Cinema chiusi e niente film, almeno fino all’autunno. Ma se l’atteso kolossal di Christopher Nolan, “Tenet”, è ancora annunciato per luglio (uscita mondiale), più probabile il debutto ottobrino di “Mulan” della Disney. Da novembre, poi, la “Vedova Nera” Scarlett Johansson, il 25° (ultimo con Daniel Craig) 007, “No Time to Die” e il remake di “Dune” firmato Denis Villeneuve. Aspettare fino al 2021 per il 9° episodio della saga Fast&Furious col duo Rodriguez-Diesel. Dall’Europa il nuovo film di Nanni Moretti “Tre piani”, il premiato “I miserabili” di Lady Li e “Gloria Mundi”, ultima fatica del “clan” Guediguian
Una volta c’era solo “prossimamente al cinema”, tutto qui. Niente ansia da timeline, niente trilogie o quadrilogie già programmate con anni d’anticipo. Solo trailer montati alla bell’e meglio, a volte addirittura prima d’aver completato il film, e annunci tanto roboanti nella forma quanto vaghi nella sostanza. I prodotti dalla serialità garantita si contavano sulle dita di una mano, e ogni nuova uscita era comunque salutata da sospiri di sollievo per un regalo tanto atteso e tutt’altro che scontato. “Prossimamente”: narra la leggenda che persino alcuni futuri giganti di epopee blockbuster, tipo George Lucas o i fratelli (ora sorelle) Wachowski, arrivati agli studios pieni di speranze e progetti di saghe fantascientifiche, si siano sentiti rispondere così, tra una pernacchia, una risata, un occhio alle previsioni al botteghino.
Ecco perché suona strano parlare di cinema oggi. Non tanto (non solo) per la retorica dello “stiamo a casa a guardare serie TV”, o per la legittima preoccupazione riguardo al futuro di sale, cineclub e dell’industria stessa in tempi di social distancing. “Prossimamente”, oggi, vuol dire croce e delizia dello spettatore medio, nella speranza che tutto ricominci, ma anche nell’incertezza di un’attesa senza scadenze sicure su cui contare.
Le certezze, nella vita di un fan, sono importanti: prendete per esempio James Bond, il cui nuovo capitolo (il venticinquesimo della saga, a proposito di serialità) No Time To Die, l’ultimo con Daniel Craig nei panni dell’agente segreto più famoso del mondo, sarebbe dovuto arrivare nelle sale italiane il 9 aprile. Ironia della sorte, la vicenda questa volta pare ruoti attorno a una minaccia globale e a un supercattivo, lo sfigurato Rami Malek, esperto di genetica e armi batteriologiche. L’uscita del film, per ora, è posticipata a fine novembre, pandemie (vere e da copione) permettendo.
Parli di profezie e non puoi non pensare a un’altra multisaga ferma al palo, quella targata Marvel Cinematic Universe. Dopo la roboante chiusura di sipario di Avengers: Endgame e l’allegro intermezzo di Spiderman: Far From Home, il colosso dei cinecomic era più che pronto a iniziare la sua “fase quattro”. Il trailer di Black Widow, sorta di prequel con Scarlett Johansson nuovamente nei panni di una rediviva Natasha Romanoff, a.k.a. Vedova Nera, era tra i più visti e cliccati negli ultimi mesi. Invece niente da fare per la prima pellicola Marvel interamente diretta da una donna, l’australiana Cate Shortland: tutto rimandato alla “fase tre” del dopo-contagio, si spera ancora a novembre 2020. Stesso destino toccato a un’altra super eroina, stavolta della concorrenza DC Comics, la star del nuovo Wonder Woman 1984 (sequel dell’unico film finora vagamente accettabile nel recente panorama DC), posticipato a dopo ferragosto, ancora una volta con Gal Gadot protagonista assoluta.
Per proseguire questa amara Spoon River della bella stagione sul grande schermo, basta spostarsi un piano più in su. Non è soltanto l’universo cineMarvel, acquisito nel 2009, a battere bandiera Disney: la Pixar, casa di produzione di cartoni animati in CGI per antonomasia, aveva in canna per la collezione primavera/estate ben due uscite. Ostacolo virus schivato all’ultimo, in questo caso, almeno per metà: se Onward, lungometraggio fantasy con le voci di Tom Holland e Chris Pratt, ha fatto almeno in tempo a esordire nelle sale statunitensi prima del lockdown (in Italia non c’è ancora una data d’uscita ufficiale), il prossimo Soul con Jamie Foxx, in programma per giugno, è ancora ovviamente un grosso punto di domanda.
Sul fronte Disney in carne e ossa è sicuramente in stand-by Mulan, produzione kolossal tra Stati Uniti, Cina e Nuova Zelanda (la regista Niki Caro), che avrebbe dovuto proseguire il filone di remake in versione live action degli ultimi classici Disney, dopo i recenti Dumbo, Il Re Leone e Aladdin. La pellicola è pronta addirittura dalla fine del 2018, ma per vederla bisognerà aspettare almeno l’estate.
