Una ricca esposizione all’Accademia di Architettura di Mendrisio, per scoprire la produzione grafica di uno dei protagonisti dell’architettura del Novecento
Un grande lavoro per lo studio dell’opera di Le Corbusier (1887-1965) è stato fatto, in tempi recenti, da Danièle Pauly, storica dell’arte e docente presso l’Université des Sciences Humaines de Strasbourg. In occasione della pubblicazione del primo volume del suo Catalogue raisonné des dessins de Le Corbusier, la Pauly ha curato la mostra dedicata ai disegni giovanili dell’insigne architetto nato in Svizzera a La Chaux-de-Fonds, nel Canton Neuchâtel, e poi naturalizzato francese. Al Teatro dell’architettura dell’Università della Svizzera italiana di Mendrisio è possibile osservare in questi mesi una rassegna di più di ottanta disegni originali inediti provenienti da collezioni private e pubbliche svizzere, a cui si aggiungono numerose riproduzioni in facsimile di disegni provenienti dalla Fondation Le Corbusier di Parigi.
Le opere, ripartite rispettivamente in sei sezioni, sono ascrivibili al periodo di anni che va dal 1902 al 1916 e che è risalente agli «Années de formation et premier voyages» ai quali è dedicato il citato catalogo della Pauly. Nella rassegna si osservano disegni realizzati con le tecniche più varie: a semplici schizzi a matita o china si accostano lavori più strutturati, compiuti a pastello o acquerello o gouache. L’esposizione testimonia, fuor di dubbio, l’indefessa operosità a cui sempre Le Corbusier fu devoto. La sua formazione specialistica iniziò nel 1902 all’École d’Art et d’Art appliqué à l’Industrie di La Chaux-de-Fonds, dove s’impratichì dapprima come incisore-cesellatore per casse di orologi, seguendo le orme del padre, per poi concentrarsi maggiormente e definitivamente sugli studi di architettura sotto la guida di Charles L’Eplattenier.
A questa fase liminare della sua produzione disegnativa, che va circa dal 1902 al 1907, sono dedicate le prime tre sezioni dell’esposizione, nelle quali è possibile osservare numerosi studi, sia di figura (umana ma anche animale), sia di strutture e di particolari architettonici, sia di motivi floreali e sia di oggetti d’interno (ad esempio piatti, coppe e un ventaglio). Ma attenzione: si badi al fatto che tutti i disegni esposti recano la firma del nome di battesimo di Le Corbusier, cioè Charles-Édouard Jeanneret (assunse infatti lo pseudonimo con il quale è ricordato solo a partire dal 1920 per le pubblicazioni dei suoi articoli sulla rivista L’Esprit Nouveau).
Gli studi del giovane Le Corbusier, a seguito di questa formazione scolastica, furono arricchiti anche dai suoi numerosi viaggi – di cui sono testimonianza i disegni rispettivamente della quarta e della quinta sezione – e che vennero compiuti soprattutto nel periodo compreso tra il 1907 e il 1912. Li riassumiamo in breve: dal settembre al novembre del 1907 Jeanneret soggiornò in diverse città italiane; fu dal novembre 1907 al marzo 1908 a Vienna, dove si confrontò con le opere di Koloman Moser, Josef Olbrich, Gustav Klimt, Otto Wagner e Josef Hoffmann; giunse poi a Parigi (passando per Monaco, Norimberga, Strasburgo e Nancy) dove stette dal marzo 1908 al novembre 1909 e studiò con grande cura le opere museali ed ebbe un occhio di riguardo per la cattedrale di Notre-Dame; dopo un breve ritorno a La Chaux-de-Fonds, nel biennio 1910-1911 viaggiò per la Germania dove, in particolare, conobbe il suo futuro mentore William Ritter, ed ebbe l’opportunità di lavorare come disegnatore nello studio di Peter Behrens a Berlino; fra il maggio e il novembre del 1911 compì una lunga peregrinazione verso Oriente, con numerose tappe fra le quali si segnalano le città di Praga, Vienna, Budapest, Belgrado, Bucarest, Istanbul, Atene e, sulla via di ritorno, Napoli, Pompei, Roma, Firenze e Pisa.
Dopo aver passato praticamente quattro anni a viaggiare e a studiare in prima persona le opere artistiche disseminate in buona parte dell’Europa, risulta chiaro come Jeanneret, nonostante la sua giovane età, fosse già pronto, anche grazie alle sue capacità fuori dal comune, per ricoprire il ruolo di insegnante al suo ritorno nel 1912 alla scuola d’arte di La Chaux-de-Fonds. L’ultima sezione della mostra ospita la produzione degli ultimi quattro anni di soggiorno dell’architetto nella sua città natale, dalla quale si trasferirà definitivamente a Parigi all’inizio del 1917.
Ritornano in questa parte finale alcuni studi di figura, ai quali sono accostati paesaggi ad acquerello e anche una Natura morta con frutta (1912-1914) che, secondo Pauly, prefigura «il tema che dominerà tutta la fase seguente della sua produzione artistica, quella detta “purista”, dal 1918 al 1925, in cui Jeanneret […] si dedica all’esplorazione dell’universo degli oggetti, del loro rapporto formale e spaziale e dei giochi lineari, provocando la “ri-creazione” di insiemi nuovi, espressione di una nuova estetica in linea con lo “spirito moderno”».
