Due serate, 28 e 29 per recuperare il trentennale del suo primo disco “All’una e trentacinque circa” ma anche per lanciare il suo ultimo libro, “Eclissica”, un album di ricordi diviso in dieci lampi e dodici eclissi, appunto
E con piacere ci si rioccupa di Vinicio, ovviamente Capossela. Come i grandi artisti amati dal mondo, lo si chiama per cognome. Anche lui è parte del festoso circo di JazzMi, musica diffusa per la città finalmente dal vivo dopo i due anni di parentesi causa pandemia e affini.
Come spesso accade, i concerti di Vinicio a Milano sono già sold out prima di poterli annunciare: l’uomo recupera il trentennale del suo primo disco All’una e trentacinque circa con quattro concerti al Blue Note previsti per domani 28 e venerdì 29 ottobre. La location è stata scelta in linea logica con il suono del disco, decisamente jazz e quindi da suonare in un club raccolto e intimo. E poi sicuramente anche per essere “dentro” un locale notturno, come racconta la title track dal punto di vista di un barista che sa che arriva un’ora particolare in cui le serate vanno a finire, almeno ufficialmente.
Il primo album di Vinicio è figlio di un intuizione di Renzo Fantini e Francesco Guccini, che ascoltarono la classica cassetta demo e decisero che questo personaggio strambo e timido meritava una chance discografica.
Racconta Luciano Linzi, direttore artistico di JazzMi e della casa del Jazz a Roma e all’epoca appena entrato in CGD (casa discografica del primo album), che Renzo Fantini ottenne un contratto che garantisse Vinicio con uno stipendio mensile per permettergli di crescere con calma senza la paura di un (eventuale e possibile) flop al primo disco. Invece l’album vinse il Premio Tenco come opera prima e andò subito bene anche tra il pubblico, oltre che fra gli addetti ai lavori. “Ho visto musicisti come Silvestri e Bersani ringraziarlo personalmente per All’una e trentacinque circa – racconta Linzi – e lo stesso Vinicio ha un rapporto di profonda gratitudine con questo suo primo LP. Quando un anno fa gli ho proposto il progetto ha subito accettato con entusiasmo”
All’epoca Vinicio era “ripulito”, senza barba e cappello e addirittura con la cravatta e l’aria stilosa. Si usciva dagli anni ottanta e l’immagine cominciava ad avere una sua importanza: l’idea era quella di avere in copertina un giovane jazzman che vive di notte con aria assorta e “capita”…guardandola oggi appare decisamente datata.
L’album invece suona attualissimo, ed è già un abbecedario delle tematiche caposelliane: poesia quotidiana, male di vivere, losers di varia umanità, il vino e le donne che attraversano come vento tutte le canzoni. E i riferimenti più classici della prima parte della carriera di Vinicio: Tom Waits, i cantautori, Paolo Conte (nel disco suonavano molti dei musicisti dell’avvocato come Jimmy Villotti, Enrico Lazzarini e Antonio Marangolo. Fantini era il manager di Conte e Guccini e lo divenne poi di Capossela fino alla sua scomparsa qualche anno fa) e tanta magica malinconia.
Pezzi come Scivola vai via, Una giornata senza pretese, Stanco e perduto sono da sempre parte integrante della ideale antologia dello spleen di Vinicio nei confronti della vita e delle sue conseguenze. E sono tutte presenti nel primo album, che regge bene l’insidia del tempo anche grazie agli arrangiamenti di Antonio Marangolo, che colora di jazz e tenerezza molti passaggi importanti.
Ricordo che all’epoca Vinicio era spedito nei programmi tv a fare promozione dei suoi dischi, e si trovava impigliato in situazioni e meccanismi che non gli assomigliavano per nulla. Io facevo l’autore tv proprio in programmi musicali, e ricordo che una volta dovetti “salvarlo” dalle idee promozionali di qualche ufficio stampa che cercava di fargli fare siparietti vari fra una soubrette e una telepromozione. Capii dal suo sguardo implorante che non poteva dire di no, ma che NON voleva fare nulla di più che cantare….e lo aiutai ad uscire dall’imbarazzo.
Ma i concerti al Blue note non sono l’unica notizia del mondo di Vinicio, che come è noto non sta mai fermo e produce idee e storie a ciclo continuo. Da qualche settimana è uscito il suo ultimo libro, Eclissica, per Feltrinelli. Un robusto tomo di quasi seicento pagine che raccoglie il suo diario di bordo degli ultimi due anni fatti di lockdown e di mancanze di concerti. Diviso in dodici eclissi e dieci lampi, nei fatti è una raccolta di ricordi, riflessioni sull’attualità e godibili avventure sempre in bilico fra ironia e amarezza per una realtà che Capossela osserva, con il suo sguardo obliquo ed elegante nella fantasia della continua metafora.
Eclissica diventa a mio parere interessante quando Capossela mette a disposizione del lettore il suo sguardo sull’attualità quotidiana, oltre il racconto epico delle sue storie piene di personaggi incredibili e immaginifici. Le sue riflessioni sulla pandemia, sul Papa da solo a pregare in piazza San Pietro, ma anche sui tram vuoti che passano la sera davanti alla stazione Centrale (abita in zona da una vita) visti dal suo angolo preferito fanno la differenza. E poi una camionata di racconti, quasi a fare un punto a capo degli ultimi anni: le storie attraversano un tempo che va dal 1998 al 2020, e l’incedere affabulatorio di Vinicio è bello da leggere ed ascoltare. Come le parole di uno degli artisti più lucidi, poetici e consapevoli degli ultimi trent’anni.
In copertina: foto di vinicio capossela © Agne Raceviciute