Onore al cartoon che regge la cine-economia

In Cinema

Da genere natalizio per bimbi e genitori, l’animazione è diventata un grande mondo. Tre esempi d’oggi: “Zootropolis”, “Animalisa” e “La ricompensa del gatto”

C’era una volta il cartoon di Natale… Era un vero rito, che entusiasmava i bambini e rallegrava gli adulti, immancabile come il panettone. E la Disney si presentava puntuale all’appuntamento, senza mai deludere le aspettative, anche quando ad arrivare nelle sale non era un capolavoro ma solo un buon prodotto, ben calibrato, adatto al target: bambini, certo, ma in compagnia di adulti disponibili, per un’ora o due, a riscoprire la propria parte bambina, saltellando a braccetto col re Leone o Pocahontas.

Poi è arrivato il rito del cartoon di Pasqua, e l’offerta si è ampliata. Vent’anni fa sul palcoscenico ha fatto irruzione John Lasseter con la sua Pixar e ha sparigliato le carte, creando cartoon talmente belli e intelligenti, ricchi di riferimenti colti e di pennellate pop, da piacere quasi più agli adulti che ai bambini, come nel caso dell’ultimo, straordinario Inside Out.

Infine è esploso anche da noi il fenomeno Ghibli, lo studio giapponese creato da Hayao Miyazaki che si è imposto all’attenzione con film come Porco rosso, Principessa Mononoke, La città incantata, e di film in film è arrivato fino all’indimenticabile Si alza il vento. E per gli appassionati c’è da segnalare in questi giorni la fugace apparizione nelle nostre sale di La ricompensa del gatto di Hiroyuki Morita, una piacevole, dolcissima fiaba con una sorta di Alice nel Paese delle Meraviglie che però finisce nel Regno dei Gatti, dopo aver salvato un felino che stava per essere investito da un camion.

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Di successo in successo, i cartoons si sono trasformati così in una marea inarrestabile. E oggi l’animazione è certamente uno dei (pochi) generi che tiene in mano le sorti del botteghino, in Italia come in America. Per i produttori, questo vuol dire una fonte sicura di guadagni tutto l’anno, senza aspettare le feste comandate. Dai Minions a Inside Out, da Kung Fu Panda all’Era glaciale, molti film che hanno sbancato il botteghino nelle ultime stagioni sono animati. Ottimo motivo per mettere in cantiere nuovi progetti, non fermandosi a una imbarazzante sfilza di sequel, problema che però non riguarda certo solo l’animazione. Nei cartoons si può parlare di tutto, anche di temi drammatici – l’ha fatto Patrice Leconte in La bottega dei suicidi – e registi e sceneggiatori escono sempre più spesso dall’ambito delle fiabe, dei racconti edificanti e formativi per i più piccoli.

Ed ecco, in tema, le ultime novità in uscita in questi giorni: la primo è il 55° film della Disney, Zootropolis di Rich Moore e Byron Howard, ambientato in una metropoli diversa da tutte le altre perché abitata solo da animali, e in grado di convivere (più o meno) serenamente. Il film si presenta come un riuscito mix di tutti gli ambienti naturali della terra, dalla gelida tundra alla rigogliosa giungla, dalla città verticale di vetro e cemento a una piazza chiamata Sahara. In questo magico luogo non importa chi sei, se piccolissima preda o gigantesco predatore: qui potrai diventare qualsiasi cosa tu voglia. O almeno questa è la convinzione della coniglietta Judy, decisa a realizzare il sogno della sua vita: diventare poliziotta. E ci riuscirà, riuscendo anche a risolvere un caso intricatissimo, in mezzo a incredibili pericoli e colpi di scena. Il tutto con l’aiuto di Nick, furbissima volpe dal cuore d’oro.

