Due animali, la luna, Landolfi & Vian: Crippa e Calindri diretti dalla prima e alle prese con convenzioni e convinzioni…
I due personaggi protagonisti di Fuga in città sotto la luna non sono due animali da compagnia in senso stretto, ma sono nondimeno di ottima compagnia. Nei settanta minuti di questo spettacolo doppio, prodotto dal Teatro dell’Elfo, la Cagna (Cristina Crippa) e il Lupo (Gabriele Calindri) intrattengono lo spettatore con un linguaggio che, con i suoi termini forbiti e le sue espressioni arcaicizzanti, diventa paradossalmente sinonimo del loro candore e della loro orgogliosa diversità psicologica. Questo gli permette di mettere in risalto – senza fare della retorica pedante – la distanza che li separa dagli uomini frettolosi e aggressivi, incapaci di contemplazione.
Se la Cagna – uscita dalla Favola di Tommaso Landolfi – e il Lupo – proveniente dal pirotecnico Il lupo mannaro di Boris Vian – risultano dei narratori carismatici, il merito è soprattutto della stilizzazione da cartoon ricercata dalla regia di Cristina Crippa. La Cagna è un’archetipica “grande madre” sciattona e pulciosa mentre il Lupo (al secolo Denis) è praticamente un Cary Grant in versione ferina, nobile d’animo, comicamente scattante e narcisista. Entrambi gli animali rievocano la propria unica escursione in città, rendendo un po’ superflue – con le loro diverse qualità affabulatorie – una scenografia simbolica non troppo memorabile e le musiche onnipresenti.
La Cagna racconta ai suoi innumerevoli cuccioli (seduti in platea) la sua intensa passione per una statua incontrata una volta durante un viaggio giovanile a Sud, nonché il suo tentativo di ritrovare la statua medesima anni dopo, dopo aver già sgravato infinite volte… ma senza per questo essersi svuotata della sua propensione per la poesia. Il Lupo Denis – colto e pacifista – invece giunge a Parigi per trarre vantaggio da una sua provvisoria trasformazione in uomo; ma al di là dei piaceri superficiali che riesce a carpire, non può che constatare che gli uomini sono dominati dalla stessa insensata inclinazione alla violenza che nelle favole viene immeritatamente attribuita ai lupi.
La Cagna e il Lupo dissezionano le nostre convenzioni e le nostre convinzioni, utilizzando il ribaltamento delle prospettive come spago per tenere insieme lo spettacolo, brutalmente diviso in due tronconi un po’ sbilanciati in favore dell’amabile Lupo dandy. Anche se i personaggi non si incontrano, la Crippa e Calindri convivono negli stessi spazi: una recita e l’altro tace e viceversa, e chi tace aiuta l’altro nei suoi numeri, magari con un accenno di sorriso sulle labbra, perché dev’essere molto spassoso condividere il palco con un cartone animato in azione.
(Foto di Luca del Pia)
Fuga in città sotto la luna, di Cristina Crippa, all’Elfo Puccini fino al 16 giugno