Da una brutta mostra, abbiamo pescato alcune carte vincenti della pittura italiana del secondo ‘800: impressionismo, tra donne di fiori, o forse di picche
Battere il ferro finché è caldo. Questo sembra essere lo spirito col quale è stata allestita la mostra Da Boldini a Segantini. Riflessi dell’impressionismo in Italia. Con un titolo molto accattivante, la GAMManzoni tenta di ripetere il successo riscosso dalla precedente mostra di Boldini e di cavalcare l’onda delle recente fortuna segantiniana.
La formula non cambia: i quadri provengono tutti da collezioni private, italiane e straniere. Questa volta però, anziché assistere alla sfilata delle modelle di Boldini, troviamo un ampio ventaglio di soggetti, dipinti ciascuno da un autore diverso. La mostra, infatti, non possiede alcun collante tematico, se non quello di raccogliere i più importanti maestri italiani della seconda metà dell’800, maldestramente suddivisi per geografia e per scuole.
In questo ampio mazzo non mancano certo assi, re e regine. Tra le opere degli italiens à Paris spiccano Buckingham Palace di Giuseppe de Nittis – ironia della sorte – e La lettera di Federico Zandomeneghi. Il primo è un mirabile esempio di impressionismo nostrano, realizzato all’indomani della storica mostra del 1874. Costruito su tre toni principali, il quadro si appropinqua vertiginosamente ai margini dell’astrazione e adotta una composizione moderna, dove il soggetto principale viene adombrato da quei bussolotti rossi che sono le Queen’s guards. Il secondo ritrae invece una ragazza che, quasi annoiata, scrive una lettera reggendosi il mento: anche edulcorato, “Zandò” non è mai stucchevole…
Nella sala successiva troviamo il curioso Scavi a Pompei di Filippo Palizzi. Una donna, anch’essa con la mano al volto, ha interrotto la sua attività di facchina per mirare con intensità gli affreschi antichi. Sembra turbata. È lo sconvolgimento che assale la sua innocenza di popolana: la scoperta di un’altra civiltà che pone mille dubbi, che già la rende aliena alle sue compagne, efficacemente rappresentate di spalle. Espressivo è anche il taglio fotografico di sotto in sù, che spalanca la scena, quasi metafora dell’ampliamento di prospettiva della “matrona”.
Chiudiamo con due capolavori: Uscita di chiesa di Mosè Bianchi, giustamente usato come immagine di copertina, e Alpe di Maggio di Giovanni Segantini. Una coppia di donne (picche o fiori, fate voi) si staglia in piazza Duomo: due icone bizantine giustapposte, costruite dall’impressionismo mosaicato dell’artista monzese. E l’ombrellino rosso? Un papavero arso dal sole. Se poi vi avvicinaste, qualche passo più in là, alla piana svizzera, notereste tra i verdi anche degli arancioni e dei blu, puri come quelli di Van Gogh. Ma Vincent sciabolava, mentre qui Giovanni stiletta: touché!
Foto: Guglielmo Ciardi, Veduta sulla laguna