Il festival MITO si veste a stelle e strisce e propone un programma di musiche di grandi compositori d’oltreoceano a cominciare dall’autore della celebre Rhapsody in Blue. A misurarsi con le loro partiture musicisti del calibro di Andrea Rebaudengo, le sorelle Labèque, il quartetto Brooklyn Rider
Il 17 settembre Milano indosserà i panni della Grande mela. Tre dei quattro concerti organizzati dal festival MITO (ma analogo programma lo potrete seguire a Torino) che si terranno nel corso della giornata, infatti, saranno legati in modo più o meno esplicito alla metropoli (e più in generale alla musica) americana e, a chi li seguisse, potrebbero regalare la sensazione di fare un viaggio a New York senza muoversi da casa.
L’escursione oltreoceano inizierà nel pomeriggio, al Piccolo Teatro Studio Melato, dove i Brooklyn Rider presenteranno un programma accattivante e fuori dal comune per un organico tradizionale: il quartetto d’archi si metterà alla prova affrontando composizioni per lo più novecentesche quando non contemporanee. I Brooklyn Rider, ensemble attivo da una quindicina d’anni, si sono fatti un nome proprio in virtù della loro capacità di ringiovanire lo spirito della musica che eseguono. Effervescenza e passione sono le caratteristiche che rendono le loro esibizioni particolarmente care al pubblico e alla critica, che apprezza la loro visione spregiudicata delle partiture. Alfieri del classicismo, grazie alle esecuzioni di Haydn, Beethoven, Brahms, ora ci faranno scoprire come questi giganti sono stati interiorizzati da compositori quali Glass o Gershwin. Senza contare che, nel concerto, verrà presentato, in prima esecuzione italiana, un lavoro contemporaneo di Colin Jacobsen, uno dei due violinisti del gruppo. Ma le sorprese non finiscono qui poiché nel repertorio è inserita anche una vera perla preziosa, un quartetto del compositore e jazzista Julius Hemphill, Nostalgia in Times Square, brano che una volta scoperto non toglierete più dalla discoteca di casa.
Il “viaggio in america” continuerà al Teatro Bruno Munari con Andrea Rebaudengo, ben noto al pubblico nazionale e soprattutto milanese. Il pianista, che milita nell’ensemble di Sentieri Selvaggi, svolge contemporaneamente una brillante carriera di solista e in questa occasione si esibirà in un programma interamente dedicato alla musica pianistica di George Gershwin. Musica che riflette la natura curiosa e la personalità esuberante del compositore di origine ebraica e dal precoce talento. Quando, verso la metà degli anni Venti, Gershwin si recò a Parigi e chiese a Nadia Boulanger di poter studiare con lei, la musicista lo rifiutò per paura che studi troppo rigorosi e classici rovinassero il suo talento e la sua attitudine alla musica. Rebaudengo ci farà sentire come il blues, la musica colta, il jazz confluiscano nel songbook newyorkese. Si passerà dai temi più celebri di I Got Rhythm e The Man I Love, ascoltati in innumerevoli versioni, fino a brani meno noti come i Tre preludi o la meravigliosa Cuban Ouverture in una rara trascrizione per pianoforte solo. Bisogna riconoscere che la musica pianistica di Gershwin, per quanto di un valore indiscutibile, non è molto frequentata dai musicisti classici, forse proprio a causa della sua natura spuria e vicina allo spirito della musica jazz, che la rende meno convenzionale e forse più difficile da interpretare per chi è abituato alla musica europea. Proprio per questo l’occasione di ascoltarla dal vivo – e suonata da Rebaudengo – è particolarmente gradita.
L’ultimo americano che rimane da presentare è il musicista (compositore, nel suo caso, sarebbe riduttivo) Bryce Dessner, originario di Cincinnati (Ohio), di cui verrà eseguito il Concerto per due pianoforti e orchestra. Il concerto si terrà al Teatro Dal Verme e sarà diretto dalla bacchetta di Giampaolo Pretto con l’Orchestra Filarmonica di Torino; ai pianoforti le sorelle Katia e Marielle Labèque. Francesi, fin da giovanissime le due pianiste hanno intrapreso la strada della musica, prendendo lezioni dalla madre; oggi sono note per uno strabiliante sincronismo e la volontà di cimentarsi in musiche di qualsiasi epoca e genere, dal barocco al contemporaneo. Katia si è cimentata perfino con la musica jazz, entrando a far parte del gruppo di John McLaughlin.
Anche Dessner, per chi non lo conoscesse, è un musicista poliedrico, capace di spaziare dal rock (fa parte della band the National) alla musica per film, trovandosi a proprio agio nei repertori più diversi. Spezzare i confini dei generi, sperimentare e proseguire la propria ricerca espressiva senza preconcetti o limiti di ogni sorta. In un mondo che si dirige sempre più verso la specializzazione dei generi (così come delle professioni) l’attitudine del compositore americano e delle due pianiste è particolarmente apprezzabile, prova ne sono i numerosi premi da loro conseguiti. Il concerto, che sta già diventando un classico del repertorio contemporaneo, è stato scritto nel 2018 ed è stato dedicato proprio alle due pianiste, che ne hanno detenuto l’esclusiva per l’esecuzione fino all’anno scorso. Passaggi incantevoli e deviazioni affascinanti rendono l’ascolto di questo brano un’esperienza unica, ipnotica, che ne spiega il successo.
C’era una volta in America, come ci ha raccontato Sergio Leone. Domenica sarà l’occasione per ripassare un’altra storia ambientata oltreoceano e goderne gli umori musicali caleidoscopici e spregiudicati. Dal quartetto di Dvořák (chicca del concerto dei Brooklyn Rider che citiamo in coda perché americano non era ma ha scritto il brano omonimo) fino a quello di Julius Hemphill, oltre un secolo di musica tra jazz e tradizione classica, let’s go!
In copertina: Katia e Marielle Labèque (foto di Fabio Miglio)