l’editore Vanni Scheiwiller, alla villa di Rapallo dove Ezra Pound visse per tanti anni.
Il legame con la musica popolare è un’intuizione miracolosa, sintesi tra avanguardia e tradizione. Testi come quello di Bat Macumba cantato dagli Os Mutantes nel 1968 sono emblematici. L’intera canzone ruota attorno a Bat Macumba ê ê , Bat Macumba ôba, una serie di dodici sillabe, cantate prima per intero e poi ridotte man mano fino al “nucleo generatore” bat.
Che si trattasse di samba classico o di “Bossa Nova”, del forrò o della musica gaucha del Rio Grande do Sul, il Brasile offriva ad Augusto un universo sonoro di ricchezza sconcertante, nel quale bisognava solo individuare le stelle più luminose.
E tra queste non poteva mancare quella di Caetano Veloso, definito con affetto “incantatore di moltitudini”, che più di ogni altro strinse con lui un’amicizia profonda. Il brano del 1966 Boa palavra, e poi quelli dell’anno successivo Alegria Alegria insieme a Domingo no Parque di Gilberto Gil sono musica rivoluzionaria, capace di superare i limiti e i tabù imposti dal regime militare.
E il successo non si fa attendere: il ruolo di opposizione politica al regime nel contenuto esplicito dei testi ma anche nella forma ibrida della musica (mix di samba, bossa nova, avanguardia europea, tradizione africana e pop americano) mostrano l’inesistenza di barriere nazionali e nazionalistiche nella creazione artistica.
Da qui in avanti sono solo altri trionfi. Il disco Tropicalia di Veloso del 1968 che sancisce la nascita del movimento culturale Tropicalista (al secondo posto nella lista dei cento più grandi dischi di musica brasiliana secondo l’autorevole rivista Rolling Stone Brazil) e successivamente le splendide letture di poemi sperimentali di Augusto, quali Dias Dias Dias e O Pulsar, musicati sempre dal musicista baiano.
Quella che trova le sue radici nelle vie di Perdizes, allora, è musica ma anche cultura di massa, urlo di protesta e avanguardia allo stesso tempo. L’enorme successo di artisti come Veloso e Gil a partire dagli anni sessanta risiede nella capacità di offrire al pubblico qualcosa di più elaborato, che lo spinga a partecipare in maniera intelligente e non passiva; includendo il linguaggio del corpo e dunque il carattere trasgressivo dell’abbigliamento e dei gesti, in parte ripreso dal contemporaneo rock&roll inglese e americano.
Così facendo, questi due musicisti in particolare, non si sono chiusi nel comunicare con un pubblico internazionale. Caetano Veloso e Gilberto Gil possono essere considerati, ancora oggi, i veri eredi dei poeti di Perdizes e del loro patrimonio creativo, teso insieme alla tradizione e verso il futuro.
Sul palco di Villa Arconati saliranno insieme l’11 luglio per quello che si annuncia un concerto-evento. Un appuntamento da non perdere per chi ama la musica nella sua totalità, senza vacue distinzioni tra musica popolare e musica “alta”.
Con questi due artisti ricominciamo a imparare che la locuzione “musica popolare” non indica necessariamente prodotti di massa ma soprattutto le radici sonore di un popolo e della sua storia, dei suoi successi e delle sue tragedie.
Caetano Veloso e Gilberto Gil a Villa Arconati, 11 Luglio 2015, ore 21
COSA NON PERDERE da oggi al 13 luglio
Ravi Shankar, virtuoso di sitar e compositore, apre l’appuntamento di mercoledì 8 luglio a Villa Simonetta per “Notti trasfigurate“ con il suo “L’aube enchantée” proposto da Alessandro Liberatore al flauto e Tarek Afifi alla chitarra. Ore 21, ingresso gratuito.
L’Orchestra di Via Padova, gruppo multietnico che spazia fra ritmi africani, musica classica, ballate balcaniche, blues, funky e canzone d’autore italiana in concerto venerdì 10 luglio al Carroponte, ore 21.30, ingresso gratuito.
George Benson di nuovo in scena con la sua inseparabile Ibanez GB10 a sei corde al Teatro degli Arcimboldi lunedì 12 luglio, ore 21.
Immagine: Jazz Fest Wien Team