“Dilili” di Michel Ocelot (“Kirikou”), in cui una piccola e deliziosa mulatta in arrivo dalla Nuova Caledonia si muove nella meravigliosa Parigi di fine Ottocento, è una fiaba femminista capace di parlare a tutti con semplicità e grande efficacia, lanciando un messaggio umanista contro il razzismo, la misoginia e la stupidità. “Ancora una volta” di Raúl de la Fuente e Damian Nenow ci riporta, sulle orme dei reportage del grande giornalista polacco Ryszard Kapuscinski, ai tempi della guerra di liberazione dell’Angola per riflettere sull’inutilità della violenza e sul bisogno di verità nella Storia
Cartoon 1/ a parigi con Proust, picasso e madame Curie
Dilili, che dà il titolo al nuovo film cartoon di Michel Ocelot, è una piccola canaca sbarcata nella Parigi di fine ‘800 dopo un rocambolesco viaggio in nave dalla Nuova Caledonia, al seguito di un’insegnante anarchica da cui ha imparato le buone maniere e un francese impeccabile, fin troppo forbito. Dopo aver stretto prontamente amicizia con un gentile fattorino di nome Orel, si rende ben presto conto di essere capitata in uno strano mondo dove la sua pelle meticcia color caffelatte vien considerata un po’ troppo scura. E questo, dopo aver passato gran parte della vita a vedersi guardare con sospetto perché la sua pelle era troppo chiara!.
Mentre scorrazza su e giù per la meravigliosa Ville Lumiere della Belle Époque in compagnia del dolcissimo Orel, Dilili rischia di essere catturata da una gang di orribili malfattori, che terrorizza la città mettendo a segno sanguinose rapine e sottraendo incolpevoli bambine alle loro famiglie. L’obiettivo della banda è terribile: rapire le future donne per rieducarle nel modo più drastico possibile, e far sì che imparino fin da piccole a vivere in ginocchio, rinunciando a ogni forma di autonomia e libertà.
Ocelot non si smentisce. Dopo piccoli gioielli come Kirikù e la strega Karabà e Azur e Asmar, ritorna sugli schermi con un film straordinariamente didattico e meravigliosamente immaginifico. Perché Dilili è un personaggio strepitoso, classicissimo (sembra uscito da un best-seller della letteratura per l’infanzia), eppure capace di incarnare una consapevolezza femminile assolutamente contemporanea: una bambina di cartone in grado di far ridere e sorridere, ma anche di commuovere lo spettatore (anche quello più smaliziato) fino alle lacrime.
Intorno a Dilili e ai suoi amici c’è poi sempre Parigi, fotografata in tutto il suo splendore ed esplorata in ogni angolo, in fondo alle fogne e in cima alla Tour Eiffel, nel laboratorio di Marie Curie e negli studi di Pierre-Auguste Renoir, Pablo Picasso e Camille Claudel. C’è posto per tutti in questo capolavoro di poesia e immaginazione, dalle invenzioni futuristiche di Alberto Santos-Dumont al cinematografo dei fratelli Lumière, da Marcel Proust a Sarah Bernhardt, sempre mantenendo uno sguardo fresco e sorprendente. E senza mai avere la sensazione di assistere a un teatrino edificante!
Un film di animazione dedicato ai bambini ma godibilissimo anche per gli adulti: una fiaba femminista capace di parlare a tutti con semplicità e grande efficacia, lanciando il suo messaggio umanista contro il razzismo, la misoginia e la stupidità.
Dilili a Parigi, di Michel Ocelot
CARTOON 2/ angola, un reportage in motion capture
Nel 1975 l’Angola sta faticosamente conquistando l’indipendenza dal Portogallo e la guerra civile comincia a macinare vite umane e risorse naturali: un terrificante tritacarne, destinato a durare con alterne vicende per quasi trent’anni, fino al 2002. Nel 1975, e questo quasi nessuno lo sa, Ryszard Kapuscinski, giornalista polacco famoso per i suoi reportage dagli angoli più caldi del pianeta, intuisce già che in Angola si sta scrivendo una pagina di Storia che merita di essere raccontata. Unico giornalista occidentale, mette a rischio la propria vita per percorrere il martoriato paese africano e descrivere in presa diretta la guerra fra il Movimento Popolare di Liberazione dell’Angola (MPLA), sostenuto dall’Unione Sovietica prima e da Cuba poi, e l’Unione Nazionale per l’Indipendenza Totale dell’Angola (UNITA), appoggiata dagli americani che spingon avanti come truppe d’invasione i sudafricani.
Da questa esperienza trarrà un magnifico volume intitolato Ancora un giorno (pubblicato in Italia da Feltrinelli, come tutti i titoli di questo straordinario autore), e partendo dal libro il documentarista Raúl de la Fuente e il regista d’animazione Damian Nenow hanno realizzato un film molto particolare in grado di fondere insieme realtà e fiction, animazione (realizzata in motion capture) e interviste in live action ai protagonisti di allora. Quella dell’Angola è stata solo una delle tante “guerre per procura” che hanno costellato gli anni gelidi e feroci della Guerra Fredda, ma attraverso lo sguardo di un testimone d’eccezione come Kapuscinski quella che viene raccontata è una storia vecchia e al tempo stesso attualissima, dimenticata eppure vivissima.
Con sensibilità umana e adesione ideale, non imbracciando (come fosse un fucile) la bandiera degli uni o degli altri, ma abbracciando il bisogno tutto umano di comprendere e ricostruire la realtà complessa della Storia in movimento, gli autori di Ancora un giorno ci raccontano l’avventura di “Ricardo” (così viene storpiato il suo nome in Angola) Kapuscinski, in viaggio da Luanda, la capitale sotto assedio, fino al lontanissimo fronte meridionale, dove il generale Farrusco combatte una battaglia eroica, seppur destinata alla sconfitta. Un’avventura che si trasforma in odissea, in un paese precipitato nel caos più totale, un reportage di guerra che si trasforma in riflessione dolente sul bisogno di verità e sulla necessità di schierarsi, sulla tragica inutilità di tutte le guerre e sulle ragioni che allora come oggi spingono popoli e individui a combatterle.
Un film di animazione rigorosamente per adulti, che racchiude in sé un’energia straordinaria e una capacità rara di esprimere concetti complessi attraverso rapide sintesi significative, mettendo in scena il mito e interrogandosi sulla sua sempre incolmabile distanza dalla realtà.
Ancora un giorno, di Raúl de la Fuente e Damian Nenow