Contaminazioni, performance live, sperimentazioni: con l’arrivo del nuovo direttore Umberto Angelini il CRT trova una nuova spinta
È sempre stato uno spazio importante quando si parla di Milano e di teatro, ma spesso all’ombra dell’istituzione che lo “protegge”, la Triennale.
Per questo motivo, con tutta probabilità, il CRT – Teatro dell’arte di Milano ha sempre vissuto qualche piccolo problema di sotto-identità: i nomi e le star non sono mai mancate, l’affezione del pubblico nemmeno, ma spesso si stenta – e lo si scrive nella maniera più trasparente possibile – a considerarlo come esponente di spicco della scena della città.
Non è che su quelle tavole ci abbiano bazzicato dei signor nessuno: Bob Wilson, Baryšnikov, l’attesissimo (e parzialmente deludente) gran debutto di Sokurov. L’impegno dell’ex direttore, Franco Laera, è stato massivo e fortissimo: ma purtroppo non è sempre con il dispiego di artisti celebrati che si crea “tessuto” con la città.
Adesso, però, le cose sembrano cambiare accento – sebbene la vocazione a lanciare lo sguardo all’estero resti sempre la medesima. Laera si è spostato all’Olimpico di Vicenza (seguirà il progetto triennale “Conversazioni 2016-2018). E alla guida del CRT arriva Umberto Angelini, classe 1968, che già nei primi Duemila è stato direttore del settore danza e performing arts del Centro, e che adesso torna forte della sua esperienza come Sovrintendente e Direttore Artistico della Fondazione Teatro Grande di Brescia e direttore del Festival Uovo. Una vocazione all’arte performativa che lo ha spesso portato all’estero, contaminando la sua esperienza con quella di altri grandi nomi di questa corrente.
Ed è su questa spinta che si muove la rinnovata operatività di CRT, per questa stagione e almeno fino al 2018 (anno di scadenza del suo mandato): la fusione tra performance istantanea, globalità, contaminazione universale di arti e sperimentazioni.
Lascia presagire bene l’arrivo (fino al 12 marzo scorso) dell’acclamato Pascal Rambert (Répétition, da noi tradotto con Prova), artista ricco d’allori che nel 2016 ha vinto il Prix du théâtre per l’insieme della sua opera, consegnato dalla Académie française. Al CRT ha portato L’arte del teatro, il suo nuovo lavoro: una riflessione sull’impatto culturale della recitazione spiegata da un uomo (Paolo Musio)… al suo cane.
Non finisce chiaramente qui: al CRT, nel 2017, c’è spazio anche per una prova aperta della Gazza ladra di Rossini diretta da Gabriele Salvatores, in attesa del ritorno (dopo duecento anni!) nel tempio-Scala. Dirigerà l’orchestra, ça va sans dire, Riccardo Chailly.
E si continua a ragionare con la musica grazie ai tipi di Soundwalk Collective (foto) – Stephan Crasneanski, Simone Merli e Kamran Sadegh – che sono andati in giro per i conservatori di Shangai, Napoli e San Pietroburgo per (r)accogliere e registrare le suggestioni offerte dai giovani studenti. Per i Soundwalk, che negli anni si sono imposti all’attenzione grazie alla commistione tra musica e cinema (hanno lavorato con Godard e Patti Smith, e hanno da poco realizzato un omaggio-installazione all’icona Nico), il CRT diventa palcoscenico perfetto (il 28 marzo) per una interessantissima performance dal vivo.
E ancora Sleep Technique, ricerca su primordalità e passato a opera dei cesenesi della compagnia Dewey Dell (19-20 aprile, foto in evidenza di John Nguyen), il Cantico dei Cantici di Virgilio Sieni, omaggio della compagnia di danzatori all’armonia, alla bellezza e alla simmetria del corpo (27 aprile), Todo lo que está a mi lado, performance del drammaturgo argentino Fernando Rubio sulla fugacità degli incontri tra persone che non si conoscono, alla luce di una quotidianità fortemente connessa alle nostre vite (8-18 giugno).
Molto interessante sarà anche confrontarsi con il Macbettu (23-28 maggio) di Alessandro Serra, fondatore di Teatropersona, che butta in scena brandelli della tragedia di Shakespeare tra le liriche evocazioni di una Sardegna indomabile, sanguinosa e invasiva, o con Timeloss, di Amir Reza Koohestani, che rievoca il suo Dance on Glasses per darlo in pasto alle fauci della contemporaneità (12-13 giugno), e anche con Riding on a cloud di Rabih Mroué, una nuova visione dell’artista che mescola dati storici (la guerra civile in Libano) e filosofici (la potenza del verbo, della parola).
E poi ancora Alex Cecchetti (Louvre I e II), Stefano Gucci (Più giù) fino ad arrivare (22-25 giugno) a Romeo Castellucci, che con la Socìetas Raffaello Sanzio propone Ethica. Natura e origine della mente, rifacendosi a Spinoza sul ruolo della natura e del pensiero, combinate insieme fino a giungere a una nuova riflessione, una rinnovata relazione tra “l’immagine” e lo spettatore.
E il calendario presenta anche altri nomi (qui la programmazione completa): cambia il vento, al CRT. E incrociamo le dita…