Due uomini e una strada da realizzare nel mezzo di un paese in piena ricostruzione post bellica: l’ultimo romanzo di Dave Eggers è una parabola volutamente scarna ma molto acuta sulla guerra e le sue conseguenze. L’autore americano torna in libreria con “La parata”, edito da Feltrinelli.
Dave Eggers è un raro esempio, nel panorama degli scrittori contemporanei, di poliedricità e capacità nel dar seguito con azioni concrete all’immaginazione creativa della sua produzione letteraria: oltre a scrivere romanzi, racconti brevi e autobiografici (come il brillantissimo ormai lontano esordio L’opera struggente di un formidabile genio, Mondadori 2000), ha vinto un premio letterario per la pace (il The Dayton Literary Peace Prize, 2010), ha creato una casa editrice indipendente di successo (la McSweeney’s), un circolo giovanile no profit per la scrittura creativa (il 826 National) e ha inaugurato nel 2018 il Congresso internazionale delle voci della gioventù (l’International Congress of Youth Voices).
Tutte queste attività collaterali alla scrittura hanno interessato da vicino le realtà di alienazione generate dal progresso globale attraverso l’investimento in progetti che coinvolgono i giovani e la loro creatività, come un antidoto. Questi progetti influenzano e sono influenzati in modo circolare dalla sua produzione letteraria.
Nella sua carriera da scrittore, l’interesse di Eggers è passato rapidamente dal singolare al plurale, da un’illuminatissima opera d’esordio in cui le relazioni personali tra due fratelli vengono poste al centro della narrazione, agli ultimi lavori che analizzano invece, spesso in maniera distopica, le dinamiche sociali e politiche derivanti dal progresso globale (come ne Ologramma per il re, Il Cerchio, Il monaco di Mokha) e descrivono in modo estremamente critico le conseguenze potenzialmente disastrose che tali dinamiche possono generare.
In quest’ottica l’ultimo romanzo di Dave Eggers si pone come tassello perfettamente coerente con il suo percorso letterario: La parata (Feltrinelli) è una breve parabola sulla guerra e le sue conseguenze, ideata per mostrare come gli sforzi di ricostruzione, a valle di un conflitto, possano confluire o addirittura causare ulteriori conflitti.
Il linguaggio utilizzato da Eggers nel romanzo risulta neutro, semplice, libero da effetti stilistici ricercati, efficiente. Allo stesso modo i suoi due personaggi principali sono spogliati praticamente di tutta la loro individualità: nei nomi (i protagonisti sono conosciuti semplicemente come numeri “Quattro” e “Nove”) e nella loro storia personale. Il loro caratteri sono quasi opposti: Quattro è una efficiente “macchina” produttiva, impeccabile nel lavoro e soprannominato “L’ Orologio”; Nove è viceversa “un agente del caos” assolutamente incompatibile con il suo collega di missione.
Le differenze caratteriali dei due protagonisti diventano presto un problema, esse influenzano e caratterizzano la narrazione fino a stimolare nel lettore profonde riflessioni sulla possibile convivenza tra istinto e razionalità. Nell’utilizzare questa dicotomia come schema di base per la narrazione, il romanzo di Eggers cita e ricorda l’impianto di Narciso e Boccadoro, ma mentre nel romanzo di Hermann Hesse tale elemento si eleva fino a diventare il fine stesso del libro, ne La parata esso rimane uno strumento per la vicenda narrata.
L’ambientazione in cui si svolgono i fatti è ugualmente ridotta e impersonale: in una nazione senza nome “che si sta riprendendo da anni di guerra civile, piena di corruzione e ora gravata da un governo nuovo e senza legge”, Quattro e Nove sono stati incaricati dai loro datori di lavoro (di cui non si sa nulla) di realizzare l’asfalto di una strada che collega il sud del paese, estremamente povero, al nord più ricco, dove si trova la capitale. L’obiettivo del lavoro sarà quello di consentire una parata che verrà organizzata dal nuovo governo proprio per celebrare la recente unità del paese.
Il romanzo racconta le tappe di questo lavoro quotidiano, lineare e ciclico, come una spirale, che di giorno in giorno verrà turbato dagli imprevedibili comportamenti di Nove che altererà in un climax irreversibile la precisa tabella di marcia prevista da Quattro.
Quanto il pragmatismo deve essere sostenuto dalla compassione nella nostra vita? Quanto la generosità deve essere mitigata dalla cautela?
Queste le domande che accompagnano il lettore verso una fine del romanzo non scontata e di rottura, che ha l’effetto di ampliare l’orizzonte di chi legge dalla contingenza della vicenda verso riflessioni di più larga scala, sociale e politica.
Con questo romanzo Eggers si è espresso in un esercizio di privazione: ha ridotto il suo stile normalmente acuto ed intelligente a una serie di frasi piatte e dichiarative, ha suddiviso i suoi personaggi in topoi letterari ed ha neutralizzato i dettagli di ambientazione. Ciò che resta sono gli elementi netti di una parabola, che porta il quoziente pretenzioso del libro a livelli pericolosamente alti.
Pur senza definirne i contorni, il romanzo potrebbe sembrare una storia sull’atteggiamento che l’Occidente ha nei confronti dei paesi in via di sviluppo, degli effetti negativi che spesso questo genere di aiuto comporta. Ma sarebbe limitato concludere che il fine di Eggers, con questo libro, sia quello di una critica pura contro il progresso. Piuttosto, la sua allegoria è pensata per farci riflettere sui pericoli insiti nel “miglioramento”, soprattutto quando questo viene principalmente sfruttato da coloro che controllano le leve del potere.
La parata può risultare un romanzo estremamente scarno in termini di trama, personaggi e linguaggio, ma questa magrezza non diminuisce la forza del suo messaggio.