Ci sono poi franchise di cui liberarsi pare proprio impossibile (altro che coronavirus), come quello di Fast And Furious: The Fast Saga, previsto originariamente nelle sale italiane per il 21 maggio e invece rinviato addirittura al 2021, avrebbe dovuto essere nientemeno che il nono capitolo della serie. Pericolo scampato, almeno per ora, con buona pace di Vin Diesel/Dominic Toretto, di Michelle Rodriguez/Leticia Ortiz e di tutti i produttori di canottiere e olio per motori.
Infine, come d’abitudine, il mistero più fitto avvolge Tenet, la nuova e attesissima pellicola di Christopher Nolan. A giudicare dal solito trailer iper-adrenalinico c’è da aspettarsi il consueto mix di pasticci temporali, azione, intrigo e un campionario sconfinato di location tra Stati Uniti, Regno Unito, Danimarca, Estonia, Italia, India e Norvegia. Il cast, quello sì, è già più che definito, con l’ex giocatore di football e figlio d’arte John David Washington (il padre è un certo Denzel Washington) e il prossimo Batman Robert Pattinson tra i protagonisti. Ad affiancarli, alcuni tra gli attori-feticcio vecchi e nuovi del regista, come Kenneth Branagh (già visto in Dunkirk) e l’immancabile Michael Caine.
Assente giustificato è invece Hans Zimmer, storico compositore delle colonne sonore di Nolan sin dai tempi di Batman Begins, impegnato stavolta in un altro kolossal, invocato dai fan della fantascienza più della venuta di un vaccino, ovvero il remake di Dune firmato da Denis Villeneuve e già in programma a dicembre, quindi teoricamente fuori pericolo. Per Tenet, invece, al momento persiste la data-simbolo del 17 luglio, puntando a fare del nuovo film del regista di Interstellar il primo blockbuster del ritorno alla normalità post-coronavirus. Qualora fosse davvero così, sarebbe un gran bel modo di ricominciare.
Non solo block-buster: nuovi arrivi da Cannes e Venezia
Ma non si vive di solo blockbuster, così vale la pena di citare anche qualche titolo diverso, di produzione europea, che si potrà vedere alla riapertura dei cinema. Il primo è Tre piani, diretto e interpretato da Nanni Moretti con Margherita Buy, Alba Rohrwacher, Adriano Giannini, Anna Bonaiuto e Riccardo Scamarcio. Moretti si cimenta per la prima volta con un soggetto non suo, adattando per il cinema, con l’aiuto in sceneggiatura di Federica Pontremoli e Velia Santella, il romanzo omonimo dello scrittore israeliano Eshkol Neto uscito in Italia nel 2017, solo spostando l’azione da Tel Aviv all’Italia I tre piani del titolo sono quelli di una quieta palazzina borghese in cui la vita di tre famiglie simboleggia le diverse istanze freudiane – Es, Io, Super-io – della personalità. Tra bisogno d’amore e tradimento, sospetto e paura. Tre piani era pronto per partecipare al Festival Cannes, poi cancellato, in cui lo scorso anno trionfò col Premio Speciale della Giuria I miserabili di Lady Li, pronto per le sale italiane da inizio 2020. È una riflessione sui conflitti della società contemporanea, che parte dalle tematiche del celebre romanzo di Victor Hugo trasportandole però nel cuore della rivolta nelle banlieues parigine del 2005. L’atmosfera ricorda un altro film su questi temi, L’odio (1995) di Mathieu Kassovitz, con cui c’è qualche similitudine che lo stesso Ladj Ly dichiara nella sequenza del volo sopra i palazzi delle periferie, teatro di una marginalità evidente già dalla sua collocazione geografica. Sempre dalla Francia, ma firmato da un autore ormai classico nello stile e nel ricorso a una compagnia collaudatissima di attori (da Ariane Ascaride a Jean-Pierre Darroussin a Gérard Meylan), è Gloria Mundi, l’ultimo film del marsigliese Robert Guediguian, premiato all’ultima Mostra di Venezia. Ambientato come sempre nella sua città natale, racconta di Mathilda e Nicolas, lavoratori precari entrambi, cui è nata una bambina, Gloria. Mathilda è stata allevata dalla madre Sylvie e dal suo nuovo compagno Richard, perché il padre, Daniel, è da vent’anni in carcere. Proprio in quei giorni, però, finisce la sua pena, e si presenta in famiglia per conoscere la nipote, mettendo a rischio i complicati equilibri di quel gruppo, che faticosamente cercava di sopravvivere tra problemi economici e relazioni non prive di conflitti e inganni.