Fra tre giorni gli americani conosceranno la propria sorte. Le differenze fra i due candidati sono talmente grandi che per molti, in primis le donne, sconfiggere Trump è una questione cruciale. E il tempo dell’attesa del verdetto delle urne mescola ansia e timore
Oggi è il due novembre: tra tre giorni sapremo chi sarà il o la presidente degli Stati Uniti. Per le strade di Cambridge e non solo, l’aria è pesante. Ho sentito qualcuno dire che ci si sente come se gli americani stessero aspettando il risultato di una biopsia che arriverà martedì. In fondo è così: se dovesse vincere Trump, questo Paese avrà a che fare con un vero e proprio cancro sociale, economico, umano, patriottico.
Qualche giorno fa, in Texas una donna di 28 anni mamma di una bimba ha perso la vita per colpa delle severissime regole contro l’aborto. Dopo aver capito di avere un aborto naturale alla diciassettesima settimana, si è recata al pronto soccorso, ma non è stata aiutata perché si poteva sentire ancora il battito del cuore del feto. Se i medici l’avessero assistita, sarebbero stati arrestati. Se la donna avesse vissuto nello stato di New York, del Massachusetts, in Illinois e in altri Stati che non hanno regole così disumane, sarebbe ancora viva. Nel 2024, in alcuni stati dell’America, le donne possono ancora morire per colpa delle leggi antiaborto appoggiate da Trump: piuttosto di un aborto, si muore.
Ma il cancro dell’ottusità non comprometterebbe soltanto la vita di giovani donne. Il mirino è puntato sugli immigrati, che sono tutti criminali, che violentano, che ammazzano, che portano droga e violenza e che vanno internati e mandati via. In programma ci sono costruzioni di centri che quelli in Albania in confronto sono degli alberghi a cinque stelle. L’odio e la rabbia che i discorsi di Trump hanno fomentato nelle persone che lo ascoltano sono ormai talmente negativi che ci si aspetta marginalizzazione coatta, odio e atti violenti contro qualsiasi persona con un accento diverso da quello americano. I portoricani, che a (quasi) tutti gli effetti fanno parte degli Stati Uniti, sono stati chiamati spazzatura. Gli haitiani ci mangiano gli animali domestici. “Gli immigrati sono le persone che entrano a casa tua e ti tagliano la gola. Che distruggono i vostri paesi, le vostre città e gli Stati Uniti” ha dichiarato il signor Trump durante un suo discorso qualche settimana fa.
Il cancro della vendetta: Trump ha già detto che quando vince, spera di sbattere in carcere i politici e i giornalisti che hanno osato criticarlo, mentre grazierà le persone attualmente in custodia cautelare per aver partecipato al colpo di Stato del 6 gennaio 2021.
Per non parlare del cancro fiscale: le tasse verranno abbassate ai ricchi come lui e aumentate al resto degli americani, il che significa che i tanti servizi pubblici per le scuole, per le persone anziane, povere o disabili non avranno abbastanza soldi per essere efficaci. E di quello culturale: in alcuni Stati repubblicani, verranno bannati sempre più libri, sempre più parole che si possono o no utilizzare davanti agli studenti: gay, per esempio, termine già bannato in alcune scuole pubbliche. Si parla già di cambiare i curricula scolastici: non si studierà più lo schiavismo perché poi i bambini bianchi ci rimangono male; la scienza verrà insegnata assieme ai dogmi religiosi; la politica estera sarà un disastro in un periodo, questo, in cui siamo a un passo dalla guerra mondiale.
Credetemi: non sto esagerando. Sono queste e altre le cose che Trump insiste a dire ad ogni suo comizio, in aggiunta a falsità evidenti, insulti e bugie.
Personalmente, Kamala Harris non è la candidata che avrei scelto: malgrado la politica di Biden sia stata anche molto più a sinistra di quanto ci si aspettasse, a Kamala manca una presenza imponente sulla scena pubblica, spesso non risulta essere sincera e sembra che dica quello che i democratici vogliono sentirsi dire senza aggiungere nulla di nuovo. Tra lei e Bernie Sanders (indipendente e non democratico), per esempio, c’è un abisso. Sanders è capace di essere accattivante per chi lo ascolta, coinvolge la sua retorica brillante, la sua presenza pubblica è imponente. Tra lei e Obama ci sono quarantacinque abissi, anche se è vero che persone come Obama ne arrivano ogni cent’anni. Ma parte del programma politico di Harris è di superare questa profonda divisione tra MAGA – Make America Great Again, lo slogan di Trump – e i democratici e cercare di collaborare anche con persone che la pensano diversamente da lei. Parte del programma politico è annullare il divieto all’aborto, aiutare il più possibile gli immigrati, offrire case a chi non ne ha, aumentare le tasse ai ricchi, creare regole più strette per chi vuole comprarsi armi da guerra, occuparsi sempre di più dell’ambiente, trattare diplomaticamente con i capi di Stato di altri paesi. Insomma, un programma, come dire, normale.
Fra tre giorni gli americani conosceranno la propria sorte. Le differenze fra i due candidati sono talmente grandi che per molti, comprese noi donne, davvero diventerà una questione di vita o di morte.
Per questo per le strade si percepisce la tensione, il terrore, il sapore di una sconfitta per la democrazia.
In apertura: foto di Brandon Mowinkel/unsplash