Alla Punta della Dogana della Biennale di Venezia arriva l’ultima mostra della fondazione Pinault, curata da Dahn Vo con uno stile decisamente insolito
Danh Vo, giovane e rampante artista di origine vietnamita, sta in questi giorni rappresentando la Danimarca alla 56esima Biennale di Arte di Venezia. Il vero motivo per cui i riflettori sono tutti puntati su di lui è la curatela/partecipazione di Slip of the Tongue, mostra in corso presso la Punta della Dogana, l’esclusivo spazio espositivo di proprietà della fondazione Pinault nel capoluogo veneto.
Vo partecipa a questa mostra sia come artista, esibendo diverse opere proprie, sia come curatore, affiancato da Caroline Bourgeois. Questa figura dalla doppia valenza è decisamente interessante, pur presentando contemporaneamente aspetti positivi e negativi.
Da una parte l’intero impianto espositivo mostra una sorta di reminiscenza dell’approccio enciclopedico che ha caratterizzato la passata Biennale di Arte veneziana (Il Palazzo Enciclopedico, 2012). Il visitatore viene fornito all’ingresso di un voluminoso fascicolo con racchiuse tutte le opere degli artisti in ordine alfabetico. L’allestimento vede l’ardita scelta di far dialogare quadri del rinascimento italiano con opere contemporanee. Lo spettro di artisti presenti è vastissimo.
Per capire appieno questo progetto di curatela occorre soffermarsi sul vero significato del termine curatore, risalendo all’etimologia latina di curator, ovvero colui che era incaricato del mantenimento dell’infrastruttura cittadina. In questo senso quindi questa figura si avvicina a quella del restauratore.
Vo si immedesima in questa figura del protettore dell’arte, integrando nella sua curatela quella che a un primo sguardo può sembrare un’accozzaglia casuale di opere. Questo processo sconfina spesso nell’autobiografico, con la frequente inclusione di pezzi di suoi amici intimi, come Felix Gonzalez-Torres e Nairy Baghramian – dal titolo di un’opera di quest’ultima prende il nome l’intera mostra – contaminando l’esposizione in una mappatura della vita artistica personale del curatore.
Vo fa un passo indietro rispetto all’atteggiamento di interpretazione forte che normalmente accompagna l’attività di curatela, per enfatizzare un lato dell’attività dell’artista che si pone a salvaguardia degli oggetti che produce, per porre l’attenzione su come queste opere tra di loro possano dialogare anche se stilisticamente e cronologicamente antitetiche. Tra questi artisti si instaura una relazione ben rappresentata da una fotografia di Robert Manson – scelta come icona della mostra – che raffigura una cavalletta con la mano che la sostiene, immobili nella reciproca attenzione.
Una mostra molto lambiccata, quasi cervellotica, che a prima vista può lasciare spaesati e rimanere incompresa, ma che allo sguardo approfondito può essere molto piacevole.
Slip of the Tongue @ Punta della Dogana, Venezia, fino al 31 dicembre 2015
Immagine di copertina: Robert Manson, Travaux des champs et animaux de la ferme, c. 1950 groupe de 37 photographies – Pinault Collection