Un concerto, una dedica. Anzi più dediche. “Como una ola de fuerza y luz”, il brano eseguito il 22 (in replica stasera e domani) alla Scala dal direttore d’orchestra tedesco, celebra il centenario della nascita di Luigi Nono. Ma celebra anche un periodo di straordinaria vitalità della cultura musicale italiana. In quei cruciali anni 70 il grande compositore assieme a Claudio Abbado (di cui ricorre il decennale della scomparsa) e Maurizio Pollini diedero vita a una serie di concerti dedicati alla musica contemporanea. Memorabili
Questo 2024 inizia nel segno della celebrazione di grandi anniversari: il centenario della nascita di Luigi Nono, straordinaria figura di musicista-visionario, il decennale della scomparsa di Claudio Abbado, ma anche il cinquantenario della storica rassegna, nonché rivista, “Musica/Realtà”.
Tutto ruota intorno al binomio Nono-Abbado: la serie di concerti dedicati alla musica contemporanea, infatti, era stata concepita dai due artisti assieme al pianista Maurizio Pollini, e il primo ciclo si era concluso nel 1973 con un memorabile concerto dell’Orchestra di Budapest diretta proprio da Abbado, solisti Pollini e il soprano Slavka Taskova Paoletti. In cartellone Como una ola de fuerza y luz per soprano, pianoforte, orchestra e nastro magnetico, affine al programma presentato qualche mese prima al Teatro alla Scala. Il vento fa il suo giro e torna dove tutto ebbe inizio.
La Filarmonica della Scala – nell’ambito della stagione sinfonica del teatro – ha scelto di celebrare il 22 gennaio questi anniversari con un programma che pone al centro della serata proprio Como una ola de fuerza y luz (1972) di Luigi Nono e vi contrappone la Quarta sinfonia di Šostakovič, compositore simbolo di un altro modo d’intendere la musica e i suoi rapporti con la politica nel Novecento. (In replica il 24 e 25 al Piermarini e il 13 febbraio al teatro Valli di Reggio Emilia in occasione dei 50 anni di “Musica e Realtà”).
Ripensare e rievocare personalità come Luigi Nono e Claudio Abbado porta con sé anche una dolce nostalgia, soprattutto per la loro straordinaria visione di mondi e universi presenti e futuri. Due personalità che certamente parteciparono a quel grande vortice di novità di cui Milano si trovò al centro negli anni Settanta. Quello stesso spirito visionario avrebbe portato nel decennio successivo al mondo sonoro di uno dei capolavori del catalogo di Nono, Prometeo, che la Biennale di Venezia riporta alla luce dal 26 al 29 gennaio nella chiesa di San Lorenzo a Venezia, prima sede storica dell’opera-evento.
Non vogliamo eccedere in nostalgia ma, innegabilmente, la celebrazione di questi anniversari riporta alla memoria echi del passato. Eco potrebbe essere la parola chiave per raccontare il concerto di ieri sera, che ha visto sul podio della Filarmonica Ingo Metzmacher, musicista particolarmente a suo agio nella musica delle avanguardie del secondo dopoguerra e che aveva già diretto l’orchestra nel 1990 in un audace programma di musiche di Nono e Maderna (indimenticabile fu anche la sua direzione dell’opera corale Die Soldaten nella stagione 2014/15).
Gli echi dei frammenti delle parole della poesia di Julio Huasi, in memoria di Luciano Cruz, giovane rivoluzionario cileno morto nel 1971, si fondono con la voce di Serena Sáenz. Una voce chiara e cristallina che si muove in una dialettica di parlato e cantato (che si potrebbe ricollegare alla grande tradizione veneta e monteverdiana) e che viene espansa attraverso l’utilizzo del nastro magnetico. Una componente questa che non sovrasta le altre, anzi: rispetto ad altri lavori, l’uso del nastro magnetico (ben trattato da Paolo Zavagna) è più del solito limitato, e, come scrive Massimo Mila sulla Stampa nel 1972, «quasi esclusivamente ridotto al riecheggiamento e alla moltiplicazione della voce umana, spesso trasformata in un concento di irreali cori angelici». Aggiunge il critico musicale: «Per contro – e se ne rallegrano tutti coloro che hanno sempre creduto in opere ‘tradizionali’ di Nono, come l’Epitaffio di Garcia Lorca e il Canto sospeso – i mezzi musicali naturali la fanno da padrona in Como una ola de fuerza y luz».
L’orchestra, insomma, riacquista i suoi diritti, sotto forma di 40 strumenti a fiato, 48 archi, più arpe e percussioni tradizionali e il pianoforte solista affidato all’ottimo Pierre-Laurent Aimard.
Pierre-Laurent Aimard
Anche quest’opera di Nono, come altre del suo catalogo, nasce dal costante impegno politico, che – argomenta ancora Mila, amico e sostenitore del compositore – è «indispensabile molla della creazione artistica, tal quale come lo era la madonna Laura per messer Francesco Petrarca o la fede cristiana nella provvidenza per Alessandro Manzoni».
Nonostante il titolo porti con sé anche significati di luminosa rivalsa (“Come un’onda di forza e di luce, per vivere”), il pezzo suona come una sorta di immaginario (e novecentesco) Dies Irae – nulla a che vedere con l’ira divina messa in musica da Verdi o suoi contemporanei! – dove la presenza del male celebra i suoi cupi trionfi. Di fronte ai quali è necessario un atto di fede, per vivere. Non per nulla, il pezzo si ricollega a Diario Polacco del 1959, che nasceva dall’amarezza e dallo sdegno per certi avvenimenti storici e politici.
Serena Sáenz (4 © Natàlia Cornudella)
Per concludere sempre con Mila «C’è qualche cosa di goyesco (si pensa al Dos de mayo, con quelle lunghe canne di fucili puntate sulla faccia dei popolani) nel modo con cui Nono rende, attraverso i mezzi orchestrali, le scariche della fucileria, gli scoppi e i fragori dell’artiglieria, delle bombe e di tutti i giganteschi mezzi di repressione impiegati dal potere contro le sollevazioni degli inermi che chiedono libertà».
Un pezzo da ascoltare. Como una ola de fuerza y luz oggi è più che mai attuale per ricordare e tenere a memoria i danni che le guerre provocano.
In copertina: Ingo Metzmacher