Buon compleanno David Bowie

In Musica

Fra quattro giorni (8 gennaio) il Duca Bianco avrebbe compiuto 70 anni. Cogliamo l’occasione per ricordare David Bowie e con lui i grandi scomparsi quest’anno. La loro musica per nostra fortuna è più viva che mai

È stato il primo ad andarsene nel “maledetto” 2016, e forse il più pianto e rimpianto. Come sempre David Bowie è stato il più avanti di tutti, anche nella uscita di scena, preparata con cura ed intelligenza.

Ognuno ha i suoi ricordi, come è ovvio. I miei su Bowie partono da una cassetta – un’audiocassetta – su cui avevo registrato Ziggy Stardust. Era il 1980, il disco di Ziggy era già uscito da sette anni e io Bowie lo conoscevo per Heroes, il disco berlinese freddo e bollente che piaceva tanto ai miei amici più fighi, quelli che amavano il Duca Bianco perché facevano parte della sua “banda”. Naturalmente eleganti, vestiti bene anche se con roba apparentemente poco costosa. Un po’ tossici, senza esagerare. Una specie di élite a cui non appartenevo per evidenti limiti di “grazia”. E anche di portafoglio.

Poi qualcuno mi consigliò Ziggy. Andai a radio Popolare (la mia casa musicale di allora, un archivio di dischi da ascoltare e registrare…la felicità!) e da un lato registrai Bowie, dall’altro un gruppo emergente, i francesi Marquis de Sade. Fu una delle cassette più consumate della mia vita.

Rispetto ad Heroes Bowie era… un altro. Rock, androgino, ma anche lirico nel raccontare il viaggio disperato e meraviglioso di chi cerca e non trova, ma vive e racconta con sensibilità e intelligenza. E poi molto blues e molto rock. Da lì è partita la riscoperta del Bowie precedente nell’attesa della festa di Let’s dance, disco pop del 1983 perfetto da ballare e ascoltare nell’epoca del post punk.

Passano gli anni, e Bowie si tuffa con il solito coraggio in altre avventure, ma incredibilmente comincia a sbagliare: nel 1987 esce Never let me down e il 10 giugno viene a suonare a San Siro. Non era un gran disco quello, e in più stesso giorno e stessa ora al Palatrussardi arriva Peter Gabriel con il live di So, il disco che più ho amato del caro Peter. Andai a vedere Gabriel, e feci bene: i commenti su Bowie furono “tiepidi”: live malato di gigantismo, troppo spazio al nuovi disco….lui stesso poco convinto.

Tre anni dopo, con in mezzo la strana parentesi dei Tin Machine, arrivò l’occasione perfetta per vederlo live: Bowie era uscito con un antologia – Changes – e dal vivo faceva un concerto antologico con i pezzi migliori del repertorio.

Il 13 e 14 aprile 1990 al Palatrussardi arrivò quindi il Sound and vision tour, e finalmente vidi materializzarsi davanti ai miei occhi tutto quello che ha reso Bowie una leggenda: bello, demoniaco, carismatico, con una voce potente ed emozionante, con tante idee di messa in scena che facevano del concerto una continua sorpresa… e poi il repertorio! Sono andato a ripescarmi la scaletta del 13 aprile: si partiva con Space oddity e quella sera si chiuse con Modern love. In mezzo tutto quello che amavo di Bowie, con alla chitarra quel genio di ritorno che era ed è Adrian Belew.

Un concerto perfetto. Tanto che scelsi di non vedere mai più Bowie live, perché ero certo che non avrei mai potuto vedere di meglio. Una scelta che avevo già fatto con i Rolling Stones (visti a Torino nel 1982 e poi non più) e che penso lungimirante: artisticamente Bowie non ha fatto più nulla di determinante tranne l’uscita di scena e uno show così perfetto non l’avrei mai più beccato.

Due parole sul 2016 appena finito che ha lasciato tante vittime: la cosa che mi ha fatto impressione è vedere artisti troppo giovani per morire andarsene così, in maniera improvvisa e secca. Due nomi su tutti, Prince e George Michael. Come se gli anni ottanta avessero inciso “troppo” sulla vita e sulla salute psicofisica di ragazzi molto sensibili e che con gli eccessi avevano una certa confidenza.

Attenzione, nessun giudizio morale, ci mancherebbe: è che alla lunga certi eccessi si pagano, e non tutti hanno la tempra di Keith Richards… temo, anzi sono certo che anche i prossimi anni saranno pieni di lutti duri da digerire. Ma gli anni passano, e solo the rock ‘n roll never die.

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