Rapporto complicato quello tra docenti e padri e madri che sempre di più chiedono loro di essere troppe cose: insegnanti, psicologi, grandi motivatori
«Sulla scuola ci si gioca tutta la crescita economica, la dignità dell’insegnamento, il patto educativo con le famiglie, la qualità della vita nelle città. Tra dieci anni saremo giudicati non per lo ‘zerovirgoladipil’ , ma se saremo stati capaci di ridare dignità alla scuola».
Così Matteo Renzi il 31 luglio 2014, in una dichiarazione d’intenti solenne quanto indeterminata. In quella stessa occasione annunciava inoltre il ‘cantiere’ più importante: tre mesi di consultazioni con docenti e famiglie intorno al nuovo progetto di riforma.
La chiamata dei genitori a formulare proposte di riscrittura di una nuova legge sulla scuola, costituisce, anche se in modo parziale, una novità importante. Ufficialmente i genitori sono entrati nella scuola nel 1974, con i cosiddetti Decreti delegati, in base ai quali sono diventati di fatto una componente rilevante in termini di presenza e intervento.In seguito sono sorte numerose associazioni di varia ispirazione, prima fra tutte il Forum Nazionale Associazione Genitori nella scuola), l’ Associazione italiana Genitori, l’Associazione genitori scuole cattoliche e tante altre ancora,che sono intervenute e continuano ad intervenire con proposte integrative del progetto di riforma.
Quanto forte sia il peso del mondo dell’associazionismo non so dirlo, ciò che constato è che la grande parte dei genitori interviene sempre più raramente agli appuntamenti collegiali, limitandosi ai colloqui individuali, preferiti perché si parla concretamente del profitto e della condotta del proprio figlio a prescindere dalle dinamiche del gruppo classe.Da qualche tempo la comunicazione scuola/famiglia avviene per via telematica, ciò nonostante l’incontro privato con l’insegnante riscuote ancora un discreto successo.
Dopo lunghi anni di insegnamento, anche in qualità di coordinatrice di classe, ho collezionato una vera e propria galleria di tipi umani, di vario carattere,di diversa estrazione sociale e culturale, dai gentili agli aggressivi, dai queruli ai perentori , dai ragionevoli agli emotivi, dai severi ai ‘negazionisti’.
Da questo repertorio attingo elementi utili per formulare alcune considerazioni sul tema, senza però aver fatto una premessa importante: in ogni situazione,dalla più grave alla più leggera, senza che la mia convinzione potesse minimamente trasparire, mi sono sempre posta dalla parte dello studente, non in quanto tale, ma in quanto adolescente,’ in cammino’; e di conseguenza, pur comprendendone le difficoltà e/o le aspettative, raramente sto dalla parte dei genitori.
Che cosa chiedono questi ultimi in sostanza all’insegnante? Competenza, professionalità, attenzione, ascolto, severità ma non tanta, assunzione di ruoli diversi dalla semplice docenza, come ad esempio quello di psicologo, sociologo, medico e soprattutto di ‘grande motivatore’. Capisco, ma devono capire anche loro.
Capisco, ma anche madri e padri devono cercare di capire che, a parte il rischio di approssimazione in ambiti non propri, l’insegnante non è un precettore che segue un solo allievo e ne conosce ogni moto dell’animo, ma mediamente cinquanta/sessanta; per non parlare della riserva non illimitata di energia fisica e psichica.
In qualche caso, forse unico caso, mi sono sentita colpita e inadeguata, quando una mamma, e non credo sia unica, ha detto che suo figlio, prossimo alla maturità, è fermo, ovvero non mostra segni di crescita. Da molto tempo. Come se non fosse andato a scuola.
Renzi, quanto c’è da lavorare!
Foto: Fabrizio Monti