Il tradizionale festival di musica elettronica del Centro San Fedele è iniziato con una proposta fortemente innovativa mettendo insieme un gruppo, i Sintax Ensemble, che ha affrontato diverse pagine del repertorio acustico e non della musica contemporanea, e il compositore lussemburghese Francesco Tristano che si è confrontato con grandi maestri inglesi del passato come Peter Philips e Orlando Gibbons. Ma la rassegna promette altri interessanti eventi. Il 16 ottobre per esempio salirà sul palco il performer canadese Tim Hecker
È possibile eseguire un programma di musica contemporanea come un DJ set? E la musica elettronica può accostarsi a quella rinascimentale?
A queste domande ha cercato di rispondere il Festival Inner_Spaces,cominciato lunedì 25 settembre all’Auditorium San Fedele. Protagonisti della sfida il Syntax Ensemble, notevole e recente formazione musicale in residence al Centro Culturale San Fedele dal 2022, e il pianista compositore lussemburghese Francesco Tristano.
Il fatto che complessivamente ci siano riusciti è testimoniato dagli applausi convinti e poi dai commenti positivi registrati fuori del teatro, tra una folla di giovani che raramente si vede in altre manifestazioni dedicate alla “musica colta”.
La sensazione è che al San Fedele si stia cercando di trovare una via per valorizzare l’aspetto della performance nel concerto.
Frequentando diverse rassegne ho avuto più volte l’impressione che l’evento musicale non sia considerato nella sua interezza, mentre meriterebbero maggiore attenzione i diversi aspetti che lo compongono oltre alle composizioni presentate. Gli applausi tra un brano e l’altro, le attese, i tempi morti… Sono tutte interruzioni nei confronti di ciò che invece potrebbe essere un unicum totalmente artistico.
Il pubblico del San Fedele (Foto di Riccardo Trudi Diotallevi)
Per questo ho trovato vincenti le scelte che don Antonio Pileggi, direttore del San Fedele, ha attuato a proposito dell’esibizione dei Sintax e che aveva anticipato in un incontro introduttivo a questa undicesima edizione del Festival: «Volevamo presentare una proposta diversa e per questo abbiamo pensato a un collage senza soluzione di continuità, quasi un DJ set ma senza tradire le composizioni presentate». Ed è così che quella che rischiava di essere l’ennesima sequela di brani del repertorio contemporaneo è diventata invece un originale continuum in cui l’ensemble diretto da Pasquale Corrado si è mosso con agilità, nonostante fosse il primo concerto in cui si misurassero con un’esibizione del genere, di fronte ad un pubblico diverso da quello a cui sono abituati.
Le musiche di David Lang, Luciano Berio, Beat Furrer e Sofija Gubajdulina sono state raccolte all’interno di una “cornice elettronica” derivata da brani di Iannis Xenakis (Concret PH, La Légende d’Eer e Diamorphoses) utilizzati come transizioni e gestiti alla consolle da Giovanni Cospito.
Il fatto che le composizioni si intrecciassero, si ripetessero (è successo con Sweet Air di Lang e con Concret PH che ha aperto e chiuso la performance) e che i suoni degli strumenti e quelli registrati fossero “spazializzati” ha creato un “momento” di 40 minuti che non ha dato il tempo neanche alle menti più distratte di divagare al di fuori dello spettacolo.
Sintax Ensemble si esibisce a Inner _Spaces (Foto di Riccardo Trudi Diotallevi)
L’interezza dell’esibizione, coadiuvata da un uso essenziale ma efficace delle luci di sala e del palco, ha prodotto un concerto di rara intensità che ha messo in dialogo tra loro le diverse composizioni creandone quasi una nuova, estesa e sfaccettata in diverse parti dai caratteri contrastanti.
