Corale napoletano. Pino Daniele raccontato dagli altri

In Musica

Tullio De Piscopo, James Senese, Toni Esposito, Enzo Avitabile, Teresa De Sio per citarne alcuni. A dieci anni dalla scomparsa del grande musicista nel documentario “Nero a metà” parlano i compagni di un’affascinante avventura musicale e umana, molto partenopea

Sono passati dieci anni dalla scomparsa di Pino Daniele da questa vita terrena. Sono tanti, ma sembra niente (almeno a me), perché Pino a mio parere è stato uno di quei musicisti totali, geniali e unici del secolo scorso, e non solo in Italia. 

Il motivo per cui se ne parla di nuovo è l’uscita il 4 gennaio (ma resterà in programmazione anche il 5 e il 6) di Nero a metà, bel documentario raccontato da Stefano Senardi con la regia di Marco Spagnoli visibile in molti cinema della penisola e dedicato alla prima, incredibile fase della carriera di Pino.

Incredibile perché ancora oggi io non riesco a trovare nessun artista che come Pino Daniele in Italia abbia infilato cinque album immensi dal suo esordio nel 1977 fino al 1982, anno dell’uscita di Bella m’briana, il primo disco in cui con Pino cominciano a collaborare grandi artisti internazionali.

Voce narrante del documentario è, appunto, quella di Senardi, discografico innamorato della musica e da sempre al centro delle storie musicali più interessanti del nostro paese. Con lui si viaggia per Napoli fra immagini e suoni di repertorio e incontri con i compagni di viaggio del cantautore, dagli esordi nei vicoli alle performance con Bobby Solo (di cui è stato chitarrista) e con Napoli Centrale, la band di James Senese nella quale suonò il basso per due anni.

Attraverso le interviste si racconta la storia eccezionale di un napoletano che è stato capace di rinnovare completamente la storia della canzone partenopea inserendo su una base melodica chiaramente “sudista” suoni blues, jazz, rock, flamenco, bossa nova con mille altre derivazioni. Una capacità di rinnovare la musica della sua terra che ancora oggi fa la differenza. 

E che cantante era poi? Nel documentario Gigi De Rienzo, bassista di livello assoluto, racconta che per lui Pino Daniele era paragonabile a Stevie Wonder. E non è un’esagerazione, la sua. 

Ma non basta: perché Pino è stato capace di scrivere testi importanti, prima in napoletano e poi in italiano. Testi incazzati, che volevano andare contro i cliché pizza e mandolino e che sono stati cartina al tornasole della voglia di rivalsa e cambiamento che quella città voleva esprimere alla fine degli anni settanta.

James Senese (foto @ Anna Camerlingo)

Tutte cose che il documentario cerca di tenere dentro il racconto, dove si ascoltano Tullio De Piscopo, James Senese, Toni Esposito, Enzo Avitabile, Teresa De Sio, Enzo Gragnaniello, Gino Castaldo, Carlo Massarini e tanti altri spiegare come Pino scriveva, come immaginava il suo futuro, quanto amava la musica e come viveva sempre dentro il suo mondo fatto di suoni, dischi, concerti.

La narrazione è piena di affetto e nostalgia, incarnata dalla voce di Senardi che scava nella vita di Pino per ritrovare quello che gli manca del grande chitarrista. Senardi ha lavorato con Pino negli anni novanta, quelli del grande successo commerciale e della storica collaborazione con Massimo Troisi, di cui è raccontata e riprodotta la nascita di Quando, colonna sonora di Pensavo fosse amore e invece era un calesse.

Il regista Marco Spagnoli – già con Senardi per il documentario su Franco Battiato – lavora bene sul repertorio e sulle immagini della Napoli d’oggi, alla ricerca della storia di Pino Daniele nelle strade e nei vicoli della città, che in fondo non è cambiata così tanto nelle sue manifestazioni più profonde.

Sul set (foto @ Anna Camerlingo)

Si ascolta anche tanta musica, spesso tratta da immagini storiche toccanti per qualità e straordinarietà: concerti live, passaggi tv, spezzoni di brani che inevitabilmente fanno venire voglia di riascoltare tutti gli album della prima fase di Pino. Dal primo album che contiene Napule è al secondo LP (Pino Daniele, purtroppo poco considerato) fino a Nero a metà , disco perfetto che dà anche il titolo al documentario e che gli porterà il successo e la meritata centralità nel panorama musicale italiano di quell’epoca e di sempre.

Visione consigliata per tutti, per chi lo ha amato e per chi lo conosce poco. Quando andate a vederlo però ricordatevi che questo è solo l’inizio di un viaggio nella storia di una grande artista. Nero a metà racconta bene solo una piccola parte della storia musicale di uno dei più grandi musicisti pop rock del secolo scorso. Con un doc non si poteva fare di più. Ma riprendete in mano i dischi di Pino Daniele e ascoltatelo, ne vale ancora la pena.

In copertina: Pino Daniele (foto @ Lino Vairetti)

(Visited 1 times, 1 visits today)