ZOOTOPIA

È un vero e proprio poliziesco animato, un piccolo gioiello di umorismo e azione, pieno di citazioni succulente per cinefili doc (dal Padrino a Breaking Bad) e momenti esilaranti (il bradipo Flash è già diventato di culto), e che non rinuncia a una giusta morale per i più piccoli; perché se i sogni sono davvero desideri nascosti, immedesimandosi nella coniglietta poliziotta i bambini imparano che bisogna sempre provare a realizzarli, anche quando sembrano impossibili.

Animalisa di Charlie Kaufman, un piccolo capolavoro di animazione stop motion che il regista si è finanziato grazie alla piattaforma Kickstarter, offre un esempio di film sulla vita reale supportato da un linguaggio non solo adulto, ma tout court intellettuale, in tutti i sensi del termine.  Che Kaufman fosse un genio della sceneggiatura, l’avevamo scoperto grazie a Essere John Malkovich, e Se mi lasci ti cancello. Ma quando aveva provato a passare alla regia, con Synecdoche New York, le cose non erano andate molto bene. Qui si prende la libertà di far dire e fare al suo protagonista tutto ciò che vuole, costruendo un apologo affascinante e disturbante in cui l’ironia e la tragedia si tengono per mano dalla prima all’ultima scena.

David Thewlis voices Michael Stone and Jennifer Jason Leigh voices Lisa in the animated stop-motion film, ANOMALISA, by Paramount Pictures

Il protagonista si chiama Michael Stone ed è un autore di bestseller su come convincere gli impiegati di un’azienda a diventare entusiasti rappresentanti degli interessi della stessa. Peccato che Michael sia tutt’altro che un entusiasta, anzi. In viaggio a Cincinnati per tenere una conferenza, si trascina dall’aeroporto al suo lussuoso albergo, dal bar al ristorante come un cane bastonato alla ricerca di un minimo di contatto umano: ma subendo soltanto frustrazioni. Quando parla al telefono con la gelida moglie o col figlio (che vuol sapere una cosa sola: mi hai già comprato il regalo che mi hai promesso di ritorno dal tuo viaggio?), o quando tenta invano di strappare un appuntamento a una vecchia fiamma, che non lo vuole rivedere.

Ma finalmente, in questo deserto ecco apparire Lisa, buona, sorridente, adorante, giunta fin lì proprio per ascoltare la sua conferenza. Lei potrebbe rivelarsi l’anima gemella tanto a lungo cercata. O forse no, perché la solitudine, sembra dirci Kaufman, è il nostro vero destino, e ogni tentativo di rompere questo guscio, che un po’ ci difende ma soprattutto ci separa e ci opprime, è destinato a cadere nel vuoto. Anche perché ogni nostro sforzo di andare incontro agli altri si scontra con la scoperta di un universo di esseri tutti uguali, ugualmente banali e pronti a partecipare agli stessi riti, dicendo le stesse cose, ripetendo i medesimi gesti. Un’idea di omologazione assai attuale, che trova un simbolo potente nella scelta di assegnare a tutti i personaggi (sia maschili che femminili) la stessa voce. Tutti tranne Lisa, perché a lei è riservata la possibilità di essere (o diventare) qualcosa di unico, con la sua voce, i suoi desideri, la sua autonoma visione del mondo.

Come sempre quando c’è di mezzo Kaufman, inutile aspettarsi un’esperienza di visione facile, rassicurante. Personaggi e situazioni sono come al solito spiazzanti, sottilmente angoscianti, in bilico fra realismo quotidiano e fantasia. Un film che nei primi minuti lascia perplessi, storditi, ma poi trascina, avvolge come una sottile tela di ragno, inducendoci a credere che dalla disperazione si possa uscire attraverso un amore che redime. Ma è un’illusione, e alla fine ci si ritrova abbandonati, senza alcuna consolazione. Mentre il protagonista di questo film straordinario ci lascia con un’ultima, beffarda massima: “Forse la vera lezione da imparare è che non ci sono lezioni”.

Zootropolis, di Byron Howard e Rich Moore

Animalisa, di Charlie Kaufman

La ricompensa del gatto, di Hiroyuki Morita

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