“Chi è senza colpa”, l’ultima eccellente prova dell’attore americano, è firmata da uno dei re del thriller Usa e diretta con mano nervosa dal bravo Roskam
Un pub a Brooklyn, uno dei tanti che la mafia cecena usa come copertura per raccogliere denaro sporco e ripulirlo, al riparo dagli occhi della legge. Al centro della scena, un barman dall’aspetto mite e dallo sguardo buio (Tom Hardy); intorno, una folla di personaggi in cerca di redenzione: il cugino Marv (l’immenso James Gandolfini, qui alla sua ultima interpretazione) finge di essere ancora il proprietario del pub, la fragile Nadia (Noomi Rapace) che forse è meno debole di quello che sembra, il violento Eric (Matthias Schoenaerts) che di sicuro ha meno forza di quanto vorrebbe far credere.
Tutti portano una maschera in questo teatrino di periferia, nessuno è davvero quel che dice di essere, e forse tutti potrebbero continuare a fingere se una rapina al pub non facesse esplodere la situazione, portando ogni traiettoria esistenziale alle estreme conseguenze.
Chi è senza colpa, recita il titolo italiano (per una volta più efficace dell’originale The Drop), ma il problema è che di solito i più zelanti a scagliare pietre sono proprio i colpevoli, e questa pervicace tendenza a contraddire il detto evangelico porta a un’inevitabile confusione sotto il cielo.
E allora in questa folla di personaggi l’unico che si vorrebbe salvare è il cucciolo di pitbull maltrattato e abbandonato in un bidone della spazzatura. Lui è innocente di sicuro, anche se come tutti costretto a portare una maschera, nel suo caso quella del cane feroce che non corrisponde al suo animo dolce.
Il racconto di Dennis Lehane da cui è tratto il soggetto si intitola Animal Rescue, e prende le mosse proprio dal salvataggio del cagnolino, un gesto di disinteressata bontà che mette in moto una catena di eventi dall’esito imprevedibile.
Lehane si cimenta qui anche in veste di sceneggiatore, aggiungendo allo scarno schema iniziale una serie di situazioni e personaggi che pescano a piene mani dal cupo serbatoio degli ingredienti del noir metropolitano, genere in cui l’autore di Mystic River e Gone Baby Gone è ormai un indiscusso maestro. E fra un colpo di scena e l’altro, s’intrecciano molti interrogativi lungo l’incerto confine fra colpa e innocenza: all’inseguimento di un’impossibile redenzione mentre si consuma ogni possibile tradimento.
Il risultato è un film di genere capace di rispettare le regole e al tempo stesso superarle, dando vita a una storia in gran parte avvincente.
Forse c’è qualche colpo di scena di troppo, ma tutto sommato è un peccato veniale. La scrittura di Lehane è sufficientemente affilata, e ben servita dalla mano nervosa del regista Michael R. Roskam, giovane belga trapiantato a Hollywood con all’attivo Bullhead, un buon film che varrebbe la pena recuperare, a proposito di animali e ricerca dell’innocenza.