Dopo il successo dell’amore una volta all’anno in “Un giorno”, David Nicholls n libreria con “Noi”, parabola della vita coniugale già in odore di best seller
La generosità non è forse il più usuale dei criteri per giudicare uno scrittore e la sua opera. Eppure è il primo che l’ultimo romanzo di David Nicholls, Noi, uscito in autunno in Inghilterra e più o meno contemporaneamente negli altri paesi, sembra evocare.
In una tendenza letteraria votata all’auto fiction, con esiti altalenanti e divergenti – alcuni capaci di ricavarne lo spazio per una sorta di rinascita del romanzo sociale, altri collassati piuttosto sull’autobiografismo – la narrativa come luogo delle storie, più che dello scrittore, sembra confinata ai margini.
E qui si esprime la generosità di Nicholls verso il lettore, il suo farsi da parte, diventare come trasparente a favore del microcosmo narrativo creato. Un talento nel raccontare storie che Noi non fa che confermare, e che dopo la compiutezza e il successo di Un giorno non avevamo forse motivo di mettere in dubbio.
In un certo senso, Noi rappresenta la versione adulta, non necessariamente più matura quanto più propriamente coniugale, del rapporto a due tratteggiato nel romanzo precedente. Non ci sono legami effettivi, ma i temi e le forme ricorrono: una coppia osservata nel corso degli anni, dall’incontro sul finire degli anni ’80 al presente, di fronte ai problemi che ogni relazione, o più semplicemente la vita, pone (è a questo “noi” collettivo che il titolo sembra alludere).
Douglas è un giovane ricercatore scientifico, è timido, goffo, decisamente poco sociale. Connie è un’aspirante pittrice, sofisticata, ironica, attraente, sempre circondata da artistoidi e con un ex piuttosto ingombrante. I due si conoscono a una festa organizzata dalla sorella di Douglas, e scatta la più tradizionale delle attrazioni fra poli opposti. La relazione in breve tempo scala tutti i gradini necessari verso la stabilità e il matrimonio.
Ma non è da questo principio strettamente cronologico che prende avvio il romanzo di Nicholls, bensì dal momento in cui, dopo più di vent’anni e alla vigilia di un Grand Tour per l’Europa assieme al figlio diciassettenne Albie, Connie annuncia a Douglas che sta pensando di lasciarlo. Douglas è perso, disperato, e se, all’inizio, è tentato di gettare subito la spugna e mandare a monte il viaggio, decide poi di tentare il tutto per tutto e recuperare l’amore della moglie durante le settimane in Europa. Non è solo Connie che Douglas deve riconquistare, in gioco c’è anche il rapporto con Albie, adolescente intenso e inquieto, con cui Douglas da sempre fatica ad avere un dialogo.
Così il Grand Tour ha inizio, di pari passo con la rievocazione da parte di Douglas degli snodi fondamentali della loro storia: l’incontro, i primi mesi di impensabile leggerezza, il matrimonio, la morte dei genitori, il tradimento, il dolore ingestibile della perdita della loro prima bambina, la maturità, i compromessi con se stessi, quelli con l’altro.
È in questi passaggi che si scioglie più limpidamente la sapienza narrativa di Nicholls: le finestre del ricordo sono nitide di dettagli; lo sfondo culturale, sociale ed economico su cui crescono le vite di Connie e Douglas riesce a essere al contempo dinamico e discreto, evolve con loro senza divenire preponderante; la coppia è osservata da dentro, vive poco di definizioni quanto più di situazioni perfettamente quotidiane; la voce di Douglas è ironica, divertente, e assieme struggente, lacerante. Non c’è spazio qui per la psicologia da quattro soldi perché se l’è preso tutto l’emotività.
Questi quadri sul passato si alternano dunque alle scene di viaggio per l’Europa, dove invece si rintraccia qualche eccesso di funambolismo e qualche carenza di plausibilità. Più votata all’intrattenimento puro, a un’azione quasi cinematografica, la narrazione del presente si riscatta bene verso la fine, quando le due anime del libro trovano sintesi e armonia.
Se in un epilogo lieto o in una chiusura amara, non è la domanda giusta: è di nuovo il racconto della vita a prendere il centro della scena, e non c’è possibilità, qui, di definizioni assolute. C’è, piuttosto, spazio per tutto.
“Noi” di David Nicholls (Neri Pozza, pp. 431, 18,00 euro)