Sebastiano, in terra, ha una vita in pezzi: una matrimonio finito, un padre che avrebbe preferito non rivedere, un naufragio di legami interrotti. Sospeso nel vuoto, mentre giorno dopo giorno controlla lo stato dei lampioni che deve catalogare per l’azienda nella quale lavora, rivede dall’alto i luoghi che sono stati della sua infanzia, e riallaccia il filo con il suo passato. Quarto romanzo della collana Fremen di Laurana, “Il censimento dei lampioni” è l’opera, struggente e delicata, di Carmelo Vetrano.
Dall’alto di un cestello meccanico, osservatorio provvisorio e instabile, Sebastiano procede a censire i lampioni per il lavoro che svolge insieme al padre presso la Electric Sole. Ma da quel cestello sospeso Sebastiano poserà il suo sguardo sul mondo che lo circonda e sulle persone che lo compongono per arrivare a ritrovare sé stesso.
Il censimento dei lampioni è il romanzo di esordio di Carmelo Vetrano, edito da Laurana nella collana Fremen curata da Giulio Mozzi. Come i Fremen, protagonisti del ciclo di romanzi Dune di Frank Herbert che hanno fatto del deserto disabitato e inabitabile la propria casa, la propria forza, la propria risorsa, anche Sebastiano, il protagonista ventisettenne, si muove all’interno di un territorio scarno e arido, quello del Salento, la sua terra d’origine.
Da lì cominciava anche una distesa di tetti, e una fila di lampioni si sgranava lungo una strada di cui non si vedeva la fine perché la luce del sole a un certo punto se ne mangiava un’estremità. […] Quella zona non aveva niente che la caratterizzasse; era una zona di transito che collegava la campagna al paese, il ponte che serviva a trasportare gli sguardi da un’estetica a un’altra. Una striscia di asfalto, due lampioni, qualche casa.
Un mondo rarefatto e sfuggente, a cui, dopo un periodo vissuto all’estero, Sebastiano ritorna per presentarsi in tribunale a causa della sentenza di separazione dalla moglie Magda, divenuta nel frattempo compagna di Bruno, padre del protagonista.
Sebastiano si trova a lavorare al fianco del padre, un padre che aveva abbandonato la famiglia anni prima e con cui ha forti dissapori.
Saltai giù e chiusi la portiera con tutta la rabbia che provavo, a mio padre gli si chiusero gli occhi per un attimo.
“E adesso?” lo sentii dire da dentro l’abitacolo. “Qui non è rimasto nessuno.” L’uomo che doveva chiudere il cancello mi aveva visto scendere e veniva verso di noi. “Problemi?” urlò quando era ancora a metà del piazzale. Guardai mio padre che teneva le mani sul volante e aspettava. Sì, volevo dire, c’è un problema molto grosso, e si trova dentro questo camion.
Ma la storia di Sebastiano non prende luce soltanto attraverso il confronto con il padre, lo fa anche per mezzo di alcune figure femminili: la madre, la sorella Elisabetta, l’ex moglie Magda, una giovane artista di nome Lisa. Figure solitarie come i lampioni che censisce, a cui Sebastiano si avvicina per annotare dei tratti e recuperare i propri ricordi, allontanandosi subito dopo. E anche i dialoghi seguono questo processo: un avvicinamento temporaneo, battute che mostrano senza denudare e a cui segue un ritrarsi, un allontanarsi dalla conversazione, come se ci fosse un pudore che deriva dalla consapevolezza che non ci si può mai mostrare del tutto e abbiamo il diritto di mantenere le nostre ombre protette da un velo.
Lisa muoveva gli occhi con rapidità, addentava il panino, sembrava che avesse consumato le parole; forse, se ne aspettava da me. Deglutì e mi guardò.
“Non parli molto, sbaglio?” Mi dava fastidio doverlo ammettere, sentirmi scoperto, pensavo di essermi lasciato alle spalle questo problema. Neanche stavolta comunque lei aspettò una risposta. “Allora, cos’è che fai con questi lampioni?”
Il censimento dei lampioni è un romanzo delicato. Al suo interno Carmelo Vetrano procede a sviluppare un discorso poetico proprio grazie ai lampioni che da semplici oggetti di arredo urbano da censire divengono dei personaggi con un vissuto che Sebastiano osserva e racconta e da cui scaturisce la possibilità per il protagonista di ritrovare i suoi ricordi e sé stesso e la possibilità per noi di partecipare alla sua storia personale.
A volte mi mettevo nel punto in cui una strada cominciava, guardavo il profilo multiplo dei lampioni e capivo se c’erano differenze tra le plafoniere; era uno sguardo d’insieme, mai infallibile, e, man mano che mi avvicinavo a quell’oggetto di cui stavo imparando ogni singolo dettaglio, mi accorgevo che c’erano più variazioni di quanto avessi immaginato. Tutto ciò che notavo, però, non serviva per la compilazione della scheda: sbreghi, piccole o grandi scritte, ammaccature. Non si trattava solo di usura, ma di uso. Chi usava i lampioni? Quali erano le loro vite? Come erano fatte le loro giornate?