Dafne (eccellente la prova di Carolina Raspanti), afflitta dalla famosa Sindrome, ha in realtà una vita soddisfacente: un buon lavoro, tante persone che le vogliono bene, due genitori che l’anno sempre sostenuta. Ma, alla morte della madre, sulle spalle della donna finirà anche il duro compito, in una sorta di inversione del ruolo padre-figlia, di sostenere il genitore (Antonio Piovanelli) distrutto dal dolore. Lo farà in un viaggio a due verso i luoghi natali della preziosa persona che hanno perso
Al cinema è assai raro trovare attori che, pur affetti da malattie genetiche gravi, dimostrino un talento pari o superiore a quello di attori con una vita come gli altri; eppure esistono diversi casi di questo tipo, è a dimostrarlo di nuovo arriva Dafne, il film diretto da Federico Bondi sulla Sindrome di Down (che non a caso esce il 21 marzo, Giornata Mondiale dei Down), vincitore del Premio Fipresci al Festival di Berlino.
Dafne (Carolina Raspanti) è una donna di 35 anni che nonostante sia Down ha tutto ciò che può desiderare dalla vita: un lavoro che le piace, dei colleghi simpatici, e soprattutto dei genitori affettuosi con cui vive, Luigi (Antonio Piovanelli) e Maria (Stefania Casini). Ma il suo mondo si capovolge nel momento in cui la madre muore per una malattia improvvisa. A quel punto deve cercare di sostenere il padre, distrutto dal dolore, e per farlo i due iniziano un viaggio a piedi verso il paese natale della madre, che li aiuterà a riconciliarsi e a guardare avanti.
Sin dall’inizio del film appare chiaro che la disabilità di Dafne non le impedisce di avere una vita vagamente normale, tutt’altro: nella Coop dove lavora tutti le vogliono bene, e lei cerca sempre di aiutare gli altri, tanto che quando vede il padre anziano in cattive condizioni si prende cura di lui, invertendo quasi i ruoli padre-figlia. Ed è qui che troviamo il principale messaggio del film: nonostante la sua condizione, la protagonista non vuole essere discriminata, ma nemmeno essere compatita o ricevere un trattamento di favore. Tutto quello che lei desidera è vivere un’esistenza serena e dignitosa, come ogni altra persona.
Questo non è il primo film italiano a trattare questa Sindrome: nel 2002 era uscito Ti voglio bene Eugenio con Giancarlo Giannini, e nel 2016 in Come saltano i pesci, la sorella del protagonista, Giulia, era anch’essa down. Tuttavia, tra Giulia è Dafne ci sono alcune differenze evidenti, e non solo di età: la prima cerca in ogni modo di attirare l’attenzione dei grandi che le stanno intorno, sentendosi un peso soprattutto per il fratello; Dafne al contrario riesce spesso a risolvere i problemi della gente con cui ha a che fare, e nonostante il suo comportamento bizzarro si dimostra molto più matura di tante persone “normali”.
Carolina Raspanti dimostra un notevole talento pur essendo al suo primo film: nella realtà lei lavora davvero in una Coop in provincia di Ravenna, e ha scritto due romanzi autobiografici su come convive con la sua condizione. Altrettanto bravo è Antonio Piovanelli, non particolarmente famoso ma già nel cast di celebri film come Novecento di Bernardo Bertolucci. Se sul versante della recitazione il film se la cava molto bene, lo stesso purtroppo non si può dire della regia e della sceneggiatura: sebbene ci siano alcune scene toccanti, o piene di umorismo per il comportamento di Dafne, non bastano a bilanciare i dialoghi spesso lenti, monotoni. Il film è certamente stato fatto con le migliori intenzioni, ma il risultato finale da l’impressione che l’idea che sta alla base avrebbe potuto esser sviluppata in modo più efficace.
Dafne, di Federico Biondi, con Carolina Raspanti, Antonio Piovanelli, Stefania Casini