Con “Finale a sorpresa”, che ha assai divertito l’ultima Mostra di Venezia, i registi argentini Gastón Duprat e Mariano Cohn si fanno beffe dello show-business. Per raccontare la storia di due fratelli sempre sul piede di guerra, una scatenata regista d’avanguardia ingaggia due interpreti che più diversi tra loro non potrebbero essere: uno ha fatto i soldi come divo di Hollywood, l’altro è un gran nome del teatro impegnato. E questo scontro garantisce risate di qualità dall’inizio alla fine
Siete seduti. Su una panca, nella grande terrazza di una villa. Accanto a voi un uomo che non sopportate. Sopra di voi, un macigno del peso di svariati quintali a mezzo metro dalla vostra testa, sorretto solo da cinghie tenute su da una gru. Dietro di voi una matta che vi dice di rilassarvi. Il macigno ondeggia, il cielo è azzurro. Il macigno e molti altri oggetti, dal tubo di un’aspirapolvere a una macchina trituratutto, sono fra i grandi protagonisti di Finale a sorpresa, il film dei registi argentini Gastón Duprat e Mariano Cohn presentato all’ultima Mostra di Venezia, con Penelope Cruz, Antonio Banderas e Oscar Martinez. Oggetti usati in maniera quasi metafisica, come il macigno magrittiano, o che rubano la scena come la temibile trituratore di premi raccolti in una vita. In ogni caso sono oggetti che rendono un lodevole servizio alla spietata impalcatura messa su dai registi di questo delizioso film. Un’impalcatura che poggia saldamente su un pilastro eccezionale, la strepitosa recitazione di Cruz, Banderas e Martinez, che fanno una gara di bravura. Arrivano insieme al traguardo, ma forse se si andasse al photofinish, uno di loro vincerebbe per pochi centimetri. Ma questo ve lo rivelo solo all’ultimo.
La storia è presto detta. Un ricco industriale megalomane vuole regalarsi per i suoi ottanta anni la gloria e l’imperitura gratitudine delle folle. Scartata l’idea di costruire un ponte e intitolarselo, decide di finanziare un film. Facile, no? Non ha importanza quale film, l’importante è essere ricordato dai posteri. Per fortuna il suo assistente ha l’intelligenza di acquistare i diritti di un romanzo da Nobel, che l’imprenditore non ha alcun interesse a leggere, e di incaricare la regista d’avanguardia Lola Cuevas – premiata con la Palma d’Oro per film dai titoli temibili come Foschia e La pioggia al contrario – di realizzare questa storia di due fratelli perennemente in guerra tra di loro.
La regista chiama Felix Rivero (Antonio Banderas) un famoso attore che ha fatto fortuna a Hollywood con film di cassetta e Ivan Torres (Oscar Martínez), che al contrario fa soprattutto teatro, tanto bravo quanto ideologico e rigido nel suo modo di lavorare. Insomma, due attori che per stile di vita e approccio alla recitazione non potrebbero essere più distanti. Ed è proprio questa distanza che la regista Lola vuole far emergere, provocando in continuazione i due uomini con prove sempre più astruse e stressanti. Chiusi per nove giorni nella villa dell’imprenditore per la prima lettura del copione, i tre protagonisti si sfidano in un crescendo esilarante di provocazioni fino a sfociare in un finale che in fondo è la cosa meno sorprendente di tutto il film, a differenza del titolo, ma che non rovina un film davvero divertente.
Le trovate sono infinite e tutte volte a dissacrare l’ego ipertrofico degli attori, a partire dalla succitata macchina mangia – premi che sgretola le varie Coppe Volpi, Emmy e Palme davanti agli occhi furiosi dei due uomini, precedentemente bloccati da strisce di pellicola alimentare. La scena è esilarante, tanto quanto le preparazioni attoriali di Felix, le richieste deliranti della regista Cruz o gli snobismi da alternativo di Ivan. In una scenografia volutamente algida, la bellissima villa dell’industriale, con quasi nessun altro all’infuori dei protagonisti, Duprat e Cohn raccontano un mondo sciocco e bellissimo al tempo stesso, fatto di uomini e donne tanto geniali quanto umani nelle loro piccinerie quotidiane, e affidano giustamente il loro film a tre pezzi da novanta, che non li tradiscono.
La Cruz è perfetta, fredda visionaria e fuori di testa, complice forse la bellissima parrucca di riccioli rossi che indossa. Martinez non sbaglia un colpo, riuscendo a rendersi odioso e patetico al tempo stesso. E poi c’è Banderas: che uno poi un po’ se lo dimentica quanto è bravo Banderas, e invece in questo film ci si rende conto che grande attore sia. E’ incredibilmente divertente, perfettamente in grado di rendersi ridicolo, come quando sponsorizza una campagna social contro l’estinzione del delfino rosa o indossa una nuova camicina fiorata. E poi irritante, infantile o seducente. In tutto il film Banderas non smette un attimo di dilettarci e sorprenderci con ironia e tempi comici perfetti.
Era da tempo che non ridevo così tanto al cinema. Se avete bisogno di due ore di respiro intelligente, Finale a sorpresa vi aspetta in sala da domani.
Finale a sorpresa, di Gastón Duprat e Mariano Cohn, con Penelope Cruz, Antonio Banderas, Oscar Martinez, Irene Escolar, José Luis Gòmez, Manolo Solo, Pilar Castro, Monica Bardem