Ottima l’interpretazione e la scelta dei brani presentati, tra cui spiccavano O King di Berio (per mezzosoprano e quintetto) e Rebonds B per percussioni di Xenakis che l’interprete Dario Savron ha reso quasi come un solo dal sapore rock: la tentazione di applaudire subito dopo è stata forte…
Nella seconda parte della serata, invece, l’ex enfant prodige del pianoforte Francesco Tristano, assistito al mixer da Edoardo Pietrogrande, ha integrato l’interpretazione del grande repertorio antico ai linguaggi della club music con un lungo solo al Gran Coda Yamaha CFX e ai sintetizzatori.
Formatosi presso la Juilliard School, fu proprio negli anni da studente che Tristano iniziò a frequentare i locali di techno newyorkesi e ad appassionarsi al genere. Nel corso della sua carriera ha inciso diversi dischi per la Deutsche Grammophon e ha partecipato a una serie di mostre e concerti curate da Ryuichi Sakamoto dedicate a Glenn Gould. È fortemente legato alla musica barocca, in particolare a J. S. Bach, così come a Buxtehude e Frescobaldi. L’esibizione al San Fedele è infatti tratta dal suo ultimo album On Early Music (2022, Sony Classical) in cui rende omaggio ai grandi maestri inglesi del periodo “virginale” che fiorì tra la fine del Rinascimento e l’inizio dell’epoca barocca.
Accanto alle opere di John Bull, Peter Philips e Orlando Gibbons (reinterpretati con un un sapore quasi jazzistico) compaiono anche i suoi brani originali, ispirati dagli stilemi antichi o con fraseggi improvvisati, rimaneggiamenti e rielaborazioni del materiale musicale con l’uso di sonorizzazione elettronica.
«Tristano – dice Don Antonio – è un esperto musicista che da anni desideravamo invitare ad Inner_Spaces. Con lui portiamo in sala una proposta di qualità grazie alla quale si può riscoprire un repertorio ma senza perdere di vista l’interesse per il nuovo».
Impresa ardua che comporta il rischio di scadere nel kitsch e che genera un po’ di rimpianto per un artista che invece ha tutte le carte in regola per coinvolgere con un’offerta musicale forse più consapevole. La sensazione, infatti, percepita a tratti da molti ascoltatori è stata quella di disagio nei lunghi momenti in cui il pianoforte diventava parte integrante di un’esibizione di “dance music” con tanto di cassa in 4/4. Una esibizione che sarebbe stata forse più appropriata in un altro contesto.
(Foto di Riccardo Trudi Diotallevi)
Il primo appuntamento del Festival ha comunque interpretato in pieno il titolo della stagione 2023, Memoria e continuità creativa, che sembra voler sottolineare in modo ancora più esplicito rispetto alle edizioni precedenti la scelta di integrare percorsi di ascolto che abbracciano diverse epoche storiche, mantenendo in primo piano la produzione elettronica.
Una visione della musica che non conosce confini di genere e stili. Non a caso una fonte d’ispirazione di Inner_Spaces è sempre stato il visionario regista cinematografico russo Andrei Tarkovsky, che integra le immagini e i dialoghi con musiche tratte da Bach, Verdi, Beethoven, o da suoni di sintesi, rumori ambientali e composizioni in studio.
I risultati di queste scelte si vedono nei numeri (è già sold out la serata del 6 novembre che vedrà Donato Dozzy per la prima volta in compagnia di tutta la sua ricca apparecchiatura analogica) e nel fatto che altre manifestazioni cittadine si stiano interessando ad Inner_Spaces.
Lunedì 9 ottobre l’Auditorium ospiterà infatti l’evento finale a ingresso libero organizzato per la Milano Digital Week, con in programma opere di Brian Eno e di Andrew Pekler. Il prossimo appuntamento del Festival sarà invece il 16 ottobre con il musicista di musica elettronica e produttore discografico canadese Tim Hecker (in arte Jetone).
Consigliato non aspettare l’ultimo momento per l’acquisto dei biglietti. Spettatore avvisato…
In copertina: Francesco Tristano (foto di Marie Staggat)