Pasqua Francia: Huppert, Cassel, la vita è una commedia

In Cinema

Due proposte da Parigi: mostri sacri e giovani promesse in “Un momento di follia” di Jean-Francois Richet, film scanzonato e “morale” sull’educazione e la seduzione; “Il condominio dei cuori infranti” di Samuel Benchetrit, un racconto collettivo popolato da astronauti, falsi fotografi e attrici sognanti

Remake di un film del 1977 di Claude Berrì, Un momento di follia di Jean-François Richet è una commedia francese giocata sui rapporti personali e familiari, che nascono soprattutto da un classico, imbarazzante incrocio di coppie. Antoine (François Cluzet) e Laurent (Vincent Cassel) sono due amici che decidono di passare le vacanze assieme in Corsica, in una casa in campagna. Uno sposato, l’altro separato, hanno ciascuno una figlia: educate in modo differente, le ragazze sono entrambe giovani e desiderose di fare nuove conoscenze, divertirsi e innamorarsi. Luna (Lola Le Lann), figlia di Antoine, è abituata alle regole ferree del padre, più conservatore e rigido, sia nella vita che in famiglia: Marie (Alice Isaaz), invece, si gode il laissez-faire malcelato di Laurent, più progressista ed aperto.
Le cose si complicano quando durante una serata in discoteca Luna finisce “in spiaggia” con Laurent, e questi è costretto a mantenere il segreto di una relazione ambigua ed occasionale per evitare di ferire l’amico e deludere l’innamoramento della ragazza, diciassettenne e inesperta, che lo vorrebbe come compagno senza sapere però più come gestire la faccenda. La sottile linea di complicità tenuta da Laurent, la malizia della ragazza e il comportamento esagerato di Antoine, iperprotettivo verso la figlia, sono le giuste informazioni offerte allo spettatore, e gli permettono di seguire la vicenda con il giusto grado di tensione e comicità.

Al limite del paradossale, in alcune situazioni piuttosto divertente, il film riprende il tema dell’educazione dei giovani declinando sia la responsabilità genitoriale che la sfacciataggine delle due ragazze in una chiave molto contemporanea, pervasa dall’imperante narcisismo tecnologico e dalla martellante musica dei locali della movida corsa. Il ruolo dell’amore si mischia qui con l’attrazione, una pulsione quasi istintuale che rende forse l’uomo libero, ma poi lo mette di fronte ai suoi vincoli sociali ed emozionali. Laurent è sincero ma irresponsabile, verso l’amico e verso Luna, e specularmente questa è presa da un’infatuazione che la sua sodale Marie sa bene non avere alcun genere di sviluppo.

Apparentemente un atteggiamento relazionale troppo rigido sembrerebbe coercitivo, e uno troppo permissivo risulterebbe disorientante, ma in questa commedia percorsa dal turbinio dell’estate nessuno è veramente padrone di sé stesso: e chi inizialmente appare emotivamente instabile, si rivelerà invece più saldo, nei valori e negli intenti, di chi appoggia l’amore puro e la libertà di vita, come dimostrano le figure di Luna e Laurent. Il potere di una seduzione a cui è  difficile sottrarsi diventa la conseguenza di un desiderio innocente ma irrefrenabile, e anche se alla fine la situazione rientrerà nelle convenzioni legate alla lealtà dei rapporti umani e alla responsabilità personale, non lascerà tuttavia indenni gli “incestuosi” interessati.

Guardando al possibile intento pedagogico e problematico dell’originaria pellicola del 77, Un momento di follia sembra centrare il suo bersaglio, tratteggiando momenti di maturità e immaturità dettati dagli umani risvolti di quell’attrazione che da sempre appare difficilmente addomesticabile.

Un momento di follia, di Jean-Francois Richet, con François Cluzet, Vincent Cassel, Lola Le Lann, Alice Isaaz

Daniele Giacari

L’uomo è SOLO? COLPA DELL’ASCENSORE

Collegati da un ascensore rotto nel fatiscente palazzone in cui abitano, sei individui diversamente disperati stringono un inaspettato rapporto di amicizia in Il condominio dei cuori infranti (Asphalte), una commedia leggera quanto basta del regista e attore francese Samuel Benchetrit.

Prima di rivelare che sarà costruito attorno a tre storie principali, il film comincia con l’incontro degli abitanti di questo vecchio stabile della banlieue alle prese con il voto assembleare sull’opportunità di un nuovo ascensore. Sternkowitz (Gustave Kervern) è l’unico riluttante: si chiede come mai lui, che abita al primo piano, debba sborsare dei soldi per uno strumento che non userà mai. “Mai sentito parlare di solidarietà?”, ribatte un incredulo condomino. Ma il fato ha in serbo uno scherzo per il vecchio avaro: vittima consapevole di un’overdose di cyclette, finirà in sedia a rotelle e si vedrà costretto a usare l’ascensore di nascosto. Durante una disperata ronda notturna alla ricerca di cibo, Sternkowitz stringe amicizia con una dimessa infermiera (Valeria Bruni-Tedeschi), agli occhi della quale si spaccia per un fotografo.

Un altro filo conduttore del film ha per protagonisti il giovanissimo Charly (Jules Benchetrit, figlio del regista e della compianta Marie Trintignant) e la nuova dirimpettaia (una Isabelle Huppert che sostanzialmente interpreta se stessa), una matura star del cinema che fatica a fare i conti con la realtà: sarà il ragazzo a convincerla ad accettare un nuovo ruolo, un personaggio affascinante ma notevolmente più vecchio di come lei si vede.

Terza storia di caduta (dalla cyclette, dal piedistallo e, ora, dallo spazio), è quella di John McKenzie (Michael Pitt) astronauta della Nasa finito  accidentalmente, dopo un atterraggio fuori zona, nell’appartamento della Signora Hamida (Tassadit Mandi), un’immigrata algerina che accoglie di buon grado questo dono caduto dal cielo. Gli americani hanno bisogno di un paio di giorni per recuperare John, e camuffare gli eventi, così durante l’attesa la strana coppia riesce, nonostante la barriera linguistica, a stringere un legame: anche perché lui è in grado di aggiornare la signora sugli svolgimenti di una vecchia soap opera che Hamida si divora con gli occhi (“Henry uccide suo padre, ma scopre poi che non è suo padre”…). Ed è formidabile l’interpretazione di Pitt, che si esibisce in scene non-verbali che strizzano l’occhio alla commedia d’antan chapliniana e allo slapstick.

In questo senso Il condominio dei cuori infranti procede con fare vignettistico, presentando, l’una dopo l’altra, una serie di gag. Benchetrit narra le vicende di queste anime oppresse da un avvilente deserto industriale (Asphalte, per l’appunto, è il titolo originario), corroborando quel senso di spaesamento con un uso intelligente del dialogo, spesse volte spodestato da silenzi e contemplazioni, colori brutti, grigi e marroni, e riprese di questi personaggi di spalle. Spicca infine un divertente citazionismo (il Valzer di Strauss per la Nasa ed Eastwood di Madison Couty, fonte d’ispirazione per il finto fotografo) che, senza rendere Il condominio dei cuori infranti un film troppo cinefilo, diverte lo spettatore. Un ritratto decolorato, solitario, claustrofobico, tutto sommato innocuo, pericolosamente vicino al cinema di Roy Andersson e ai dipinti di Edward Hopper.

Il condominio dei cuori infranti di Samuel Benchetrit con Gustave Kervern, Jules Benchetrit, Valeria Bruni-Tedeschi, Michael Pitt, Tassadit Mandi, Isabelle Huppert

Erica Belluzzi

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