Contando le pecore all’alba nella  Rose Main Reading Room

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Il nuovo album dei Peel Dream Magazine prende il titolo dalla iconica sala della New York Pubblic Library. E invita a entrare in connessione con le architetture della metropoli ma anche con i suoi aspetti naturalistici. Nei brani, dai titoli evocativi e ironici (“Central Park West”, “Counting Sheep”), la band losangelina fonde il dream pop con elementi elettronici, influenze di musica contemporanea e nostalgie dell’indie pop

Peel Dream Magazine, band indie rock di Los Angeles, prende il nome da John Peel, leggendario disc jockey britannico nonché conduttore della BBC Radio 1. 

È diventata famosa per aver esplorato una vasta gamma di generi, dal krautrock al dream pop, allo shoegaze. Nel corso dei diversi album incisi i Peel Dream si sono evoluti costantemente, perfezionando il suono e rendendo omaggio alle loro eclettiche influenze underground.

Anima del gruppo è Joseph Thomas Stevens, che ha realizzato il primo album, Modern Meta Psychic, nel 2019 al quale seguirono Agitprop Alterna e Pad. 

Rose Main Reading Room è il suo (loro) quarto disco. Stevens ha iniziato a “lavorarlo” (come ogni altro album dei Peel Dream) da solo a casa sua, alla fine del 2022. E ha continuato a modificare i mix fino a pochi mesi fa, quando finalmente ha stampato un album che definisce seccamente “medio-fi”. 

Vale a dire: diversamente  da quanto aveva fatto con Pad, nel quale gli strumenti erano principalmente virtuali, in Rose Main Reading Room Stevens ha portato le sue registrazioni casalinghe in vari studi dove ha inciso con diversi altri musicisti. Il risultato è un suono più pieno e convincente. 

Il seme del disco è stato posato mentre stava facendo terapia ed era concentrato sui ricordi della sua infanzia. Lo stesso frontman del gruppo racconta che le singole canzoni benché siano pertinenti alla sua vita nel momento in cui le ha scritte, hanno un sapore retrospettivo. 

Rose Main Reading Room è un lavoro molto narrativo e profondamente radicato nell’atmosfera di New York City. 

L’album crea una connessione tra storie intime e temi più ampi che traggono ispirazione dalla grandiosa architettura della città. Il disco scorre piacevolmente attraverso trame musicali che invitano l’ascoltatore a immergersi negli ambienti sia urbani sia naturali di NY. 

Rose Main Reading Room mantiene un buon ritmo, la voce gradevole di Stevens si interseca a tratti con quella della vocalist Olivia Babuka Black che ricorda lo stile di Sufjan Stevens e Isobel Campbell (Belle & Sebastian). A metterci il resto i polistrumentisti Iann Gibbs e Ian Lipson. 

L’album fonde il dream pop con un mix di elementi elettronici, influenze di musica contemporanea (tra cui svettano Philip Glass e Steve Reich) e nostalgie dell’indie pop. I legni e l’elettronica creano un impasto musicale interessante bilanciando suoni organici e ritmi sintetici. 

Le quindici tracce sono molto omogenee. Si parte con  Dawn, Alba(bellissimo intro melodica in stile Sufjan) e si finisce “contando le pecore” con Counting Sheep

Nel mezzo vi sono brani decisamente suggestivi tra cui Central Park West in cui accanto a una bella melodia, intervallata da un coretto, fa capolino il canto degli uccelli a sottolineare gli aspetti naturalistici di una megalopoli come New York. A far da contrappunto I wasn’t made for war, brano folk molto ispirato, in cui si parla della violenza dei sobborghi dell’infanzia dell’Autore.

Poi Gems and Minerals un interludio strumentale con una bella progressione ritmica che si accoppia all’altro interludio Migratory Pattern in cui il suono leggermente cacofonico dei clarinetti torna ad evocare il “vociare” degli uccelli che volano in stormi. 

Insomma un disco piacevole e ispirato. 

Foto di Vice Cooler

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