L’evento organizzato dall’Accademia di architettura della Svizzera italiana nella sua interezza riserba senza dubbio un intento sì divulgativo, ma nel senso più completo che questo aggettivo può assumere. Oltre all’esposizione imperniata sulle pregnanti fasi iniziali del percorso di uno dei più grandi architetti del secolo scorso si segnala infatti, al piano superiore rispetto alla rassegna, la presenza di alcune salette dove è possibile visionare ben sei documentari incentrati sugli esiti della maturazione successiva degli studi di Le Corbusier. I filmati fanno parte di un’iniziativa complementare a quella curata da Pauly e organizzata dall’Accademia di architettura della Svizzera italiana con la collaborazione del Milano Design Film Festival. La visita congiunta a queste due proposte culturali dedicate a Le Corbusier offre e permette un percorso informativo completo, che si distingue nettamente dal percorso parziale e spesso monotematico tipico delle mostre dotate di carattere più specificatamente commerciale. Non si può che valutare quindi positivamente quest’opportunità di fruire di un focus bivalente su Le Corbusier.
In particolare, il filo rosso che si scorge nella mostra curata da Pauly mi pare essere, anche su indicazione dell’agile e al contempo esaustiva guida cartacea fornita al visitatore, la cura per la profonda fede che Le Corbusier sempre nutrì nei confronti del valore del disegno. Questa è testimoniata, oltre che in maniera diretta dalle numerose citazioni tratte dagli scritti di Le Corbusier che compaiono nella guida, anche da Mario Botta, che considerando il volume della Pauly, sostiene: «appare evidente che il disegno diviene per Le Corbusier un importante strumento che fiancheggia, con forte autonomia, la sua poetica e il suo pensiero e che diventa un modo per interpretare la realtà del mondo con una propria gerarchia dei valori. Il disegno, anche se solo schematico, non è mai utilizzato in funzione di altri obiettivi ed è espressione autonoma, vero e proprio prolungamento della mente».
Non si può dar torto a quest’affermazione dal momento che, rispetto alla concretizzazione dell’opera, il disegno gioca nella pratica artistica un ruolo portante. Al disegno però è – e deve essere – precedente la sua stessa concezione mentale, vale a dire la sua ideazione anteriore a qualsiasi segno tracciato sulla carta; la comprensione della modalità progettuale del disegno, a livello mentale, si colloca sempre prima della realizzazione effettiva.
La pratica artistica, più in generale, presuppone l’attecchimento di un proposito creatore basato sull’osservazione e sulla riflessione; non a caso Le Corbusier nel 1965 scrive a riguardo: «Disegnare significa prima di tutto osservare […]. Bisogna penetrare nel cuore stesso delle cose attraverso la ricerca e l’esplorazione. Il disegno è un linguaggio, una scienza, un mezzo espressivo, uno strumento di trasmissione del pensiero» e poco dopo continua dicendo: «Penso che se si deve riconoscere qualcosa alla mia opera […] bisogna attribuirne la virtù profonda a questo lavoro segreto […]. Il disegno è un testimone. Testimone imparziale e motore delle opere del creatore».
Ora, mi pare che, dopo osservazioni di questo tipo, non sia scorretto affermare che il valore del disegno stia inoltre nella sua capacità di permettere la costruzione concreta dell’opera architettonica. Ciò che diventerà materiale nasce appunto dal disegno, l’opera è traslata dalla mente dell’architetto alla carta, per poi manifestarsi pubblicamente. Questa costruzione prima che essere materiale è quindi mentale. Nei disegni del giovane Le Corbusier è possibile scorgere i primi germi della sua capacità di costruire ‘con la mente’. Anche qui ci vengono in aiuto le sue parole: in uno scritto del 1925, L’art décoratif d’aujourd’hui, Jeanneret, ricordando i suoi soggiorni parigini passati a studiare la cattedrale di Notre-Dame, sostiene infatti di aver conosciuto il «fervore della ‘costruzione’».
Tutto torna ulteriormente se confrontato con quanto detto da un altro grande intellettuale francese, Paul Valéry, in una sua particolare opera, intitolata Eupalinos o L’architetto, che appare integralmente pubblicata nel 1921 come prefazione ad un volume d’arte a tiratura limitata. Ci basta ricordare che qui l’architettura compare come la forma d’arte maggiormente stimata da Valéry, dal momento che in essa è ravvisabile al massimo grado la capacità creativa umana non fondata sull’imitazione del dato naturale, ma frutto del puro intelletto, di un proposito costruttivo che è in primo luogo mentale. Nel rapporto con un’opera architettonica, secondo quanto sostenuto nello scritto valériano, «[n]oi siamo, ci muoviamo, viviamo allora entro l’opera dell’uomo» e proprio questo tipo di contatto – attraverso il quale l’individuo entra a far parte della costruzione – distinguerebbe l’architettura dalle arti figurative o letterarie. Ritorna qui, come già si è visto per Le Corbusier, una caratteristica che allora pare essere determinante per la progettazione architettonica e per il disegno che ne è alla base: la necessità di fondarsi su uno stadio iniziale di tipo primariamente intellettuale, che permette però una successiva realizzazione materiale, tangibile, della costruzione artistica.
I disegni giovanili di Le Corbusier. 1902-1916, a cura di Danièle Pauly, Mendrisio, Accademia di Architettura, fino al 24 gennaio 2021
Immagine di copertina: Jeanneret di fronte a Le Couvent, dintorni di La Chaux-de-Fonds, 1912. Copyright ©FLC/ADAGP