Le luci dei riflettori e il viale del tramonto, il sogno della gioventù e la magia dell’Engadina. Strepitose interpreti (Binoche, Moretz, Stewart) e Assayas ispirato
Nel 1924 Arnold Franck girò in Engadina un breve documentario dal titolo Das Wolkenphänomen von Maloja (il fenomeno nuvoloso del Maloja), in cui una formazione di nuvole basse si muove, sinuosa, percorrendo la valle sopra Sils Maria per arrivare a St. Moritz. Il fenomeno è conosciuto anche come “il serpente del Maloja”. Da lì è partito Olivier Assayas per realizzare Clouds of Sils Maria, la sua prepotente, suggestiva, magnifica riflessione sul tempo che passa e sul riprodursi di fenomeni e accadimenti. Per inciso anche Friedrich Nietzsche elaborò la propria riflessione sull’eterno ritorno partendo dagli stessi luoghi.
La storia ha per protagonista Maria Enders, una grande attrice che una ventina d’anni prima era diventata famosa interpretando il personaggio di Sigrid, giovane affascinante che spinge al suicidio il suo capo Helena. Ora vorrebbero che lei interpretasse una nuova versione della tragedia, questa volta però nei panni di Helena. La faccenda crea un groviglio di conflitti e di testacoda emotivi alla protagonista, che si stabilisce, in attesa che dagli Stati Uniti arrivi la nuova Sigrid, in una casa a Sils Maria per prepararsi alla parte, in compagnia della sua assistente, creando così un fantastico gioco di specchi.
Assayas ritrova nel film una vecchia complice come Juliette Binoche e le affida il ruolo di Maria, il personaggio che deve fare i conti con il tempo che passa e il nuovo che avanza, inteso non solo come le giovani interpreti in cerca di visibilità, ma anche come tecnologia che cambia profondamente i rapporti tra il personaggio pubblico e la realtà. Accanto a Juliette, Olivier recluta due presenze forti del cinema hollywoodiano: Kristen Stewart in veste di assistente personale, praticamente una schiava che tutto sacrifica sull’altare della sua “padrona” e Clohë Grace Moretz, che sbarca letteralmente da un altro mondo per planare sulla Svizzera e su una storia di cui quasi non sembra rendersi conto.
Quello di Assayas è un film che riprende la vivacità del caleidoscopio. Basta un piccolo movimento per cambiare colori, prospettiva, emozioni. Sulla sua tavolozza non c’è solo Viale del tramonto e Eva contro Eva: riaffiora il passato e la nostalgia per quel che non è più, il timore di non riuscire primeggiare ancora a lungo, il doversi difendere dagli assalti anagrafici e quell’atteggiamento odioso che permette di stritolare chi riveste un ruolo subalterno, pur con tutto l’affetto e la devozione.
Poi c’è l’approccio tra la vecchia Europa e l’immagine made in Usa, il cinema che cambia e forse si trasforma in altro da sé, mentre immutabili nei loro graffi ecco le immagini in bianco e nero di Arnold Franck che ci riportano coi piedi per terra, pur se con la testa tra le nuvole. Il tutto cementato da dialoghi che sembrano cesellati e rodati in centinaia di rappresentazioni, tanto sono efficaci e resi magnificamente dall’insieme delle interpreti, ai quali si aggiunge, sullo sfondo, Angela Winkler, esponente di rilievo del Nuovo cinema tedesco di qualche decennio fa, chiamata a interpretare la moglie del drammaturgo, autore del testo da mettere in scena, così come Hanns Zischler, indimenticabile coprotagonista wendersiano di Nel corso del tempo, che suona perfetto e antipatico in questa nuova sbalorditiva riflessione sul tempo, l’arte e la comunicazione ai tempi dei social media.
Assayas riesce nell’intento di trovare un punto di equilibrio tra dramma e commedia, collocando i suoi personaggi in un contesto scenografico che aggiunge senso e profondità
al racconto e nel contempo annichilisce le piccole miserie di chi si crede grande.
“Clouds of Sils Maria”, di Olivier Assayas, con Juliette Binoche, Kristen Stewart, Clohe Grace Moretz