De Capitani rilegge Berkoff e racconta un mondo punk in cui la Storia è pretesto frammentario e il dramma dell’umano regna. Bravissimo Bonadei – ma non solo lui
Lo spazio scenico, in Alla greca, appare stretto, sembra una gabbia in cui Eddy (Edipo), interpretato da Marco Bonadei, è costretto a compiere il suo destino e neanche lo sa. La sua solitudine è resa in una prossemica di isolamento rispetto agli altri personaggi. Il suo pulpito invece che sopraelevarsi sprofonda nella ghiaia; da lì Eddy parla da solo o si rivolge al pubblico. I personaggi non sono realistici né psicologici, sono maschere a volto scoperto, antichi archetipi catapultati in un bosco punk e sena filtri. Edipo/Eddy è personaggio e narratore al tempo stesso.
La traduzione di Carlotta Clerici e Giuseppe Manfridi mantiene l’aggressività del testo di Steven Berkoff, ma questa non è mai rivolta al pubblico, che resta spettatore innocente e voyeurista costretto. L’umorismo beffardo e punk di Berkoff – in accordo con la regia ossigenata di Elio De Capitani – mescola pub e atmosfere thatcheriane, senza dimenticare l’inevitabile richiamo al mito ma anche a Gaber, che rivive nelle movenze di Bonadei, e pure la musicalità e le canzoni sembrano un figlio segreto tra Gaber e Brecht.
In una frizzante e colorita dinamica drammaturgica il testo passa dal flusso di coscienza libero alla metrica in rima, dalla poesia più elevata alle parolacce. Quando ci si perde in questa cascata di parole ininterrotte e spesso deliranti basta guardare il corpo degli attori per capire cosa accade in scena, soprattutto quello di Bonadei, un corpo vivo e in azione che non conosce i confini tra quello che succede dentro di lui e ciò che accade fuori.
Quello che rimane dei conflitti politici è un’idea confusa, come quella di Eddy e la sua famiglia, ne parlano in continuazione e si lamentano, ma generalizzano, non indagano a fondo il sistema non lo capiscono, e in fondo è giusto che sia così: la Storia è frammentaria, liquida, mai così punk. Non è importante cosa sta succedendo a Londra, o in Scozia, perché ci si picchia con del sedano. Quello che conta in Alla Greca è la scalata sociale, cercare il successo, la ricchezza – e fanculo alla regina.
La musica è centrale: sono infatti i musici Mario Arcari, Tommaso Frigerio e Giosuè Pugnale i primi personaggi a palesarsi sul palcoscenico. E così un trio jazz sostituisce il coro di questa non-tragedia. I musicisti durante il testo creano una vera e propria scenografia sonora portandoci in pub lerci, locali di lusso, bordelli e balere, si infilano nel testo e lo commentano e lo prendono in giro come se fossero gli Dei che ridono del pasticcio di destino che hanno creato per questa famiglia.
Cristina Crippa ci porta in dono la Sfinge riletta con il consueto piglio, Elio De Capitani diverte non solo alla regia ma anche con l’interpretazione dei padri di Eddy, quello biologico e quello adottivo.
Sara Borsarelli interpreta la moglie-madre di Eddy e l’attrice con intensa delicatezza. Incassa e contrattacca fino all’ultimo il peso delle tragedie del personaggio, dalla perdita del figlio e del marito, alla rivelazione di averli ritrovati entrambi nella stessa persona, per un’interpretazione passionale e a tratti commovente.
L’erotismo esasperato e congiunto di Bonadei e Borsarelli cresce di tensione e parossismo lungo tutto lo spettacolo, culminando nella liberatoria, provocatrice dichiarazione sul finale: meglio scoparsi la mamma che fare la guerra.
FOTO © LAILA POZZO